5.4 Argomenti di interesse per il settore
5.4.1 Piani regionali di smaltimento dei rifiuti ( DPR 915/82 art. 6 , Legge 441/87 art. 1 ter, DM 28/12/87 n.559, Legge 441/87 art. 6, DM 26/4/89) Secondo il DPR 915/82, alle Regioni competono l'elaborazione, la predisposizione e l'aggiornamento dei Piani di organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti, mentre il Ministero ha il compito di coordinare tali piani attraverso conferenze interregionali. Vengono di seguito riportati i criteri generali per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (DM 28/12/87 n.559) ed alcune considerazioni sullo smaltimento dei rifiuti di origine industriale. La problematica dei piani regionali di smaltimento non riguarda solamente i rifiuti, ma coinvolge anche altri aspetti ambientali quali il suolo e la valutazione di impatto ambientale. Per gli aspetti relativi ai requisiti di ubicazione ed alle caratteristiche geomorfologiche e geotecniche degli impianti di smaltimento, si rimanda al paragrafo relativo ai piani di smaltimento nel capitolo sul SUOLO.
Smaltimento RSU Il DM del 28/12/87 n.559 stabilisce i criteri generali cui debbono attenersi le regioni per l'attuazione dei piani regionali di smaltimento dei rifiuti solidi urbani di cui al comma 1 art. 1 ter della legge 441/87, criteri che riguardano le modalità di acquisizione dei dati, l'elaborazione e predisposizione del piano, gli elaborati finali che costituiscono il piano e l'analisi della compatibilità ambientale degli impianti. Segue un breve elenco dei criteri stabiliti dal decreto 559. 1 - Acquisizione dei dati L'elaborazione del piano per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani deve essere preceduta da un'indagine conoscitiva e di raccolta di dati essenziali, riguardanti sia la quantità dei rifiuti prodotti, che verrà accertata per acquisizione di tutti i dati disponibili (o per estrapolazione di un congruo numero di dati rappresentativi) esistenti presso le amministrazioni comunali, i consorzi, le municipalizzate ecc., sia la qualità, da definire con metodo analogico sulla base di analisi esistenti effettuate in ambito regionale e delle analisi effettuate dal CNR nell'ambito del progetto finalizzato "Energetica". - Quantità e qualità dei rifiuti prodotti. Il piano si baserà sui seguenti dati da raccogliersi su scala comunale: - quantità e qualità dei rifiuti prodotti , con disaggregazione dei dati relativi a rifiuti speciali assimilabili agli urbani, rifiuti urbani pericolosi e fanghi di depurazione da insediamenti civili; - entità della popolazione residente e fluttuante; - composizione, ove possibile, dei rifiuti solidi urbani espressa in percentuale sul peso. - Sistemi di smaltimento esistenti. Ai fini dell'elaborazione del piano è opportuno acquisire le seguenti informazioni: - sistemi utilizzati per le attività di conferimento e raccolta dei rifiuti solidi urbani; - quantitativi dei rifiuti raccolti; - dati sull'impianto di smaltimento, quali la localizzazione dell'impianto, il bacino servito dall'impianto, attrezzature e infrastrutture, ecc. - Raccolta differenziata. Sono da definirsi tipologie e quantitativi dei materiali recuperati attraverso il conferimento differenziato, le tecniche di conferimento e raccolta, le modalità di attuazione e gestione del sistema e le condizioni attuali del mercato dei prodotti di recupero, anche in rapporto alle possibilità di ampliamento. 2 - Elaborazione e predisposizione del piano L'elaborazione e predisposizione del piano regionale di smaltimento dei rifiuti solidi urbani deve prevedere l'individuazione dei bacini di utenza e di smaltimento, la definizione dei sistemi di conferimento, raccolta e caratteristiche degli impianti, le caratteristiche territoriali delle zone individuate per la localizzazione degli impianti, la valutazione degli oneri finanziari connessi e le priorità degli interventi. - Individuazione dei bacini di utenza per la raccolta, il trasporto e lo smaltimento. I piani individuano bacini di utenza e di smaltimento di natura omogenea tali da ottimizzare i costi di conferimento e smaltimento. Per ogni bacino di utenza forniscono indicazioni relative a: - i comuni che ne fanno parte; - i quantitativi di rifiuti da trattare e le relative tipologie di soluzioni ipotizzate per lo smaltimento; - gli impianti e le relative localizzazioni, con indicazione dei costi previsti e della loro compatibilità ambientale. - Definizione dei sistemi di conferimento, raccolta e delle caratteristiche degli impianti di smaltimento. A tal fine i piani devono prevedere: - sistemi per il recupero di materiali e/o energia dalle attività di smaltimento; - la raccolta differenziata di particolari materiali (quali ad esempio le plastiche cloroderivate) in rapporto alla qualità dei rifiuti, alla dimensione dei bacini di produzione, al mercato e ai benefici sulle attività per lo smaltimento dei rifiuti; in ogni caso viene prevista la raccolta differenziata di rifiuti urbani pericolosi; - le dimensioni degli impianti di smaltimento; - le tipologie degli impianti ; vengono in particolare favorite le soluzioni che consentono il riutilizzo, il recupero e il riciclaggio dei materiali ed il recupero di energia; - la localizzazione degli impianti . - Caratteristiche territoriali delle zone individuate per la localizzazione degli impianti. È necessario che ogni zona prevista dal piano quale sede di impianto venga inquadrata territorialmente per l'estensione radiale di almeno 2 Kmq., in rapporto all'esistenza di: - aree sottoposte a vincoli idrogeologici, paesistici, ecc.; - parchi e riserve naturali esistenti od in programmazione; - aree degradate dalla presenza di discariche non autorizzate o dalla presenza di cave abbandonate; - perimetrazione dei centri abitati includendo le zone di sviluppo previste nei piani regolatori o programmi di fabbricazione adottati; - aree soggette ad esondazione e fasce litoranee; - aree geologicamente instabili e comunque tali da non consentire l'installazione di stoccaggi definitivi; - aree ad elevato rischio di crisi ambientale. - Valutazione dei fabbisogni finanziari connessi e priorità degli interventi. In relazione agli interventi previsti dal piano saranno definiti gli oneri connessi oltre che alla realizzazione delle attrezzature e infrastrutture asservite all'impianto, anche quelli relativi a: - impianti di trattamento; - impianti di stoccaggio definitivo; - impianti di smistamento di rifiuti (centri di stoccaggio dei materiali di recupero, stazioni di trasferimento). Verranno altresì valutati i costi di investimento, i costi di esercizio e i ricavi di recupero di materiali o di energia. 3 - Elaborati costituenti il piano Il piano consiste di una relazione generale, che include i dati e le elaborazioni dettagliate nel decreto, nonché di documentazione allegata che consiste di: - carta tematica regionale con rappresentazione delle caratteristiche territoriali delle zone individuate per la localizzazione degli impianti; - carta tematica con le seguenti informazioni: localizzazione degli impianti esistenti e del relativo bacino di utenza, rappresentazione delle densità abitative, rappresentazione della idrografia superficiale, rappresentazione della viabilità esistente; - eventuale carta regionale geo-litologica e dell'idrografia sotterranea; - grafico indicante il piano di smaltimento con la suddivisione in bacini riportando i diversi impianti e attrezzature previste; - grafici dei diversi bacini, con indicati gli impianti e le attrezzature previste, la rete viaria di supporto, le aree comunque vincolate presenti. Tutti i grafici e le carte di cui sopra, sono da redigersi preferibilmente in scala 1:100.000. 