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Giacomo Alberione Donna associata IntraText CT - Lettura del testo |
Per la stampa
Anzitutto una donna, quando sia dotata di cultura, può scrivere. Giova dirlo: ve ne ha un numero troppo grande che potrebbero darsi a questo nobilissimo apostolato: eppure non lo fanno! Sarà forse una naturale ripugnanza a prodursi, sarà neghittosità,27 sarà un’esagerata persuasione di incapacità, sarà, forse ancor più spesso, poca stima di questo grande mezzo di bene. Orbene si consideri la potenza veramente straordinaria della stampa: potenza che va ogni dì più aumentando, causa la crescente avidità di leggere. Si consideri come la parola
scritta può venire letta da migliaia di persone ed a tutte comunicare un qualche buon pensiero. Si consideri come altre donne si valgono della stampa a scopo irreligioso ed immorale: si consideri come si può scrivere, anche per giornali, senza che occorra far conoscere il proprio nome: si consideri che non è poi necessaria una grande scienza per mandare una corrispondenza alla direzione d’un foglio settimanale. Vi hanno maestre, vi hanno addette agli uffici postali, telegrafici, telefonici, vi hanno professoresse, vi hanno donne del ceto colto o nobile, che spesso hanno idee bellissime, conoscono fatti utili a pubblicarsi, forse accaduti attorno ad esse, hanno iniziative ottime da proporre. E perché non potrebbero scrivere? Lode alla donna umile, che diffida delle proprie forze, e chiede consiglio, e sottopone il proprio lavoro alla approvazione di persona competente: ma ricordi che anche questo è un talento che può fruttare assai.
E come può scrivere la donna? Corrispondendo per il proprio paese o città con un giornale cattolico: assumendosi la rubrica che quasi in ogni foglio vien chiamata Rubrica femminile: concorrendo alla compilazione di riviste femminili: talvolta anche occupandosi di bollettini religiosi e persino componendo libri, romanzi morali, opuscoli di propaganda, ecc.
Più ancora: la donna può concorrere alla
diffusione della buona stampa. Ed in questo non vi ha donna che non possa cooperare. Son in gran numero i giornali buoni che vivono d’una vita stentata, perché non abbastanza diffusi: come vi hanno tanti libri ottimi, che non mancano d’altro che d’essere conosciuti. Quanto bene non farebbe una donna che cercasse tra i parenti, i conoscenti, i compaesani, abbonamenti per quei bollettini, quei settimanali, quei quotidiani che vedesse utili!28
Quanto bene non farebbe imprestando almeno i proprii al maggior numero possibile di persone, fosse pure facendoli passare al caffè, all’albergo, al circolo, al ritrovo, al parrucchiere!
Quanto bene farebbe se riuscisse, poco per volta e con quelle soavi e sante industrie della carità, di cui la donna è maestra, [a] togliere un giornale cattivo ed a sostituirlo con uno buono, o almeno indifferente!
Vi hanno donne, provviste di beni di fortuna, che potrebbero anche abbonare questa o quella persona, questa o quella famiglia a periodici o fogli buoni: ve ne hanno altre che potrebbero almeno far giungere numeri di saggio in quelle case ove si può sperare qualche nuovo associato; altre ancora, mentre distribuiscono tante elemosine, potrebbero riservarne una qualche parte per l’opera della buona stampa: sarebbe spesso più utile che l’elemosina di pane.
Qualcosa di simile si può fare per i libri: imprestare i proprii: regalarne di utili e adatti alle persone che li leggeranno: suggerirne nelle conversazioni: cercare di sostituire i cattivi con altri buoni e, per quanto è possibile, attraenti. Quante volte si riuscirebbe così a impedire il peccato ed il pervertimento, non solo, ma anche a procurare il buon costume e l’istruzione religiosa.
Ecco ciò che si legge di una santa giovinetta: Desiderando di introdurre un libro buono in una famiglia, lo portò seco in un’occasione di visita, ed ivi lo lasciò come dimenticato. Vi ritornò dopo pochi giorni chiedendo del libro, quasi se lo volesse riprendere: domandando però se nulla ne avessero letto e loro fosse piaciuto, fosse vero o no; le risposero affermativamente; ed ella pregò tosto l’accettassero, poiché, come era vero, ne aveva altra copia per sé: quindi il libro rimase in quella famiglia come essa desiderava.
A questo scopo vi hanno persone pie che ritengono presso di sé una vera bibliotechina o almeno vari libri che procurano di far conoscere e far circolare continuamente, contente di fare un po’ di bene. Vi hanno altre persone che, sebbene povere, mettono ogni giorno da parte qualche soldo, risparmiato forse sui minuti piaceri, per acquistare alcuni libri. Vi hanno persone che subito provvedono quei libri che sanno utili e desiderati da altri.
E con queste va pur ricordata un’altra santa industria: quella cioè di spargere fogliettini contenenti sentenze o detti di uomini grandi per le vie, per le piazze, nei salotti di conversazioni, sulle vetture pubbliche, sui trams, nei carrozzoni del treno: come pure quella di lasciare, fingendo dimenticanza, giornali e stampati buoni, ovunque: e l’altra ancora di incollare alle buste delle lettere, ai pacchi postali, sui muri, sugli schienali dei sedili nei pubblici passeggi, nei trams ecc., cartellini contenenti qualche massima buona: ed infine quella di scrivere sui muri della propria casa, lungo le scale ecc. qualche avviso buono.
Quanti leggeranno ne riporteranno un buon pensiero: e chi l’avrà procurato ne avrà gran merito innanzi a Dio.