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Giacomo Alberione Donna associata IntraText CT - Lettura del testo |
In tutte le opere e le organizzazioni pastorali è necessario seguire il metodo positivo.
Un programma ben definito e preciso non è possibile, prima d’entrare, o appena fatto l’ingresso in una parrocchia; un programma generale invece è sempre necessario. Infatti il primo importerebbe un apriorismo dannoso, mentre il secondo è compreso nella stessa missione del parroco. Chi pretendesse entrare in una parrocchia con l’elenco delle opere da compiere e volesse subito porvi mano, andrebbe incontro a molte illusioni. Non tutto ciò che è lodevole in teoria riesce sempre facile in pratica: non tutto quello che ha fatto buona prova in una parrocchia s’adatta ugualmente in un’altra. Quante volte avvenne di aver fatto dei gravi sacrifici di tempo, di sanità, di denaro e poi d’essersi alfine convinti d’aver sbagliata la via?...
Un programma generale è invece necessario, ho detto. Esso consiste in una volontà fermissima di fare alla donna e per la donna tutto il bene che sarà possibile: nell’ordine spirituale ed anche nell’ordine materiale.
Se mancasse questo proposito mancherebbe la vera nozione dei doveri d’un parroco, oppure mancherebbe la vocazione a divenirlo. Colui che è eletto parroco non può dire: eccomi infine al premio ed al riposo per tante fatiche! Anzi può far sua la frase d’un santo curato: La croce mi è stata posta sulle spalle: è una croce pesante, eppure dolce! Io non avrò più pace sulla terra: devo lavorare e morire sul campo del lavoro per le anime.
In questa specie di programma generale il parroco deve comprendere tutto il lavoro che han da fare gli altri sacerdoti liberi: egli ha qualche obbligo di più, ma non è dispensato dai doveri loro. Quindi, quanto si può compire dal confessionale e quelle altre cose che si possono fare senza una organizzazione esteriore e locale, già entrano nel suo lavoro. Qui intendiamo solo parlare delle opere parrocchiali, che importano associazione pubblica; e con quale criterio potrà sceglierle il parroco?
Due regole:
a) Studii anzitutto i bisogni della sua cura. – In alcuni luoghi è necessaria la mutualità, in altri la cooperazione: qui si hanno le studentesse, là le operaie: dove dominano i partiti sovversivi e dove l’indifferenza. Di più: ogni centro ha una mentalità propria, costumi proprii, abitudini proprie. Alcune popolazioni sono diffidenti, altre indifferenti, altre piene d’entusiasmo.
Dei mali gravissimi sono talvolta in una parrocchia: non si possono curare senza studiare le cause. Nel Diario di un parroco di campagna l’autore racconta di se stesso che, entrato in una cura di circa 600 anime, s’accorse subito della indifferenza religiosa e della profonda divisione tra popolo e sacerdote. Con visite, conversazioni, amichevoli rapporti, istituì una inchiesta diligente sui loro mali materiali, individuali e sociali. Quattro ne notò specialmente: mancanza di denaro per gli acquisti; mortalità nel bestiame; difficoltà nello smercio dei prodotti; mancanza d’un sanitario. Vi rimediò con una cassa rurale,1 una società di assicurazione contro la mortalità del bestiame, una cooperativa, una scuola serale. Fu un lavoro lungo e penoso, ma non ingrato: poiché passati pochi anni il popolo era in intima relazione col suo parroco: il parroco era vero padre e consigliere del suo popolo: quasi tutti gli uomini facevano la loro pasqua.
Non precisamente uguale, ma alquanto simile ha da essere piuttosto la ricerca e cura dei mali morali: ma perché si arrivi allo scopo di unire le anime a Dio per la pratica della religione! Lo si sente ripetere spesso: Un parroco entrato in un paese, per almeno un anno osservi più che non lavori. E quali i mezzi di giungere a conoscere il proprio ambiente? Diversi: e, primo tra essi, le visite alle famiglie. Col solo
annunziarlo si farà forse sgranare tanto d’occhi da alcuno: ma si attenda un istante.
Vi hanno visite inutili, altre dannose ed altre spirituali e vantaggiose. Le inutili sono quelle che assorbono una quantità notevole di tempo, senza alcun vantaggio, per soli motivi umani. Le dannose sono quelle che importano preferenze non ragionevoli tra famiglia e famiglia, quelle che nascondono un pericolo pel sacerdote, quelle che attirano le mormorazioni del popolo. Sono invece spirituali quelle che sono dirette a conoscere le anime, a stringersi con esse in relazione intima, a fare qualche bene spirituale o materiale. Gesù Cristo correva appresso alla pecorella smarrita,2 se la faceva coi peccatori,3 presso Zaccheo si invitava a tavola.4 Allorché un pastore non conosce il suo gregge,5 non sa quali insidie vengano tese, ignora la qualità dei pascoli e delle fonti cui si ciba, come potrà guidarlo sui buoni sentieri? Dal confessionale non si conosce che la parte migliore, e chi si restringesse a quello, correrebbe certo rischio di sbagliarla assai, nei suoi giudizi.