4 - Analisi della compatibilità ambientale degli impianti Le regioni, ai fini dell'istruttoria ed approvazione dei singoli progetti, dovranno, nell'ambito spaziale e territoriale interessato dai progetti, verificarne la rispondenza ai limiti, agli standard e alle specifiche tecniche previste dalla normativa ed individuare l'impatto complessivo del progetto sull'ambiente anche in ordine ai livelli di qualità finali, raffrontando la situazione precedente all'intervento con la previsione di quella successiva alla realizzazione del progetto. I progetti di nuovi impianti devono essere accompagnati da una relazione che contiene i seguenti elementi: - indicazione della localizzazione riferita alla potenziale incidenza spaziale e temporale dell'intervento, all'incidenza sulle risorse naturali, alla corrispondenza ai piani urbanistici, paesistici, territoriali e di settore, agli eventuali vincoli paesaggistici, archeologici, demaniali ed idrogeologici, supportata da adeguata cartografia; - descrizione delle caratteristiche fisiche delle opere principali e di quelle accessorie proposte; - descrizione delle principali caratteristiche di processo e dei materiali di trasformazione impiegati (tipo e quantità) ivi comprese acqua ed energia; - descrizione delle componenti dell'ambiente potenzialmente soggette a subire effetti del progetto con riferimento ad aria, acqua, suolo e sottosuolo, rumore, flora e fauna, paesaggio, benessere e salute umana e agli aspetti socio-economici, sia riferite alla fase di cantiere che di esercizio compresi gli effetti derivanti dal trasporto dei rifiuti agli impianti e delle eventuali relative necessità di adeguamento dei tracciati; - descrizione delle principali alternative per quanto riguarda l'ubicazione e la concezione dell'opera proposta che siano state prese in esame; - specificazione dei rifiuti liquidi rapportata alle prescrizioni della normativa vigente in materia; - specificazioni dei rifiuti e/o materiali di processo e delle relative modalità di smaltimento o utilizzazione rapportata alle prescrizioni della normativa vigente in materia; - specificazione delle emissioni liquide in atmosfera, rapportata alle prescrizioni della normativa vigente in materia; - specificazione delle emissioni sonore prodotte dall'intervento previa applicazione degli accorgimenti e delle tecniche disponibili; - descrizione dei dispositivi di prevenzione, eliminazione e recupero delle alterazioni all'ambiente con riferimento alle scelte progettuali, alle migliori tecniche disponibili ed agli aspetti tecnico-economici, compresi i sistemi di allarme e di intervento esterni ed interni all'impianto; - piani di prevenzione dei danni, compresi eventuali piani di emergenza, con riferimento alle fasi di costruzione e gestione; - descrizione degli effetti previsti sulle componenti dell'ambiente; - piani di monitoraggio ambientale secondo le specificazioni derivanti dalla normativa vigente o da particolari esigenze in relazione alle singole opere.
Smaltimento Rifiuti Industriali Uno degli argomenti principali su cui si è concentrata l'attenzione negli ultimi tempi è quello del trattamento e smaltimento dei rifiuti industriali, e in particolare di quelli tossico-nocivi. Il Catasto nazionale dei rifiuti industriali (Legge 475/88 art. 3 e successivo DM 26 Aprile 1989) è forse il principale strumento per l'elaborazione dei piani di smaltimento dei rifiuti speciali e tossico-nocivi, insieme alla Mappa completa delle discariche e degli impianti di smaltimento (Legge 441/87 art. 6) che riguarda sia i rifiuti solidi urbani che quelli speciali e tossico-nocivi: questi ultimi, infatti, necessitano di una serie di dati circa le caratteristiche di geografia fisica, antropica ed economica dell'area cui si riferisce il piano, con l'aggiunta di alcune informazioni quali: la quantità dei rifiuti prodotti annualmente, articolati per comparto industriale ed eventualmente per singolo processo produttivo; la composizione chimico-fisica dei rifiuti secondo parametri dati; la localizzazione degli impianti di stoccaggio, trattamento e smaltimento installati sul territorio nazionale. L'acquisizione e l'elaborazione di una base dati è supporto indispensabile per la procedura di pianificazione dei cicli di smaltimento: disporre di informazioni su quantità e qualità dei rifiuti annualmente prodotti, nonché sulla localizzazione dei principali centri di produzione degli scarti, permette di definire la capacità di smaltimento installata e le insufficienze del sistema di gestione delle attività esercenti servizi di eliminazione dei rifiuti. Infatti, l'esatta conoscenza della capacità di smaltimento di ciascun impianto e dell'ubicazione di quest'ultimo (così come nei piani regionali di smaltimento dei rifiuti solidi urbani), è condizione necessaria per una corretta pianificazione del fabbisogno di smaltimento dei rifiuti industriali di ciascuna regione. Con l'istituzione dell'Osservatorio dei rifiuti, inoltre, che dispone dei dati sia del Catasto che dei Registri di carico/scarico, ciascuna regione ha uno strumento per poter effettuare controlli incrociati sui dati dei rifiuti prodotti ed effettivamente smaltiti e per verificare la correttezza della gestione dei rifiuti dopo che questi sono trasportati al di fuori dei luoghi di produzione; l'estrema facilità di certe forme di smaltimento abusivo rende necessario che i rifiuti siano seguiti in ogni loro evoluzione, fino al recupero e allo smaltimento finale.
5.4.2 Piano nazionale di ricerca ( Legge 441/87 art. 14, DM 17/2/89) Del piano nazionale di ricerca in materia di smaltimento dei rifiuti solidi, degli scarichi liquidi, dei fanghi derivanti dalla depurazione degli effluenti e dei processi di incenerimento, se ne parla per la prima volta nell'articolo 14 della Legge 441/87, ma i criteri generali per l'attuazione del piano sono sanciti nel DM 17 Febbraio 1989. In tale decreto vengono indicati i soggetti che sono legittimati a presentare istanze di finanziamento per la predisposizione di tale piano ed i temi di ricerca ammessi, nonché le modalità del finanziamento. I soggetti che possono presentare istanza di finanziamento sono: istituti e dipartimenti universitari; istituti ed enti di ricerca pubblici e privati; imprese pubbliche e private, anche in forma associata o consortiva; enti pubblici economici che svolgono attività produttiva; società di ricerca costituite tra i soggetti di cui sopra. I temi di ricerca sono: smaltimento mediante interramento controllato; smaltimento mediante termodistruzione; smaltimento mediante selezione e recupero; smaltimento mediante impianti polifunzionali; temi specifici relativi allo smaltimento dei rifiuti urbani; temi specifici relativi allo smaltimento dei rifiuti prodotti da industrie, artigianato, strutture sanitarie; bonifica; trasporto e stoccaggio; utilizzo di rifiuti per fini agricoli e forestali; rischi ambientali e per la salute.
