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Giacomo Alberione
Donna associata

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[Femminismo socialista e massonico]

Punto principale di distacco di queste correnti è la religione: il femminismo socialista, rivoluzionario ecc. si professa aconfessionale e finisce nell’acattolicismo: il femminismo cristiano pone a base d’ogni suo intendimento la sincera professione di fede cattolica. – Il dottor Bolo3 nel libro La donna e il clero prova queste quattro proposizioni, che qui si possono solo citare: «1. Tutto ciò che di utile od essenziale può reclamare la donna fu fatto o almeno abbozzato dal clero cattolico; 2. La possibilità d’un femminismo esiste solo per la Chiesa; 3. Il femminismo, in quanto ragionevole, non ha di nuovo che il nome; 4. Le sofferenze da cui oggi il femminismo vorrebbe sollevare la donna, dipendono dal disconoscere in teoria, e più nel fatto, le dottrine del Vangelo».


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Se si lascia a parte il Vangelo la donna ricadrà schiava, strumento di piacere, mezzo di produzione e nulla più. Tutta l’antichità ne sta a prova: basta citare la Grecia e Roma pagana in cui bisognava affidare i cadaveri all’imbalsamazione o al seppellimento solo a corruzione avanzata, pel pericolo degli immorali oltraggi postumi.4

Ben quindi fu scritto recentemente: donne, occhio ai vostri carnefici, ai vostri peggiori nemici, nemici ipocriti, perché vestiti da agnelli, atteggiati a vostri difensori: sono le femministe che vogliono emanciparvi per opprimervi: che vogliono porvi in alto per gettarvi nell’immondezzaio: occhio al femminismo parolaio: chi promette troppo è o un esaltato, o un mentitore, o un traditore.

Quali dunque i suoi intendimenti? Li riassunse Pio X in queste parole: «Vedete quanto errino coloro che pretendono per la donna l’uguaglianza assoluta con tutti i diritti e le attribuzioni dell’uomo. Ve la immaginate una donna tra i rumori, le agitazioni e le passioni della vita pubblica: una donna emancipata, indipendente, posta allo stesso livello dell’uomo nella vita sociale, sulla tribuna, nei parlamenti, che discute, che legifera, s’impone, cospira, si ribella, sale sulle barricate?... Non è questa la missione della donna; sbaglia perciò chi sostiene questo mal inteso femminismo,


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che vorrebbe correggere l’opera di Dio, come quel meccanico che pretende correggere e riformare il corso degli astri...».

Del resto gli scopi di questo femminismo-utopia vennero dichiarati apertamente dal fior fiore delle sue rappresentanti.

A Parigi nel 1900 si radunò il congresso generale a cui intervennero le migliori ed anche i migliori del partito dell’Inghilterra, Germania, Austria, Russia, Italia, Francia, America, ecc. Ecco le dottrine esposte:

«Il cristianesimo è la più grande rovina storica»; «è necessario abolire il confessionale e qualsiasi istruzione cristiana»; «la figlia in casa sotto i genitori e la sposa legata indissolubilmente ad un uomo sono miserabili schiave, suore laiche, criminalmente istupidite: questa morale, portata a cielo dalla religione nella persona della Vergine, è un assassinio ipocrita, lento, di ogni minuto»; «La massoneria, nemica delle superstizioni e dell’errore, è la naturale avversaria della Chiesa: la donna si ascriva alla loggia, ne prenda lo spirito, lo trasmetta alla famiglia: escludere la donna dalla massoneria significa prolungare l’impero della Chiesa e l’autorità del prete». E per non trascrivere qui tutte le bassezze di pensieri e di linguaggio cui trascesero,5 dirò solo che fecero voti per la prostituzione, per il divorzio, per l’amor libero,


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per il diritto dell’adulterio, per la rivoluzione sociale, per la scuola laica,6 per il pareggiamento della donna all’uomo in tutti gli impieghi ed uffizi, ecc... Come si vede è tutto uno spirito massonico: ed oggi, lo si può scorgere in riviste e circolari, la massoneria mira ad aggiogare al suo carro la donna.

