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CNR - ITBM
Terminologia dell'ambiente

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  • SINA - MODULO CENTRALE: MODELLO DELL'ORGANIZZAZIONE
    • PARTE II - SETTORI DI INTERVENTO
      • 3. Verifica del piano, che comprende lo sviluppo, la messa a punto e la verifica degli strumenti per il controllo dell'attuazione del piano e dell'efficacia degli interventi, in modo da poter non solo valutare il loro impatto ambientale, ma eventualmente anche correggerli e/o integrarli.
        • 3.2 Analisi della normativa di settore
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3.2 Analisi della normativa di settore
Di seguito sono riportate alcune tabelle di sintesi relative alle principali leggi e decreti esaminati in dettaglio per la stesura del capitolo riguardante l'organizzazione del Servizio A.R.S. nel settore acque.
In queste tabelle sono evidenziate tutte le funzioni ricavate dall'esame dei vari compiti istituzionali e, per ognuna di queste, sono riportati gli elementi ritenuti utili per lo studio dell'iter organizzativo necessario all'espletamento della funzione stessa.
Gli elementi suddetti sono:
- la competenza: viene riportato, per ogni funzione, l'ufficio o l'ente preposto al suo espletamento o che comunque risulta istituzionalmente responsabile della funzione stessa;
- il concerto: nel caso in cui la normativa preveda un "concerto", ovvero l'accordo di due o più parti per l'espletamento di una funzione, viene evidenziato l'organismo corresponsabile della funzione;
- la collaborazione: nel caso in cui, per l'espletamento della funzione, l'organismo competente si può avvalere della collaborazione di qualche altro ufficio o ente, quest'ultimo è riportato nella colonna in questione. Se nello studio del settore specifico è emerso che quella funzione può essere espletata anche attraverso una possibile collaborazione tra servizi ed enti, prevista dal SINA, è stata riportata in grassetto questa eventualità , anche se si deve precisare che è una ipotesi di collaborazione non tratta dalla normativa specifica in esame;
- input/vincoli: sono qui riportati, ove noti, sia gli input, sia i vincoli ritenuti necessari all'espletamento della funzione, intesi come decreti o leggi collegate, prodotti e dati da utilizzare o vincolanti la funzione, ecc.
- prodotto: risultato ottenuto dall'espletamento della funzione (ove i dati di input/output di una funzione sono input/output di un'altra è stato evidenziato da una freccia);
- destinatario: è qui riportato, ove noto, il destinatario del prodotto ottenuto nell'esercizio della funzione.
Si vuole puntualizzare che queste tabelle frutto dello studio comparato di normativa di settore possono essere ulteriormente integrate e nel caso modificate, da successive interviste con esperti del settore che definiscano i reali flussi esistenti per l'espletamento di quelli che sono i principali compiti istituzionali studiati.
L. 319/76 e D. L. 133/92
Il DPR 309/92 contenente il regolamento per l'organizzazione del Servizio A.R.S. prevede che tra le competenze del Servizio in materia di tutela delle acque dall'inquinamento vi siano quelle già attribuite al Comitato Interministeriale previsto dall'art. 3 della L. 319/76 e quelle attribuite dalla stessa legge al Ministero per i lavori pubblici e trasferite al Ministero dell'ambiente dalla legge istitutiva (L. 349/86).
Unitamente a queste sono citate le competenze del Ministero dell'ambiente contenute nel DPR 217 del 24 maggio 1988 di attuazione della direttiva CEE 86/280 concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di sostanze pericolose.
Questo decreto è stato poi abrograto e sostituito dal DL 133 del 27 gennaio 1992 che attua le direttive CEE 76/464, 82/176, 83/513, 84/156, 84/491, 88/347, 90/415 in materia di scarichi industriali di sostanze pericolose nelle acque.
La L. 319/76, nota come Legge Merli, definisce competenze statali, regionali, provinciali e comunali in materia di tutela delle acque dall'inquinamento ponendo in particolare rilievo la disciplina degli scarichi pubblici in acque sia superficiali che sotterranee.
In allegato alla legge sono riportate tre tabelle contenenti l'elenco dei parametri con le relative concentrazioni da analizzare.
Il Decreto Legislativo 133/92 definisce le competenze del Ministero dell'ambiente e quelle regionali e provinciali in materia di scarichi industriali e contiene in allegato l'elenco delle sostanze pericolose e per ogni tipo di scarico i valori limite, i termini per l'osservanza di questi e le procedure di sorveglianza e di controllo.
La tabella che segue riporta la sintesi delle funzioni relative ai compiti istituzionali, ricavati dallo studio delle due norme suddette, in materia di tutela delle acque dall'inquinamento e di regolamentazione degli scarichi.