5.4.3 Piani regionali per la bonifica di aree inquinate (L. 441/87, art. 5, L. 475/88, art. 9 ter, DM 16 maggio 1989) Secondo l'art. 5 della L. 441/87 , le regioni predispongono dei piani per la bonifica di aree inquinate, che devono prevedere: - l'ordine di priorità degli interventi; - l'individuazione dei siti da bonificare e delle caratteristiche generali degli inquinamenti presenti; - i soggetti a cui compete l'intervento e gli enti che ad essi devono sostituirsi in caso di inadempienza; - le modalità per l'intervento di bonifica e risanamento ambientale; - la stima degli oneri finanziari; - le modalità di smaltimento dei materiali da asportare; - le eventuali misure cautelari a carattere di urgenza per la tutela dell'ambiente. L'esecuzione dei piani di bonifica è realizzata d'intesa fra regione interessata e Ministero dell'ambiente (L. 475/88, art. 9 ter ). Il piano regionale di bonifica si fonda innanzitutto sulla individuazione, censimento, mappatura ed archiviazione informatizzata dei dati relativi alle aree potenzialmente contaminate da sversamento diretto, da deposito non autorizzato o da ricadute di sostanze pericolose, solide, liquide o aeriformi. A scopo esemplificativo, devono considerarsi oggetto di rilevazione: - aree interessate da attività minerarie (in corso o dismesse); - aree interessate da attività industriali dismesse; - aree interessate da rilasci incidentali o dolosi di sostanze pericolose; - aree interessate da discariche non autorizzate; - aree interessate da operazioni di adduzione e stoccaggio di idrocarburi, così come da gassificazione di combustibili solidi; - aree, anche a destinazione agricola, interessate da spandimento non autorizzato di fanghi e residui speciali o tossici e nocivi. Una volta restituita cartograficamente l'ubicazione delle aree potenzialmente contaminate, l'attività di piano dovrà provvedere, tramite sistematizzazione e verifica delle risultanze analitiche ufficialmente disponibili presso le amministrazioni locali competenti, ad evidenziare le aree già definibili come obiettivamente contaminate in quanto caratterizzate dalla presenza di una o più sostanze tra quelle considerate tossiche o nocive in concentrazioni significative. Alla luce di tale prima identificazione di aree contaminate il piano dovrà proporre il programma tecnico-economico di intervento atto a prevenire i pericoli per la salute e per l'ambiente attraverso la bonifica dei siti per i quali esista obiettivo riscontro di contaminazione. Tale programma dovrà essere completo di manuale operativo di progettazione e conduzione delle azioni di bonifica, completo della indicazione di ogni misura atta a proteggere gli operatori di bonifica e le popolazioni prossime al sito dai rischi connessi all'attività di risanamento. Il piano dovrà infine proporre il programma di indagine analitica mirato a realizzare la individuazione obiettiva in base ad un preciso riscontro qualitativo e quantitativo, di ogni altra area contaminata tra tutte quelle indicate come potenzialmente tali. Le regioni provvederanno ad aggiornare su base annua tale elenco, trasmettendone copia al Ministero dell'ambiente, ai fini dell'aggiornamento del settore "Bonifica di aree contaminate" del SINA. Fase A ) censimento e mappatura di aree potenzialmente contaminate Questa fase deve prendere in considerazione le seguenti sorgenti di informazione: - delibere ed ordinanze regionali di chiusura e/o diniego di siti di discarica; - censimenti delle attività produttive, secondo serie storiche che consentano di individuare in prima approssimazione siti su cui siano state insediate attività potenzialmente contaminanti; - censimenti di discariche abusive operati da strutture dell'amministrazione pubblica e da associazioni ambientaliste. L'elaborato di piano della fase A dovrà comprendere: - archiviazione dei dati sulle aree potenzialmente contaminate completo di riferimenti localizzativi, di elementi caratterizzanti, di informazioni di natura idrogeologica e urbanistico-paesaggistica; - restituzione cartografica in scala 1 : 50.000 dei tematismi sopra elencati. Fase B ) definizione del primo elenco di aree contaminate da sottoporre a bonifica I dati vengono ricavati dal censimento e dalla sistematizzazione delle risultanze analitiche ufficialmente disponibili relative al grado di contaminazione delle aree individuate nella fase A. Le amministrazioni provinciali faranno pervenire agli uffici regionali copia delle risultanze analitiche reperite presso le unità sanitarie locali, presidi multizonali di igiene e prevenzione e uffici comunali, relativamente ad indagini in materia di aree contaminate. In base a tale riscontro verrà definito un primo elenco di aree contaminate nell'ambito di quelle potenzialmente contaminate della fase A. Fase C ) primo programma di interventi di bonifica a breve termine Le aree contaminate individuate nella fase B verranno classificate in ordine decrescente di priorità di intervento di bonifica in base a valutazioni relative al rischio sanitario ed ambientale ad esse connesso (permeabilità del suolo, rischio per gli approvvigionamenti idrici, aspetti tossicologici,...) Per ogni area contaminata dovrà essere valutata: - l'estensione areale della contaminazione e grado di inquinamento analiticamente accertato; - l'entità della popolazione potenzialmente esposta e già venuta a contatto con le sostanze presenti nel substrato contaminato; - ulteriori fattori di rischio, ivi compresa la possibilità di dispersione dei contaminanti anche in relazione ai regimi climatici. A seguito di tali valutazioni il programma dovrà indicare, area per area: - il piano di messa in sicurezza del sito; - il progetto tecnico-economico di massima dell'intervento di bonifica, completo di indicazioni relative allo stoccaggio ed al destino finale del substrato asportato; - il manuale operativo di bonifica completo delle misure di protezione degli operatori; - piano di monitoraggio. Fase D ) elaborazione del progetto di programma di bonifica a medio termine Il piano dovrà essere completo di progetto di programma di bonifica a medio termine, articolato in: - programma di analisi del grado di contaminazione delle aree potenzialmente contaminate di cui alla fase A; - conseguente completamento e aggiornamento dell'archivio dati delle aree definibili contaminate; - piano di bonifica a medio termine, secondo le modalità di cui alla fase C; - valutazione dei costi del piano di bonifica a medio termine. Il Ministero dell'ambiente riferisce annualmente al Parlamento sullo stato di avanzamento dei piani di bonifica.