Il massone Levillon7 nel congresso internazionale, tenuto a Parigi nel 1900 diceva: «Non è davvero una bella cosa che man mano che arriva una generazione nuova, noi abbiamo sempre da ricominciare il medesimo lavoro: non è conveniente che rinnoviamo la tela di Penelope, sempre in opera e sempre disfatta... ma non possiamo giungere a tanto senza l’aiuto delle donne». E tale sentimento espresse pure Nathan8 quando, nel 1898, espose a Torino il novissimo programma d’azione per i massoni italiani. «È vano sperare nell’assoluta efficacia dell’opera nostra, per quanto intensa, quando non si sappia unirvi l’azione di colei, che, per natura ed attitudini, è per eccellenza educatrice... di quella che dalla culla alla tomba presiede alla famiglia, la governa, l’indirizza a suo talento». E prosegue dicendo che bisogna rimuoverla dalla religiosità, allontanarla dai governatori di sua coscienza, che sono i sacerdoti, accettarla nell’ordine massonico.

Ma si noti: astuzia massonica! siccome la


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donna aborrirebbe dalla setta, in una riunione tenutasi ultimamente a Roma fu deciso di farvela entrare a tradimento: proponendole la beneficenza laica o neutra, le cui ultime fila sono segretamente maneggiate e regolate dalla massoneria! Ed ecco venir su le istituzioni laiche in favore dei malati, poveri, bambini, fanciulle pericolanti, donne traviate. È l’antico costume del diavolo: contraffare le opere di Dio per tirare a sé seguaci! Non pensò egli persino di imitarne, o meglio, scimmiottarne i miracoli? – Eppure quante buone donne già sono cadute nella rete infame! Forse per pura ingenuità ed ignoranza!

Ed il socialismo, che da alcuni venne chiamato, e non del tutto a torto, la massoneria popolare, che fa?

La Confederazione Generale del Lavoro9 ha compiuto nel 1912, per mezzo della Camera del Lavoro, una statistica sull’organizzazione femminile socialista in Italia. Da essa risultò che, non ostante la naturale ripugnanza della donna a lasciarsi organizzare dai sovversivi, il socialismo aveva già compiuto un cammino relativamente lungo. Quasi centomila donne figurano in quei quadri socialisti!! E il lavoro è sempre fervente!

Tale femminismo non ha bisogno di confutazioni; e d’altronde la confutazione venne già data dall’immensa maggioranza delle donne stesse,


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che o se ne stettero indifferenti, o gli si levarono contro.




3 Cf. Bolo E., La donna e il clero, Traduzione del P. Carlo Negro B., Napoli, Rondinella e Loffredo, Librai-Editori, 1913. Alberione cita o si ispira sovente a questo libro (anche se non si riferisce a questa edizionecf. DA 230 – ma ad una precedente, stampata e distribuita a Torino).