Tab. II.3.1
Tab. II.3.1
Tab. II.3.1
Tab. II.3.1
Tab. II.3.1
Tab. II.3.1
DPR 236/88
Dall'esame del DPR 309/92 che definisce il regolamento per l'organizzazione del Servizio A.R.S., è emerso che tra le competenze attribuitegli vi sono anche quelle relative al Ministero dell'ambiente previste dal DPR 236 del 24/5/88 a norma dell'art. 8 comma 2, dell'art. 18 comma 5 e dell'art. 19 commi 2, 5 e 7.
È stata pertanto preparata una tabella sintetica relativa al DPR 236 tramite il quale sono stabiliti i requisiti di qualità delle acque destinate al consumo umano per la tutela della salute pubblica e per il miglioramento delle condizioni di vita e sono introdotte misure volte alla salvaguardia delle risorse idriche ( decreto di attuazione della direttiva CEE 80/778 concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano).
Questo decreto definisce competenze statali e regionali in materia e contiene allegati tecnici con l'elenco dei parametri da analizzare per la qualità delle acque destinate al consumo umano e con l'individuazione, per ogni parametro, delle concentrazioni massime ammissibili e dei valori guida.
Tab. II.3.2
Tab. II.3.2
Tab. II.3.2
DPR 470/82 e DPR 515/82
Dall'esame del DPR 309/92 che regolamenta l'organizzazione del servizio A.R.S. emerge che fanno parte dei compiti istituzionali del servizio stesso le competenze attribuite al Ministero dell'ambiente relativamente alla concertazione dei provvedimenti di attuazione del DPR 470/82 sulla qualità delle acque di balneazione e del DPR 515/82 sulla qualità delle acque superficiali destinate alla potabilizzazione.
Il DPR 470 dell'8 giugno 1982 ha per oggetti i requisiti chimici, fisici e microbiologici delle acque di balneazione ed è stato emanato in attuazione della direttiva CEE 76/160.
Sono definite pertanto le competenze statali, regionali e comunali in materia e sono allegati i requisiti di qualità oggetto del decreto (parametri, valori limite, frequenza dei campionamenti, metodi di analisi e ispezioni) e le norme tecniche per l'effettuazione di analisi di qualità.
Il DPR 515 del 3 luglio 1982 attuativo della direttiva CEE 75/440 concernente la qualità delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile ha per oggetto le competenze statali e regionali in materia e la classificazione in categorie delle acque superficiali destinate ad essere utilizzate per l'approvvigionamento idropotabile dopo trattamenti specifici (diversi per ogni categoria).
A questo decreto è inoltre allegata una tavola contenente i valori limite (valori guida o imposti) dei vari parametri da analizzare, valori suddivisi per le categorie sopra citate.
A seguito dell'esame dei due decreti, svolto per la stesura del capitolo relativo alle competenze A.R.S. in materia di tutela delle acque, sono state preparate le due tabelle sintetiche di seguito riportate.
Tab. II.3.3
Tab. II.3.3
Tab. II.3.4
Tab. II.3.4


3.2.1 Situazione delle direttive comunitarie sul tema acqua
A livello Europeo si è passati da una sottovalutazione del "problema acqua", perché considerata risorsa illimitata, alla maturazione della convinzione che l'acqua è una risorsa scarsa e che deve essere salvaguardata.
La prima direttiva, che risale al 75 (Dir. 75/440 del 16-6-75), si occupa delle acque di superficie per uso potabile (a quel tempo era ancora dato per scontato che le acque di falda fossero pure) seguita poi da una relativa alle acque di balneazione (Dir. 76/160 del 8-12-75).
Nel 76, (Dir. 76/464 del 4-5-76) ci si comincia ad occupare dei pericoli dell'inquinamento con una direttiva sulle sostanze pericolose (individuazione dei possibili inquinanti).
Solo in un secondo momento ci si pone il problema dei metodi di misura e di campionamento per il controllo delle acque (si è cominciato dalle acque superficiali).
La prima direttiva per la protezione delle acque sotterranee è del 79 (Dir. 80/68 del 17-12-79).
Nell'80 viene varata una direttiva "quadro" per le acque destinate al consumo umano, relativa alla qualità dell'acqua per uso civile e di quella per uso industriale utilizzata nella preparazione degli alimenti (Dir. 80/778 del 15-7-80).
Compaiono altresì le direttive che cominciano a porre i limiti sugli scarichi pericolosi e quelle a carattere più settoriale: per es. quella dell'86 sulla dispersione in acqua degli idrocarburi (Dir. 86/280 del 12-6-86).
Si arriva poi alle direttive sulle acque reflue e sui nitrati (Dir. 91/271 del 21-5-91).
La legislazione comunitaria dovrà in futuro essere adeguata, puntando su un'azione di prevenzione, di conservazione, di non inquinamento.
Dalla fase di "cura" del problema alla fine del processo si deve cominciare, cioè, a porre l'attenzione alla "causa" del problema combattendo l'inquinamento alla fonte, e controllando poi tutto il ciclo seguente.