5.4.4 Programma di emergenza (L 475/88, art. 5, comma 1, DM 22 settembre 1988, DPCM 3 agosto 1990) L'emergenza rifiuti ha imposto la necessità di definire misure in grado di risolvere in tempi brevi (almeno in parte) la mancanza di sbocchi per lo smaltimento. L'art. 5 della L. 475/88 predispone un primo censimento sulla produzione e smaltimento dei rifiuti : le aziende con più di 100 addetti sono tenute a comunicare ogni 5 anni al Ministero dell'Ambiente e alla regione in cui ha sede l'insediamento produttivo la quantità di rifiuti prodotte nell'ultimo anno di attività e le quantità massime che prevedono di conferire nei successivi 5 anni ad impianti privati di smaltimento, italiani od esteri, fornendo tutte le informazioni necessarie all'individuazione di detti impianti, al fine della predisposizione di un programma di emergenza per l'adeguamento del sistema di smaltimento dei rifiuti. La scheda per il rilevamento dei dati relativi alle industrie con più di 100 addetti è stata definita dall'Istituto Superiore di Sanità all'interno del progetto RIRI (progetto di definizione di strumenti informativi relativi alla produzione e smaltimento dei rifiuti industriali). Le regioni e le province autonome devono fornire al Ministero dell'ambiente indicazioni sulla qualità e quantità dei rifiuti prodotti, distinti per tipologia, sulla capacità di smaltimento o di recupero degli impianti autorizzati o di cui è in corso l'istruttoria, sulla stima del fabbisogno residuo, le proposte di intervento necessarie per assicurare la integrale copertura del fabbisogno e gli impianti da realizzare, ricorrendo, ove necessario a intese interregionali. Il Ministero dell'ambiente, sentite le regioni, presenta al Consiglio dei ministri un programma volto ad individuare un sistema integrato di aree di stoccaggio e pretrattamento, di impianti di smaltimento e discariche necessari alla copertura del fabbisogno programmato e a fronteggiare le situazioni più urgenti che richiedono lo smaltimento in particolare di rifiuti tossici e nocivi. Infine, la regione adotta gli atti necessari per la localizzazione del programma d'emergenza e individua le aree del proprio territorio da destinare alle realizzazione del sistema integrato, secondo le norme indicate nel DPCM 3 agosto 1990. Al fine di fronteggiare la situazione di emergenza derivante dal fabbisogno si smaltimento di rifiuti industriali non soddisfatto, ciascuna regione e provincia autonoma, oltre alle azioni tese a ridurre la produzione dei rifiuti e ad aumentare le occasioni di recupero: - assume iniziative in grado di portare ad un aumento della attuale capacità di smaltimento; - individua i fabbisogni quantitativi complessivi di smaltimento da soddisfare per fronteggiare le situazioni più urgenti; - adotta gli atti necessari per la localizzazione degli stessi impianti; - determina le tipologie di impianti per i quali sussista l'opportunità di realizzare sistemi di smaltimento interregionali. Per la definizione del sistema integrato, ciascuna regione e provincia autonoma deve tenere conto di : - potenziale di smaltimento in esercizio, esistente e non attivo, autorizzato, richiesto, programmato; - grado di saturazione degli impianti in esercizio; - potenzialità di ampliamento degli impianti esistenti, autorizzati, richiesti, programmati; - potenziale di smaltimento esistente e programmato offerto da impianti per rifiuti solidi urbani e per fanghi di depurazione; - possibilità di integrazione con il sistema industriale e di produzione d'energia. Il sistema integrato deve prevedere strutture per : - la caratterizzazione e la classificazione dei rifiuti; - il trattamento preliminare e lo stoccaggio provvisorio; - il trattamento chimico, fisico e biologico; - la termodistruzione; - l'inertizzazione; - lo stoccaggio definitivo. Per la localizzazione del programma di emergenza e per la individuazione delle aree del proprio territorio da destinare alla realizzazione del sistema integrato, le regioni e le province autonome devono: - tenere conto delle caratteristiche geomorfologiche e paesaggistiche del territorio e della presenza di centri abitati; - tenere conto degli impianti esistenti e programmati di recupero e smaltimento; - privilegiare soluzioni impiantistiche policentriche per limitare l'impatto ambientale e sociale degli interventi; - privilegiare soluzioni che consentano la massima utilizzazione degli impianti esistenti e il loro ampliamento e/o potenziamento, fino a garantire la dimensione ottimale compatibile con le esigenze di tutela ambientale; - razionalizzare i percorsi ed i tempi di percorrenza al fine di minimizzare i costi complessivi del trasporto dei rifiuti e i rischi connessi.
5.4.5 Catasto nazionale dei rifiuti industriali (DPR 915/82, L. 475/88, art. 3, comma 3, DM 26 aprile 1989) Si tratta della raccolta in un sistema unitario articolato su scala regionale di tutti i dati relativi ai soggetti produttori e smaltitori di rifiuti - speciali, cioè i residui delle attività produttive (industriali, agricole, artigianali e commerciali) comprendendo i rifiuti ospedalieri, i fanghi di depurazione urbani e industriali e le autovetture in demolizione; - speciali di origine industriale assimilabili agli urbani, cioè rifiuti non ingombranti provenienti da fabbricati o insediamenti civili in genere; - tossici e nocivi, cioè comprendenti tutti gli scarti che contengono sostanze riportate in un apposito elenco in concentrazioni prestabilite dalla normativa, ritenute tali da presentare un pericolo per la salute dell'uomo e dell'ambiente. Il Catasto è realizzato dalle Regioni, che possono delegare la gestione alle province. Il produttore e/o titolare dell'impianto di smaltimento deve compilare la scheda entro il 28 febbraio di ogni anno denunciando la quantità di rifiuti relativa all'anno precedente e trasmetterla alla Regione o alla provincia delegata, che si incaricherà dell'informatizzazione dei dati, la cui elaborazione è compito del Ministero dell'Ambiente. Il Catasto intende fornire un quadro sempre aggiornato di domanda e offerta di smaltimento per favorire la programmazione dell'attività di smaltimento, nonché il controllo dei conferimenti da parte dei produttori di rifiuti e la corretta attività degli smaltitori. Secondo le linee tracciate dalla normativa, il Catasto dovrebbe essere in grado di far fronte ai limiti che si sono evidenziati riguardo le rilevazioni campionarie, in particolare per tre ragioni : - censisce i dati su tutte le unità produttive, eliminando problemi relativi alla rappresentatività del campione e modalità di estrapolazione; - rileva i dati a partire da parametri qualitativi standard; - stabilisce l'obbligatorietà della dichiarazione da parte di produttori e smaltitori, sanzionando omissioni e falsità delle denunce. L'attività complessiva di realizzazione del Catasto consiste nella ottimizzazione del modello di indagine (scheda di rilevamento) e nella realizzazione di un supporto informatico (database) a livello periferico e centrale. In figura II.5.3 viene riportato lo schema a blocchi del Catasto Rifiuti, così come compare nel DM 26/4/89. Fig. II.5.3 Composizione della scheda produttore SEZIONE A : relativa a ogni insediamento dove vengono prodotti i rifiuti - dati relativi al produttore - dati relativi allo stoccaggio provvisorio SEZIONE B : da compilarsi per ciascun tipo di rifiuto prodotto - caratteristiche qualitative e quantitative del rifiuto prodotto - dati relativi al trasporto - dati relativi allo smaltimento finale: trattamento e/o stoccaggio definitivo in discarica Composizione della scheda smaltitore SEZIONE A :relativa a ogni impianto dove vengono smaltiti i rifiuti - dati relativi allo smaltitore SEZIONE B :da compilarsi per ciascun tipo di rifiuto smaltito - caratteristiche qualitative e quantitative del rifiuto smaltito - dati relativi allo stoccaggio provvisorio - dati relativi al trasporto - dati relativi al trattamento - dati relativi allo stoccaggio definitivo in discarica Caratterizzazione (codifica) dei rifiuti I punti di vista MERCEOLOGICO e CHIMICO sono considerati complementari, in quanto il primo fornisce una definizione macroscopica collegata al processo produttivo di provenienza, mentre il secondo dà un'indicazione delle sostanze che caratterizzano un rifiuto e soprattutto di quelle potenzialmente pericolose per l'uomo e per l'ambiente. La codifica si basa sul CATALOGO DEI RIFIUTI, nel quale a ciascuna voce descrittiva di un tipo di rifiuto si accompagna un codice. Scopo del catasto è pertanto essenzialmente quello di denominare in modo univoco ogni rifiuto speciale o tossico-nocivo ai fini di permettere la pianificazione, il recupero nel sistema produttivo o un corretto smaltimento, nonché fornire il controllo sulla sua destinazione. Finalità del catasto dei rifiuti speciali, tossici e nocivi Sono principalmente attività di: - prevenzione : volta a limitare la produzione dei rifiuti. Il catasto può fornire informazioni in ordine alla : - riduzione della produzione di rifiuti; - riutilizzazione dei rifiuti (materie prime secondarie); - trasformazione energetica dei rifiuti. - promozione : volta a creare le migliori condizioni legislative, tecniche ed economiche per la realizzazione di un mercato dei rifiuti. - pianificazione : fornisce informazioni su: - attività produttrici di rifiuti; - tipologia e quantità di rifuti prodotti; - fabbisogno di attività di smaltimento e individuazione delle aree più opportune per la dislocazione di tali attività; - la tipologia e la quantità dei rifiuti smaltiti. - controllo : fornisce informazioni per la verifica di: - qualità e quantità di rifiuti effettivamente prodotte; - produttori dei rifiuti; - soggetti che trasportano, depositano, trasformano, smaltiscono rifiuti; - soggetti che non adempiono agli obblighi di legge e non rispettano i piani di smaltimento dei rifiuti; - aree che presentano problemi di effettiva pericolosità in funzione del rischio rifiuti.
