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Giacomo Alberione Donna associata IntraText CT - Lettura del testo |
Opere di beneficenza
Intendo la beneficenza cristiana. Questa è ben diversa dalla beneficenza laica. La prima vede nel povero un fratello, Gesù Cristo anzi: mira al cielo, all’anima. La seconda invece è una contraffazione della carità a scopo settario: è l’angelo delle tenebre che si veste da angelo di luce: dà un tozzo di pane, per comperare la coscienza. Eppure oggi è questo l’indirizzo della giurata nemica della Chiesa, la massoneria: compiere qualche opera di beneficenza e vantare l’intero monopolio.
Ebbene: ecco dei risultati, espressi, non in parole roboanti, ma con la eloquenza delle cifre: sono un piccolo episodio d’una grande serie di fatti d’ogni dì. Da poco in Francia vennero pubblicate due statistiche della beneficenza. La prima, che era massonica, riferiva come cosa straordinaria che l’istituto dell’Orfanotrofio massonico di Parigi, destinato a raccogliere tutti gli orfani della nazione, in 50 anni avesse ricoverati 319 fanciulli.
La seconda era cattolica: da essa si poteva conoscere che le congregazioni religiose,
cacciate poi dal governo della repubblica, avevano nel 1900 mantenuto:
4. – 60.000 ciechi o traviati;
5. – 250.000 poveri in genere.
Che la massoneria imperante in Francia abbia cacciate tali congregazioni religiose per invidia di mestiere?
Il campo della beneficenza è estesissimo, vasto quanto il mondo. Noi assistiamo a delle miserie in ogni luogo: e d’altronde sappiamo che la massima parte di esse ci è ignota.
E di qui una prima regola pratica: sappiamo preferire i poveri vergognosi: quelli la cui miseria è per lo più ignorata, e che spesso sono in strettezze molto più compassionevoli, che non altri che mendicano per le vie. Qui oltre i soccorsi si richiede la delicatezza santa di indovinare i bisogni e di coprire l’elemosina agli occhi altrui. La carità di molte persone pie andò tanto innanzi da mandare elemosine sotto l’incognito; anzi qualche volta sino ad offrire qualche lavoro conveniente, ricompensandolo poi oltre ogni merito.
Vi è a premettere una seconda norma: per quanto è possibile si cerchi [di] consolidare la famiglia. È la base della società: disgregarla è sempre un male sociale: da evitarsi il più possibile.
Se basta il soccorso ad una madre, non portiamole via il bambino per darlo al baliatico:46 se un uomo è ancora atto a guadagnare qualcosa, gli si procuri lavoro e lo si soccorra alquanto, invece che ricoverarlo subito nell’ospedale.
Meglio insegnare a guadagnarsi il pane che darlo continuamente: meglio educare al risparmio che fare erigere ogni dì ospedali nuovi. Lo si è veduto sopra.
Ed ecco alcune opere di beneficenza:
Asili e Dopo-scuola. L’educazione in famiglia sarebbe da preferirsi; ma, di fatto, i genitori ben sovente trascurano la formazione morale, religiosa e civile dei figli: molti per indifferenza, altri perché occupati. Ben a proposito quindi la loro opera vien completata dagli asili, in cui si ricevono e ritengono quasi per l’intera giornata i bambini; e di più dai dopo-scuola in cui i fanciulli, oltreché sorvegliati, vengono aiutati nei loro doveri scolastici e formati con esempi e con avvisi ad una buona vita.
Ospizi orfanotrofi. – Questi poi sostituiscono del tutto i genitori nei loro doveri di nutrire, istruire, educare i fanciulli abbandonati. E quanti ve ne hanno di questi infelici ai nostri giorni!
Ricoveri dei vecchi e degli inabili. – Quanto meno un popolo è religioso, tanto maggior bisogno sentirà di queste istituzioni. Moltiplicandosi i vizi, si moltiplicano i mali: col perdersi
del sentimento religioso, si disgrega la famiglia: e col disgregarsi di essa staranno più a disagio i vecchi e gli inabili.
Ospedali, case-salute, sanatori. – Sono il rifugio di un buon numero di miserie umane. Spesso è Dio che prova, qualche volta è la divina giustizia che colpisce: sempre per ravvedimento o santificazione.
Orbene come si esercita lo zelo della donna in queste opere? Non vi è dubbio che una parte di esse venne fondata o almeno sussidiata da donne, di grande carità: la donna più dell’uomo è sensibile alle miserie umane. Dia, dunque, la donna.
Che se non possedesse beni di fortuna? Possiede però sempre un cuore buono e facilmente un po’ di tempo libero: ebbene visiti quei luoghi, vi porti qualche sorriso, qualche raggio di fede e di speranza, qualche servizio.
Noi benefichiamo il corpo per giungere all’anima. – E quale bene non si può compire dalla donna negli orfanotrofi, femminili specialmente! Chi ne ha la cura pensi che è chiamato a parte dell’altissima missione d’una madre e d’un sacerdote: chi vi entra, qualche volta almeno, può considerarsi come fratello e sorella dei ricoverati. Essi hanno bisogno di un cuore che venga a prendere il posto della madre, loro tolta dalla forza delle cose. Si amino, si consiglino, si istruiscano. Allorché si tratta di
ricoveri di vecchi e di ospedali, è bene lasciarsi guidare da questi pensieri cristiani. Chi vi entra deve o uscirne rifatto nell’anima e nel corpo, ovvero morirvi, ma dopo essersi riconciliato con Dio; l’ospedale è un purgatorio; l’ospedale è tempio della misericordia di Dio.
Si tratti dunque di casi disperati o no, chi serve, dirige, visita ospedali, dovrà sempre avere questa mira: riconciliare con Dio, inspirare la rassegnazione più completa alla volontà divina.
Allorché si parla il linguaggio della carità: allorché la carità non è solo nelle parole: allorché vi è un aiuto materiale, la via allo spirito è trovata. La logica del cuore sarà più efficace della logica della ragione.