3.2.2 Situazione della normativa nazionale sul tema acqua
Rispetto alle direttive CEE, la legge emanata in Europa, più avanzata e più organica è senz'altro la legge 319/76 anche se troppo spesso non applicata o applicata male.
Questa legge rappresenta un primo tentativo di fornire, in Italia, un quadro organico sul complesso sistema di competenze istituzionali in materia di interventi necessari alla protezione delle acque come un bene da tutelare sia per la sua propria valenza ambientale sia per le sue varie utilizzazioni.
Vengono infatti affrontati temi relativi alla protezione diretta e generalizzata delle acque ai fini di soddisfare due obiettivi primari:
- regolamentazione degli scarichi pubblici e privati, diretti e indiretti, provenienti da insediamenti civili e produttivi e da pubbliche fognature sul suolo e nel sottosuolo.
- programmazione territoriale da effettuarsi attraverso i piani di risanamento.
A seguito della legge 319/76 sono stati emanati molti altri decreti e leggi relativi alla tutela e salvaguardia delle acque dagli inquinamenti, norme tecniche e disposizioni urgenti, ma non si è ancora giunti, come è accaduto invece per altri settori ambientali , ad approvare una "legge quadro" per la protezione ed il risparmio, che costituisca una guida organica per la gestione sul territorio della risorsa acqua e che tramite una suddivisione territoriale e non amministrativa dei servizi permetta un collegamento diretto con i piani di bacino previsti dalla 183/89.
È infatti un problema non risolto dalla 183/89 il fatto che il piano non collega i bacini con i servizi idrici dislocati sullo stesso territorio; questi sono per il momento legati alle aree amministrative di competenza e costituiscono una realtà estremamente polverizzata (ci sono per es. circa 14.000 acquedotti per 7.000 comuni)
Nella passata legislatura è stato preparato un disegno di legge (noto come "legge Galli"), per la cui stesura definitiva è ancora aperta la discussione, riguardante i servizi idrici intesi come gestione delle risorse idriche a monte e a valle (fognature, acquedotti e depuratori) che definisce una regolamentazione a livello nazionale della parte strutturale relativa alla gestione delle acque.
Questo disegno di legge definisce chi programma, chi governa e chi gestisce la risorsa idrica.
La programmazione della risorsa è infatti affidata all'Autorità di bacino; in tal modo viene stabilito un collegamento diretto con la legge di difesa del suolo.
La 183/89 infatti, stabilisce che l'Autorità di bacino adotti il piano di bacino ed abbia come compito principale quello di programmare, offrire cioè gli elementi tecnico-scientifici per pianificare.
Analogamente il ruolo dell'Autorità definito dal disegno di legge è quello di organizzare tutte le conoscenze nella predisposizione dei piani di risanamento delle acque costruendo tutti gli elementi utili per le decisioni che la regione o lo stato prenderanno.
L'approvazione dei piani avviene poi a livello nazionale dal governo e a livello locale dalle regioni.
Il governo della risorsa acqua è invece affidato nel suddetto disegno di legge alla regione ed ai consorzi di comuni e province.
Dalla regione vengono determinati, sulla base delle indicazioni fornite dall'Autorità di bacino, gli ambiti ottimali e viene definito come in tali ambiti debba essere realizzato e gestito il ciclo dell'acqua in maniera unitaria ed integrata.
Ai consorzi obbligatori, definiti nella 142/90, è affidato il compito di decidere il tipo di impresa (pubblica, privata o in concessione) che deve gestire la risorsa.
È infatti stabilito che chi gestisce la risorsa idrica siano le imprese.
Il disegno di legge prevede inoltre una revisione del sistema tariffario (la gestione d'impresa implica necessariamente l'introduzione di una tariffazione).
Viene delineata una impostazione in base alla quale la gestione del ciclo dell'acqua esce dalla finanza pubblica e non ritorna più nei bilanci pubblici (se non per autonoma scelta.)
I costi sono determinati in maniera tale da non ricadere sulla finanza pubblica tenendo presente il concetto del corrispettivo (esteso ai canoni per le derivazioni delle grandi utenze industriali ed idroelettriche) il quale afferma che il canone è un introito (oggi stimato intorno ai 200 miliardi l'anno) che viene messo in un fondo speciale che va a rimpinguare il fondo per il piano triennale di salvaguardia ambientale in modo da realizzare il concetto in base al quale tutto ciò che deriva dall'uso della risorsa torna alla tutela della stessa.
La tariffa potrà essere differenziata anche nello stesso bacino a patto che il sistema di tariffazione sia unitario.
I criteri di applicazione della tariffa (come e a chi applicarla) verranno stabiliti dal governo.
Seguono due tabelle riassuntive della normativa principale considerata nazionale e regionale.
Tab.II.3.5
Tab.II.3.5
Tab.II.3.5
Tab.II.3.5
Tab.II.3.6
Tab.II.3.6




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