5.4.6 Registro di carico e scarico (DPR 915/82, art. 19, L 475/88) L'obbligo di tenere i Registri di carico e scarico risale, solo per i rifiuti tossico-nocivi, all'art. 19 del DPR n° 915/82, che recita "Presso ogni impianto che produca, o detenga provvisoriamente, effettui trattamenti o provveda allo stoccaggio definitivo, nonché presso la sede delle imprese di trasporto, deve essere tenuto un apposito Registro di carico e scarico". Tale obbligo viene differenziato a seconda che si tratti di produttore, trasportatore o smaltitore di tossici e nocivi: - per gli impianti di produzione: quantità prodotte, natura, composizione, caratteristiche chimico-fisiche e, per i rifiuti conferiti a terzi, tutti i dati contenuti nei formulari di identificazione per il trasporto; - per gli impianti di stoccaggio provvisorio: tutti i dati contenuti nei formulari di identificazione per il trasporto; - per gli impianti di stoccaggio definitivo: tutti i dati contenuti nei formulari di identificazione per il trasporto e le quantità stoccate; - per le imprese di trasporto: tutti i dati contenuti nei formulari di identificazione per il trasporto. Inoltre è previsto che i registri debbano essere di norma conservati per almeno 5 anni dalla data dell'ultima registrazione effettuata ed, in caso di cessazione dell'attività, i registri vengano consegnati all'autorità che ha rilasciato l'autorizzazione. Invece per quanto riguarda gli impianti di stoccaggio definitivo, il registro deve essere conservato a tempo indeterminato. La L. 475/88 amplia la categoria degli obbligati, estendendo la necessità di tenuta del Registro ai produttori di rifiuti speciali derivanti da lavorazioni industriali e artigianali; è escluso da tale obbligo chi produce rifiuti consistenti in materiali provenienti da demolizioni, costruzioni e scarichi o macchinari e apparecchiature deteriorati e obsoleti. Non rientrano nella norma le attività agricole (esentate dalla L. 144/89, art. 8, punto 6 - ter ), né vi rientrano le attività che non hanno lavorazioni industriali e/o artigianali in quanto si limitano a svolgere l'attività strettamente legata al settore di appartenenza (commercio e/o altro). Per quanto riguarda la frequenza delle compilazioni, la normativa statale in materia non assegna un termine perentorio alla frequenza con la quale devono essere eseguite le registrazioni limitandosi a prescrivere sanzioni penali per la mancata tenuta del registro. Nel caso in cui la legislazione regionale fissi dei termini, come succede in Lombardia, va rispettata tale prescrizione (settimanale per i semplici produttori). Concludendo, rientrano nell'obbligo di tenuta del registro: - tutti i produttori, stoccatori, smaltitori e trasportatori di rifiuti tossici e nocivi; - tutti i produttori di rifiuti speciali (ivi compresi coloro i cui speciali non siano stati dichiarati assimilabili agli urbani) derivanti da lavorazioni artigianali ed industriali.
5.4.7 Osservatorio regionale sui rifiuti (L. 475/88, art. 3, comma 6) Le Regioni istituiscono OSSERVATORI sulla produzione e sullo smaltimento dei rifiuti di origine industriale, nonché di quelli soggetti ad obbligo di comunicazione al Catasto, e sul recupero di materie prime secondarie. Gli osservatori regionali si avvalgono delle informazioni fornite dal Catasto nazionale dei rifiuti industriali e dalla gestione dei Registri di carico e scarico; assicurano inoltre la divulgazione dei dati sulla produzione, la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti e sul recupero e reimpiego delle materie prime secondarie, tramite sistemi informativi, pubblicazione di elenchi, prospetti, sintesi e relazioni. I motivi per i quali è estremamente utile l'elaborazione dei dati ottenuti dal Catasto incrociati con le informazioni ricavate dai registri di carico e scarico sono almeno tre: - i dati, in forma aggregata, sono indispensabili per produrre statistiche dettagliate riguardo la realtà della produzione e smaltimento dei rifiuti industriali; la conoscenza dei soggetti coinvolti nella gestione dei problemi, l'individuazione della qualità e rispettive quantità dei rifiuti industriali forniscono orientamenti specifici in materia di pianificazione regionale e agevolano la corretta predisposizione di strumenti idonei a rimuovere le cause delle carenze nella gestione del problema; - la raccolta organica delle informazioni sia del Catasto che dei Registro di carico e scarico fornisce un efficace mezzo per il controllo dei comportamenti dei produttori di rifiuti, nonché dei soggetti economici che si dividono il mercato dello smaltimento. Attraverso il confronto incrociato delle dichiarazioni degli insediamenti produttivi e delle società di smaltimento (SCHEDE PRODUTTORE e SMALTITORE del Catasto nazionale dei rifiuti industriali), si potrebbe pervenire alla individuazione delle illegalità nella gestione degli scarti di produzione; è ragionevole ritenere che secondo tale modalità di procedere possano essere colpiti gli smaltimenti abusivi e i soggetti economici non autorizzati ai servizi di smaltimento perché privi dei mezzi e delle garanzie necessarie per garantire una corretta attività; - il Catasto permette la creazione di un archivio di dati relativo agli scarti riutilizzabili come materie prime secondarie; la diffusione dell'informazione sulla qualità del rifiuto è in grado di favorire la commercializzazione dei residui suscettibili di riutilizzo reimmettendo lo scarto di produzione nel processo produttivo e di evitare un possibile impatto negativo sull'ambiente.