4 Cf. Bolo E., o. c., p. 144.



5 In DA c’è trascorsero.



6 Già un regolamento governativo, nove giorni dopo la presa di Roma, il 29 settembre 1870, rendeva l’insegnamento della religione facoltativo nelle scuole del Regno d’Italia. Sarebbe stato impartito solo su richiesta dei genitori. Nel 1873 venivano soppresse le facoltà teologiche in tutte le università del Regno d’Italia (cf. Ferrari B., La soppressione delle facoltà di teologia nelle università di Stato in Italia, Morcelliana, Brescia 1968). Nel 1877 venne abolito l’ufficio di direttore spirituale nei licei, nei ginnasi e nelle scuole tecniche, togliendo così automaticamente l’insegnamento religioso dalle scuole medie, che la legge precedente affidava al direttore spirituale. Nel 1883 (regolamento del 21 giugno, n. 1590) era stato definitivamente soppresso l’insegnamento religioso in tutti i corsi delle scuole magistrali, una manovra per abolirlo direttamente anche nelle elementari, togliendo la competenza agli insegnanti. Erano, queste, tutte disposizioni contrarie alla legge Casati del 1859 allora ancora in vigore e rispettosa della libertà. Per scusare la contraddizione dei decreti con tale legge si adduceva che i tempi erano cambiati, che lo spirito nuovo non era quello della Costituzione del 1848 (su cui anche la legge Casati si fondava); che nella scuola si era introdotto il principio della non dogmaticità, del rispetto della libertà di pensiero, ecc. Nel 1877 era stato imposto lo studio de I diritti e doveri dell’uomo e del cittadino. Questi diritti dovevano sostituire l’insegnamento religioso. A Torino la Gazzetta del Popolo nei numeri dell’11 e 14 novembre 1877 denunciava il catechismo della diocesi di non spendere una parola sui doveri verso la patria, di essere invece atto a cretinizzare i fanciulli; a professare dogmi respinti dal mondo civile. Era una stoltezza, secondo i laici, permetterne l’insegnamento nelle scuole. Si era voluto dimenticare che «principio supremo, assoluto, universale del costituzionalismo si è la sovranità, l’onnipotenza, il culto della maggioranza popolare, che crea e sostiene la legge, il diritto, il potere, tutto». Ora in nessun altro argomento la stragrande maggioranza del popolo italiano aveva manifestato con tanta evidenza la sua volontà, come per la conservazione del catechismo nelle scuole. Nel censimento del 1901, non più di 36.092 persone si erano dichiarate in Italia senza religione; 138.818 sopra i 15 anni di età non avevano dato alcuna indicazione sulla propria religione; gli altri, più di 31 milioni, avevano risposto di appartenere alla religione cattolica. E nei più recenti referendum dei padri di famiglia sul catechismo nelle scuole, a Venezia non si erano avuti che 196 contrarii sopra 10.000 alunni delle scuole elementari; a Torino 31 sopra 26.000; a Genova 208 sopra 18.000; a Firenze 562 sopra 18.000. Se poi si riflette che i contrarii erano in gran parte ebrei ed “eterodossi”, e che i non contrarii avevano espressamente domandato la conservazione del catechismo, era forza concludere, coll’on. Greppi al comizio di Milano: «L’opporsi a tale plebiscito di volontà dei padri di famiglia è capovolgere il diritto pubblico; se la maggioranza non deve mai tiranneggiare la minoranza, l’ammettere che la tirannia possa esercitarsi dalla minoranza sarebbe enorme e contrario ad ogni sistema politico» (cf. “La guerra al catechismo” in La Civiltà Cattolica 4 [1907] 644s). Già molti anni prima in Piemonte, mons. Gastaldi aveva reagito con vigore scrivendo sull’educazione cristiana, sostenendo la fondazione di scuole cattoliche, elogiando i genitori degli 11.487 ragazzi che a Torino (nel 1877) richiedevano l’insegnamento della religione nelle scuole civiche, contro i 397 soltanto che non lo volevano (cf. Chiesa e Società nella II metà del XIX secolo in Piemonte, a cura di Filippo Natale Appendino, Istituto regionale piemontese di pastorale, Edizioni Pietro Marietti 1982, p. 339). «La Scuola laicascriveva ancora La Civiltà Cattolica 4 [1907] 405 – è dogma prettamente massonico e fa parte essenziale di quel vasto programma di scristianizzazione dell’Italia, che Leone XIII riassumeva in mirabile sintesi nella Enciclica del 15 ottobre 1890 al popolo italiano, fondandosi sui voti e le risoluzioni prese dai settari massonici nelle loro assemblee più autorevoli». Don Alberione si mostra particolarmente attento al problema scolastico.



7 Uno dei tanti giornalisti francesi simpatizzanti della massoneria (MM).



8 Ernesto Nathan, uomo politico (Londra, 5 ottobre 1845 - Roma, 9 aprile 1921), era il figlio della pesarese ebrea Sara Nathan Levi, amica e collaboratrice di Giuseppe Mazzini (1805-1872) conosciuto durante l’esilio di costui a Londra. Aveva partecipato attivamente alla vita amministrativa di Roma e dal 1907 al 1913 ne era diventato sindaco, a capo di una coalizione laicista e democratica. Come sindaco, aveva favorito iniziative edilizie e nella scuola popolare. Si deve a lui la municipalizzazione dei servizi pubblici. Nathan era stato anche tra gli iniziatori della Società Dante Alighieri, fondata nel 1889 con lo scopo di diffondere la lingua e la cultura italiana all’estero.



9 Si veda più avanti, DA 203, nota 41.






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