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Giacomo Alberione
Donna associata

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Capo III

DUE SPECIE DI FEMMINISMI

Da varii anni noi assistiamo ad un movimento femminile,1 che accenna sempre più ad estendersi ed intensificare la sua agitazione. Il suo apparire venne accolto con meraviglia dai più, con sospetto da tutti, con sorriso di compassione da molti: pochi sono quelli che sinora l’abbiano preso sul serio, curandosi di studiare che [cosa] esso voglia, con che mezzi, con che speranza, con che interesse per l’umanità. Il clero per parte sua o lo credette un’utopia trascurabile, o un’ingenuità colossale che si organizzava, o un’irragionevole pretesa. – Così in generale, non tutti, e le femministe ben giustificavano questi apprezzamenti della gente seria e del clero: sono così strane le loro pretese, così sragionati i loro principii, così leggere le loro ragioni, così indecorosi in gran parte i mezzi messi in moto!!! – Ma quel che avviene in ogni fatto storico, anche il più disgraziato, non poté mancare anche qui: tra tanto male ed esagerazioni si nasconde però sempre qualcosa di bene e qualche verità. Il male ordinariamente ne impressiona maggiormente,


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poiché galleggia nell’ambiente sociale, il male è violento e più chiassoso: il bene invece d’ordinario sta in fondo, si compie nel silenzio, con calma, ma costanza. E quel movimento femminista ridicolo e vanitoso non permetterà alla generalità di scorgerne un altro che, benedetto dal papa, ispirato dalla religione, alimentato dalla carità, si avanzava sempre più, facendo del bene ovunque. Due femminismi dunque: di cui uno può dirsi femminismo socialista,2 rivoluzionario, anticristiano, antireligioso, immorale: l’altro invece è morale, è cristiano, è buono in una parola.




1 Si legga quanto in quegli anni scriveva La Civiltà Cattolica associandofemminismo” e “decadenza” e tentando di distinguere un femminismo buono da uno corrotto e corruttore: «Secondo il noto adagio: gli uomini fanno le leggi e le donne i costumi, nessuno ignora l’influenza capitale che la donna esercita sulla moralità pubblica e privata, e per conseguenza l’importanza della sua missione morale verso l’uomo, la famiglia e la società. Gli è perciò che scopo precipuo di un sano femminismo dovrebbe essere quello di difendere e promuovere la moralità della donna, per agevolarle la sua missione moralizzatrice. Senza di che, qualunque altra riabilitazione o rivendicazione giuridica, economica o politica, in quanto non sia subordinata o conforme agli interessi morali della donna, della famiglia e della società, non può che riuscire nociva a lei ed agli altri».



2 Nemico della Chiesa (cf. DA 33; 35; 157; 172; 269); su tale femminismo cf. inoltre DA 40; 203; sulla rivoluzione sociale, cf. DA 32.

 






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