5.4.8 Albo nazionale delle imprese esercenti servizi di smaltimento (L.441/87 art. 10, DM 324/91) Con la legge 31 agosto 1987, n° 441 è stato istituito l'Albo nazionale delle imprese esercenti servizi di smaltimento dei rifiuti, con sede presso il Ministero dell'ambiente; tale Albo è articolato in SEZIONI REGIONALI con sede presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura del capoluogo di regione e delle province autonome di Trento e Bolzano; le sezioni regionali provvedono alla raccolta delle domande di iscrizione delle imprese interessate all'esercizio di una o più attività previste dall'art. 1 del DPR 10 settembre 1982, n° 915, e alla trasmissione delle stesse all'albo nazionale. Le modalità organizzative e di funzionamento dell'albo stesso sono state definite con il Decreto del Ministero dell'ambiente del 21 giugno 1991, n° 324. La legge n° 441, art. 9 comma 2, impone che l'iscrizione all'albo sia condizione necessaria per il rilascio da parte della regione competente delle autorizzazioni allo smaltimento dei rifiuti urbani, speciali e tossico/nocivi prodotti da terzi, alla gestione di discariche e impianti di innocuizzazione ed eliminazione dei rifiuti speciali (ex DPR 10 settembre 1982 n° 915, art. 6, lettera d); per le imprese esercenti l'attività di trasporto dei rifiuti, l'iscrizione all'albo sostituisce l'autorizzazione precedentemente citata. Con l'entrata in vigore del DM 21 giugno 1991 n°324 si dispone che le imprese che esercitano attività di smaltimento di rifiuti speciali non tossici e nocivi da esse stesse prodotti siano tenute all'iscrizione all'albo solo nel caso in cui intendano gestire discariche, impianti di innocuizzazione o eliminazione dei rifiuti; inoltre, il decreto non si applica ai comuni, ai consorzi e comunità montane, che esercitano direttamente le attività di smaltimento dei rifiuti loro attribuite (art. 8 DPR 915/1982), alle aziende speciali che esercitano le medesime attività (art. 8 DPR 915/1982) e ai consorzi obbligatori per il riciclaggio dei contenitori o imballaggi per liquidi in vetro, metallo e plastica, delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi (L.475/1988 artt. 9 - quater e 9 - quinquies) e degli oli usati (DPR 691/1982). Il DM 21 giugno 1991 n° 324 istituisce inoltre due elenchi speciali: - il primo è relativo alle imprese che esercitano esclusivamente attività di stoccaggio provvisorio, all'interno dell'insediamento produttivo, di rifiuti tossici e nocivi da essa stessa prodotti, sulla base dell'invio alle sedi regionali e provinciali dell'albo di copia della SCHEDA PRODUTTORE del Catasto nazionale dei rifiuti speciali, tossici e nocivi; - il secondo è relativo alle imprese che esercitano attività connesse con l'utilizzazione di materie prime secondarie (nel caso in cui l'iscrizione sia prevista dalla normativa speciale vigente in materia come necessaria al fine dell'esercizio dell'attività stessa). L'iscrizione all'Albo e l'eventuale autorizzazione sono prescritte per le attività schematizzate nella tabella II.5.3. Tab. II.5.3
5.4.9 Recupero materie prime secondarie (L. 475/88, art. 2, DM 26 gennaio 1990, DM 29 maggio 1991) Secondo la definizione della L. 475/88, art. 2 sono da considerarsi materie prime secondarie i residui derivanti da processi produttivi e che sono suscettibili, eventualmente previi idonei trattamenti, di essere utilizzati come materie prime in altri processi produttivi della stessa o di altra natura. Non costituiscono invece materie prime secondarie le sostanze suscettibili di essere impiegate nell'ambito di processi di combustione destinati a produrre energia. Il Ministro dell'ambiente, d'intesa con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, può promuovere l'istituzione e il funzionamento della Borsa delle materie prime secondarie e sottoprodotti presso le Camere di commercio (Borse Recuperi); infatti l'art. 2 della L. 475/88 non pone nessun obbligo, ma invita semplicemente a conformarsi. Tali Borse possono occuparsi di un solo settore merceologico di rifiuti (borse verticali) oppure trattano più tipologie rientranti in settori merceologici diversi (borse orizzontali); esse svolgono un ruolo di intermediazione passiva: attraverso un bollettino periodico diffondono informazioni su domanda e offerta di residui valorizzabili; la trattativa per lo scambio dei materiali avviene direttamente tra le imprese interessate dopo che il contatto iniziali è stato avviato dalla Borsa Recuperi. L'iniziativa consentirebbe di costituire una base dati dei prodotti scartati dalle imprese ma suscettibili di riutilizzo in cicli produttivi diversi da quelli di provenienza. La L. 475/88 dispone inoltre che le Regioni istituiscano Osservatori sulla produzione e smaltimento dei rifiuti di produzione e sul recupero delle materie prime secondarie: la fonte duplice da cui attingere i dati relativi è costituita da un lato dal Catasto dei rifiuti speciali e tossico/nocivi, dall'altro dai Registri di carico e scarico. Le materie prime secondarie sono state individuate con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato per mezzo del DM 26 gennaio 1990. Si tratta dei: - i residui elencati nell'allegato 1 del DM 26 gennaio 1990 (vedi l'allegato F); questo elenco può essere aggiornato con cadenza annuale e i soggetti interessati possono fare richiesta di inserimento di specifiche materie prime secondarie o di altre destinazioni o provenienze nell'elenco suddetto; - altri residui, derivati direttamente da processi produttivi, dei quali il detentore possa dimostrare, sulla base di idonea documentazione contrattuale, l'effettiva destinazione al riutilizzo; - materiali derivanti dalle operazioni di selezione o trattamento dei rifiuti industriali o dei rifiuti solidi urbani effettuate da soggetti autorizzati alle suddette operazioni e trattamenti ai sensi della normativa vigente, purché risulti da idonea dichiarazione dello smaltitore la provenienza dei medesimi nonché l'effettiva destinazione delle materie prime secondarie al riutilizzo. Con il DM 29 maggio 1991 si regolamenta la raccolta differenziata dei rifiuti solidi al fine di favorire la valorizzazione dei rifiuti attraverso il recupero di materiali fino dalla fase della produzione, distribuzione, consumo e raccolta, e di favorire il recupero di materiali ed energia anche nella fase di smaltimento finale, attribuendo alle Regioni un ruolo di regolamentazione, di incentivo e di sviluppo; in particolare, le Regioni provvedono a favorire la raccolta differenziata delle uguali tipologie di rifiuti speciali presenti nel territorio, a definire obiettivi di economicità, a incentivare le attività di ricerca e di informazione per lo studio di prodotti e di tecnologie. Le Regioni provvedono ad adeguare i propri strumenti di pianificazione attraverso: - l'analisi dei bacini di raccolta; - caratteristiche, stime quantitative, modalità di recupero relative alle frazioni di cui si intende organizzare la raccolta; - analisi di fattibilità del recupero; - programma di interventi relativo allo sviluppo delle attività di conferimento, raccolta e stoccaggio separato e allo sviluppo e realizzazione dei sistemi di recupero; - programmazione delle iniziative di informazione e coinvolgimento degli utenti e dell'industria. I comuni adeguano il proprio regolamento agli obiettivi del decreto stesso, e secondo la seguente tipologia di servizi - raccolta differenziata di rifiuti urbani pericolosi; - raccolta differenziata della frazione umida e della frazione secca dei rifiuti solidi urbani; - raccolta differenziata dei rifiuti ingombranti; - raccolta differenziata dei contenitori in vetro, plastica e metallo provenienti dalle utenze domestiche; - raccolta convenzionata dei rifiuti diversi dai rifiuti solidi urbani.