Per questo in Germania, in Inghilterra, ed ora anche in Francia e in qualche parrocchia d’Italia, è entrata, tra le occupazioni sacerdotali, anche la visita a domicilio. Visita che in alcuni luoghi è quindicinale, in altri mensile, in altri bimestrale o semestrale. Visita, fatta
con metodo, con scopo determinato, con prestezza e cordialità. Si hanno, specialmente in Germania, appositi casellari da riempire: riguardano il numero dei membri della famiglia, la frequenza alla chiesa di essi e in particolare al catechismo dei fanciulli, i giornali che si leggono, le associazioni cui sono iscritti, i bisogni speciali, ecc. Tra queste notizie da assumersi con abilità, e senza aver l’aria da inquisitore o poliziotto, tengono un posto importante quelle che riguardano la donna.
Oltre la visita si hanno: le conversazioni. Un parroco, che non si tappi nella sua canonica, che non si riduca a dare a destra ed a sinistra, uscendo, delle aristocratiche cavate di cappello o dei saluti misurati e compassati, un parroco che sia anzi ospitale, affabile, dolce, ha frequenti occasioni di parlare con i suoi parrocchiani. Amato, vien visitato in canonica, vien fermato per via, vien trattenuto in mille circostanze, che egli ad arte fa nascere. Stimato, gode la fiducia dei suoi figli, che gli aprono il cuore con ogni candore. Santo, sa muovere quelle domande che, senza comprometterlo, alzano il velo anche su le piaghe più delicate.
Vi hanno in terzo luogo le inchieste. Esse vengono fatte per motivi particolari, come sono: il riposo festivo, l’osservanza delle leggi nel lavoro delle donne e dei fanciulli, la moralità nelle case-pensioni per operaie e studentesse, l’emigrazione.
Con tutte queste cose il parroco avrà innanzi, come in un quadro, tutte le opere che occorrono nella sua parrocchia, quelle che sono necessarie a curare il male nella sua radice. E allora egli dovrà misurare le sue forze, non solo, ma quelle dei suoi cooperatori e cooperatrici. Qui viene opportuna la seconda regola.
b) Studii le attitudini delle sue cooperatrici e cooperatori. – La prima condizione si è che siano di vita buona, che dovrà esigersi tanto più perfetta, quanto più delicate e religiose sono le opere. Viene quindi la necessità di una istruzione conveniente, di amore alle anime, di desiderio di rendersi utili.
Né il parroco potrà prudentemente credere alle parole, ma dovrà osservare la vita, se non vuol correre pericolo di cader in gravi errori. Ammesso pure che ciascuno abbia sincera volontà di manifestarsi candidamente, sta sempre il fatto che tutti sbagliano, più o meno, nel giudicare se stessi. Guardare la vita significa: osservare lo spirito di umiltà, di sacrificio, di bontà che si mostra nelle opere: osservare quale forza di carattere, quale dominio sul proprio cuore si esercita, quale costanza si mostra nel bene: osservare lo spirito di pietà, la serietà, la ritiratezza delle cooperatrici.
Né si abbia la pretesa di trovarne molte: basta trovarle come dovrebbero essere, bastano pochissime. Né si voglia aggiungerne altre
troppo presto. Quando le prime siano davvero animate dello spirito giusto, diverranno vere apostole: le nuove arrivando poche alla volta, ne prenderanno lo spirito: mentre una massa troppo grande potrebbe soverchiare le prime e mettere le opere in serio pericolo.
Che se poi6 si vuole dare alle medesime la stabilità necessaria, si dovrà pure pensare ai successori. Tra le opere ve ne hanno di temporanee, ma ve ne hanno pure altre destinate a sopravvivere ai fondatori. Ora per queste, formare un personale capace di guidarle è una grande sapienza. Infondere in questo personale l’amore alle opere, svolgerne l’abilità nella cura quotidiana che si ha da avere, istruirlo su tutti i difetti, i pericoli, i progetti: ecco quanto si richiede allo scopo.
La storia è anche qui maestra della vita, come la dice Cicerone: essa ci narra di grandi fondatori, di ordini religiosi, di istituti pii, di opere per beneficenza, tutti intenti a formare i successori. Anzi, ve ne ha non pochi che iniziate bene le opere andarono man mano sgravandosi delle occupazioni, delle cariche, degli uffici, per cederli ad altri, restringendosi ad una specie d’alta sorveglianza od anche alla parte semplicissima di spettatore.