5.4.10 Consorzi obbligatori (DPR 691/82, L. 475/88, art. 9 quater, 9 quinquies, DL 95/92) Il DPR 691/82 istituisce un Consorzio Nazionale Obbligatorio degli oli usati, con statuto giuridico e senza fini di lucro. Il consorzio ha natura privatistica, ma è posto sotto il controllo pubblico; il che corrisponde ad una separazione di competenze. Infatti, il pubblico (Ministeri dell'ambiente, dell'industria, della sanità, delle finanze e del tesoro) ha la responsabilità di indirizzo e di controllo, mentre il privato - cioè le imprese del settore - ha la responsabilità gestionale per il raggiungimento degli obiettivi stabiliti dalla legge. Al Consorzio sono affidati i compiti di monitoraggio, incentivazione e, se necessario, intervento diretto nella raccolta. Fanno parte del Consorzio le imprese che immettono al consumo oli lubrificanti di base e finiti e le imprese di rigenerazione che dagli oli usati producono nuove basi lubrificanti. Compiti del Consorzio sono : - assicurare la raccolta degli oli usati; - cedere gli oli usati raccolti nelle imprese che effettuano la rigenerazione per la produzione di basi lubrificanti; - cedere per altri tipi di riutilizzazione, con preferenza per quelli che consentono maggior recupero energetico, partite di olio usato, qualora la rigenerazione non sia tecnicamente possibile, ovvero economicamente conveniente; - assicurare l'eliminazione dell'olio usato non rigenerabile né riutilizzabile nel rispetto delle norme contro l'inquinamento. Pertanto, chiunque detenga, raccolga, riutilizzi o smaltisca oli usati in quantità superiore a 300 litri l'anno deve tenere un apposito registro, nel quale devono essere riportati cronologicamente, per ogni operazione, i dati quantitativi, l'origine e l'ubicazione degli oli ceduti o eliminati, e renderlo disponibile alle autorità pubbliche per tre anni dalla data dell'operazione. Copia del registro deve essere trasmessa, a richiesta, al Consorzio obbligatorio degli oli usati. Con l'entrata in vigore del DL 95 del 27 gennaio 1992, il Consorzio non opera più in condizioni di monopolio: i detentori di olio usato possono cederlo anche ad imprese autorizzate alla raccolta e/o alla eliminazione, dandone comunicazione al Consorzio obbligatorio degli oli usati (art. 6). Le imprese autorizzate a svolgere attività di raccolta di oli usati devono cederli al Consorzio, o a imprese autorizzate alla eliminazione; devono inoltre trasmettere al Consorzio tutte le notizie acquisite dai detentori in ordine alla provenienza e preventivo utilizzo degli oli usati ceduti e, nel caso di cessione diretta alle imprese autorizzate alla eliminazione, il quantitativo ceduto e la denominazione del cessionario. Le imprese autorizzate ad esercitare attività di eliminazione degli oli usati devono comunicare al Consorzio le quantità, la qualità e la provenienza degli oli usati ad essi ceduti da soggetti diversi dal Consorzio stesso. Attraverso il processo di rigenerazione, si può ottenere un chilo di base lubrificante nuova partendo da 1,5 chili di olio usato; inoltre, per il suo alto contenuto energetico, può essere adoperato nella combustione in forni industriali particolari (come quelli dei cementifici) che sono in grado di neutralizzare i prodotti di ossidazione e di liberare emissioni compatibili con i limiti di legge. La legge 475/88 , art. 9 - quater istituisce il Consorzio Nazionale Obbligatorio per il riciclaggio dei contenitori od imballaggi per liquidi in vetro, metallo e plastica; esso ha personalità giuridica, non ha fini di lucro e può avere articolazione regionale ed interregionale. Sono obbligati a partecipare a tale Consorzio : - i produttori e gli importatori di materie destinate alla produzione dei contenitori; - gli importatori di contenitori vuoti e pieni; - una rappresentanza delle associazioni dei produttori di contenitori, delle imprese utilizzatrici e distributrici. I consorzi provvedono ad assicurare il riciclaggio, anche mediante l'avvio alle aziende che recuperano materie prime secondarie oppure energia; promuovono l'informazione degli utenti, intesa a ridurre il consumo dei materiali e a favorire forme corrette di raccolta e smaltimento. Per questi fini, i consorzi stipulano apposite convenzioni con i comuni e le aziende municipalizzate. La legge 475/88, art. 9 - quinquies istituisce il Consorzio obbligatorio delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi, al quale è attribuita personalità giuridica, senza fini di lucro. Il consorzio svolge per tutto il territorio nazionale i seguenti compiti : - assicura la raccolta delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi e ne organizza lo stoccaggio; - cede i prodotti citati alle imprese che ne effettuano lo smaltimento tramite il riciclaggio; - assicura l'eliminazione dei prodotti stessi, nel caso in cui non sia possibile o economicamente conveniente il riciclaggio, nel rispetto delle disposizioni contro l'inquinamento; - promuove lo svolgimento di indagini di mercato e azioni di ricerca tecnico-scientifica per il miglioramento tecnologico del ciclo di smaltimento. Chiunque detiene batterie al piombo esauste o rifiuti piombosi è obbligato al loro conferimento al consorzio. Una volta recuperate, le pile devono essere smaltite o recuperate. Secondo la normativa, essendo classificate fra i "rifiuti urbani pericolosi", le pile esauste devono essere smaltite in discariche di categoria 2C o trattate in particolari impianti per il recupero dei metalli.
5.4.11 Mappa delle discariche e degli impianti di smaltimento (L 441/87, art. 6) La legge n° 441 del 29 ottobre 1987 impone con l'art. 6 che il Ministero dell'ambiente predisponga la Mappa completa delle discariche e degli impianti di smaltimento dei rifiuti solidi urbani e dei rifiuti speciali, compresi quelli tossici e nocivi. A tal fine le regioni e gli enti locali sono tenuti a trasmettere i dati e le informazioni in loro possesso su richiesta del Ministero dell'ambiente. Il Ministero dell'ambiente ha stabilito una convenzione con Castalia in base alla quale la società si impegna a fornire la documentazione completa riguardo l'esistenza e le caratteristiche più significative degli impianti di smaltimento dei rifiuti. La prima parte del lavoro è consistita nella raccolta del materiale documentario che le amministrazioni hanno prodotto sugli impianti insediati sul territorio di loro competenza: i dati desunti da autorizzazioni e successivi rinnovi hanno permesso di costruire il quadro delle installazioni presenti nel Paese. Parallelamente alla raccolta delle informazioni si è avviata la predisposizione di una banca dati organizzata su base sia cartografica che alfanumerica. Il confronto fra i dati raccolti con la stesura della mappa e quelli contenuti nei piani di smaltimento contribuirà a definire lo scenario a scala reale delle attuali problematiche nel settore dei rifiuti, indispensabile per predisporre tutte quelle azioni pianificatorie tendenti a sanare progressivamente la grave situazione esistente.
5.4.12 Monitoraggio degli impianti di smaltimento (Delibera Comitato Interministeriale 27 luglio 1984) La Delibera del Comitato Interministeriale 27 luglio 1984 definisce i requisiti tecnici degli impianti di smaltimento. In particolare, il legislatore ha stabilito misure cautelative per impedire che il malfunzionamento degli impianti provocasse danni all'ambiente naturale e antropico circostante: nell'intervento normativo, non solo si è provveduto a stabilire i parametri da tenere sotto controllo, ma si è altresì disposto che fossero installate le strumentazioni atte a rilevarne la variabilità. A) Il monitoraggio delle discariche I progetti delle discariche controllate, sia per rifiuti urbani che industriali, prevedono barriere di salvaguardia che controllino e impediscano le emissioni e le fughe dei prodotti della degradazione. I principali accorgimenti tecnici sono: - il sottofondo impermeabilizzato; - la rete di drenaggio delle acque di discarica e del percolato; - le strutture di captazione dei gas; - la copertura finale di captazione del tumulo; - la rete di scolo dei deflussi superficiali. L'assenza o il difettoso funzionamento delle barriere possono provocare ripercussioni negative sulla qualità dell'ambiente naturale e antropico circostante all'impianto di smaltimento. L'unico strumento per contenere le dimensioni dei danni ambientali è rappresentato dalla presenza di apparecchiature di monitoraggio che avvertano tempestivamente del fenomeno di inquinamento in atto e ne documentino lo sviluppo. Il controllo dei parametri da tenere sotto osservazione può avvenire secondo procedure manuali o monitoraggio automatizzato. Le procedure manuali richiedono per le misure la presenza fisica degli operatori e l'accesso ai punti stabiliti con opportuni apparecchi di lettura e campionamento. Il monitoraggio automatico si realizza mediante il rilevamento strumentale e programmato di una opportuna serie di parametri rappresentativi delle situazioni ambientali. La rete di monitoraggio viene costituita con l'installazione di opportuni strumenti e presidi permanenti (sensori, analizzatori, stazioni di rilevamento, pozzi di campionamento, ecc.) in tutti i punti preventivamente individuati come significativi per controllare il panorama ambientale e tenerne sotto controllo l'evoluzione. I dati rilevati (con cadenze ravvicinate o continue) convergono presso il centro di acquisizione: dotato di elaboratori, tale punto di raccolta deve essere in grado di organizzare le informazioni secondo modelli matematici appositamente predisposti. L'applicazione di strumenti di rilevazione automatica non è limitata al solo ambiente superficiale ma è praticabile per varie problematiche del sottosuolo e delle acque di falda. Si possono individuare due gruppi di parametri da tenere sotto controllo rispettivamente riguardanti gli aspetti strutturali dell'opera e gli aspetti ambientali del sito. Il primo gruppo è costituito dalle dimensioni che definiscono l'efficienza delle strutture caratterizzanti l'opera stessa. Il secondo gruppo comprende i parametri rappresentativi della qualità dell'ambiente in cui la discarica è inserita. In merito al funzionamento delle discariche, la normativa vigente prevede unicamente il controllo delle falde acquifere, intendendo con tale misura preservare lo stato delle riserve idrogeologiche del paese. Lo studio ISMES "Monitoraggio strumentale delle discariche controllate e depositi a rischio ambientale" individua i componenti e parametri ambientali da monitorare: Ambiente esterno : - precipitazioni ed evaporazione; - deflussi superficiali e relative portate solide; - portate e qualità degli eluati; - qualità chimica e biologica delle acque superficiali in prossimità; - emissioni del biogas e relativi odori sgradevoli; - fiaccole di combustione, captazioni e relative condutture di trasferimento del biogas; - serbatoio di stoccaggio e/o impianto locale di trattamento degli eluati. Ambiente interno : - temperatura e tenore di umidità nei rifiuti smaltiti; - pressione e composizione del biogas; - battente idraulico degli eluati sul fondo; - composizione chimica e biologica degli eluati entro i rifiuti; - efficienza dei presidi di captazione del biogas; - efficienza della rete drenante degli eluati; - assestamenti e stabilità della massa dei rifiuti. Ambiente sotterraneo : - integrità e comportamento del sottofondo impermeabilizzato; - variazioni dello stato di umidità dei terreni nella zona vadosa; - migrazione dei gas nei terreni del vadoso intorno all'impianto; - falda libera freatica ed eventuali falde sospese; - falde artesiane; - pozzi di emungimento idrico nel sito o in prossimità; - linee interrate dell'impianto; - assestamenti del terreno fondazionale e stabilità degli argini perimetrali.
B) Il monitoraggio degli impianti di incenerimento dei rifiuti L'incenerimento dei rifiuti da sempre è considerato la forma di smaltimento potenzialmente più pericolosa, anche se la comunità scientifica non è concorde sull'entità degli effetti dannosi che possono derivare dall'incenerimento. Questo fatto ha spinto gli organi legislativi ad interessarsi al controllo del funzionamento di questi impianti con un impegno maggiore di quello profuso per altri impianti di smaltimento. Il DL 27 luglio 1984 prevede per gli impianti di incenerimento una camera di postcombustione per cui è prescritta una serie di valori operativi minimali. Per verificare il rispetto dei limiti imposti per i fumi in uscita, gli impianti destinati all'incenerimento dei rifiuti devono dotarsi di un sistema di rilevazione continua e di registrazione della temperatura e della concentrazione di ossigeno libero. Inoltre, il regolamento dispone l'analisi degli effluenti gassosi e delle ceneri per verificare l'eventuale presenza di diossine da effettuarsi con scadenza periodica. La normativa risulta però applicata solo parzialmente, e, in alcuni casi, le Regioni sono intervenute in materia per rafforzare le disposizioni della legislazione nazionale. Nonostante questo, la normativa sul monitoraggio degli impianti di incenerimento contiene numerose lacune; infatti, sia la disciplina nazionale che quella regionale regolamentano unicamente il controllo delle emissioni gassose, mancando di considerare le scorie solide e liquide. In particolare sono potenzialmente inquinanti: - le acque utilizzate per il raffreddamento e per il lavaggio dei fumi; - i residui solidi (ceneri volanti) che si ottengono alla fine del processo di combustione.
5.4.13 Il Piano Decennale per l'ambiente - Programma Rifiuti Rilevata l'esigenza di una pianificazione di lungo periodo e di coordinamento governativo in campo ambientale, il Ministero dell'Ambiente ha presentato nel 1992 il Piano Decennale per l'Ambiente. Esso è il risultato di un articolato programma di ricerca promosso dal Ministero, finalizzato alla formulazione di uno schema di pianificazione di lungo periodo nel quale si possano valutare in modo globale i problemi di equilibrio e di compatibilità ambientale dei diversi aspetti della politica di sviluppo (produzione, consumo, territorio). Gli obiettivi del Programma Rifiuti di tale piano sono descritti di seguito. OBIETTIVO 1 : ridurre la quantità dei rifiuti prodotti - Programma per la riduzione della quantità di rifiuti prodotti all'interno del ciclo produttivo: - minimizzazione della generazione dei rifiuti; - materie seconde; - eco-design; - Programma per la riduzione della quantità di rifiuti prodotti all'interno del ciclo di distribuzione e consumo: - riduzione degli imballaggi; - eco-label ed eco-bilanci delle merci. OBIETTIVO 2: ridurre la pericolosità dei rifiuti prodotti - Programma di differenziazione dei flussi di rifiuti conferiti alla rete di raccolta urbana: - raccolta differenziata RUP ed estensione della raccolta differenziata - raccolta differenziata utenze specifiche - strutture differenziate di conferimento e stoccaggio. - Programma per la diffusione delle tecnologie pulite: - sostituzione e modifica prodotti e materie prime e riduzione uso cloro - strutture di stoccaggio e messa in sicurezza - differenziazione di rifiuti prodotti - pretrattamenti. OBIETTIVO 3 : aumentare la qualità di materiali ed energia recuperati dai rifiuti. - Programma per la diffusione della raccolta differenziata e delle tecnologie di recupero: - estensione dei sistemi di raccolta differenziata aggiuntiva ed integrata - impianti e tecnologie di trattamento e recupero. - Programma di sostegno al mercato del recupero: - borsa dei rifiuti ed Agenzie per il recupero - standard e marchi delle materie seconde - incentivi al mercato del compost, RDF e altre materie. OBIETTIVO 4 : diminuire l'impatto ambientale derivante dal trattamento e smaltimento dei rifiuti - Programma di completamento della dotazione di impianti di smaltimento finale: - adeguamento del sistema discariche - adeguamento dei sistemi di trattamento termico. - Programma di certificazione tecnologie , processi e operatori: - norme per la realizzazione degli impianti di smaltimento - albo degli smaltitori e albo dei trasportatori. - Programma di risanamento di aree contaminate: - standard di qualità dei suoli e criteri di intervento - catasti di aree potenzialmente inquinate e Piani di bonifica. - Programma di rafforzamento del sistema di valutazione del controllo ambientale: - norme per la V.I.A. e indicatori ambientali - sistema permanente di controllo degli aspetti fisico-ambientali. - incremento organici enti pubblici di controllo. Rafforzamento volontaristico. OBIETTIVO 5 : migliorare la gestione complessiva dei rifiuti - Programma per i sistemi informativi: - osservatori e catasto rifiuti - monitoraggio piani, programmi e azioni - diffusione conoscenza tecnologica - Programma per una riforma normativa e procedurale: - misure di incentivazione economica e fiscale - misure e strumenti per la risoluzione dei conflitti ambientali - revisione e unificazione legislativa - adeguamento delle strutture di gestione.
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