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Sac. Giacomo Alberione, Primo Maestro della Pia Società San Paolo
Oportet orare

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I. – Potenza ed efficacia della preghiera.

 

            La preghiera è efficace, anzi è onnipotente. Principio generale.

            Sulla terra la preghiera è quella che stabilisce un divino equilibrio fra il debole ed il potente. Il potente è forte delle sue armi; il debole gli è pari e spesso superiore colla preghiera. Il dotto sa perché ha studiato, perché ha ingegno, ecc.; colui che prega sa perché Iddio gli la sua scienza. Il ricco possiede sostanze; il povero se prega, spesso ha di più che il ricco. Dice la Sacra Scrittura: «Nonne Deus elegit



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pauperes in hoc mundo, divites in fide, et heredes regni, quod repromisit Deus diligentibus se?»1.

            Un sacerdote che fa il suo dovere, ancorché debole di forze, ancorché povero di mezzi, ancorché scarso di scienza, di salute, di doni, se veramente è pio, se veramente prega, eguaglia l'altro, non solo per i meriti della vita eterna, ma anche per il bene che fa sulla terra.

            È un divino equilibrio la preghiera. Anzi, spesso, la preghiera, siccome ha forza divina, è anche più potente: Dio, il quale vuole la sua gloria, ha eletto le cose che non sono per confondere quelle che sono, ha eletto le cose ignobili per confondere le nobili, ha eletto gli ignoranti per confondere i sapienti: «Quae stulta sunt mundi elegit Deus, ut confundat sapientes: et infirma mundi elegit Deus, ut confundat fortia: et ignobilia mundi, et contemptibilia elegit Deus, et ea, quae non sunt, ut ea quae sunt destrueret»2.

            Un soldato armato, quando trova un bambino che supplica, quando trova una donna inerme che lo scongiura, cede: sembra che sia inferiore. All'incontro, il soldato assale con tutto l'impeto e mostra la sua potenza contro il soldato che gli resiste e l'assale. Questa



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cavalleria, che ebbe tante esagerazioni, ha un fondo di spirito cristiano.

            La preghiera è divino equilibrio. Quindi la S. Scrittura ci dice che il Signore ebbe pietà del popolo d’Israele, perché vi erano tanti bambini. Giona, vedendo che Dio non distruggeva Ninive, passati i quaranta giorni da lui profetati, se ne afflisse e si lamentò col Signore. Ma Dio rispose: «Non parcam Ninive civitati magnae, in qua sunt plusquam centum viginti milia hominum, qui nesciunt quid sit inter dexteram et sinistram suam?»3. E chi erano, questi che non sapevano distinguere la destra dalla sinistra? Erano i piccoli. Dio ne prende le difese: «Sinite parvulos venire ad me»4.

            Per la preghiera, nella Piccola Casa della Divina Provvidenza a Torino, si vive bene. Non si soffre mai crisi. manca mai nulla. Non si dice: facciamo economie, che l'anno è triste. Vi è quanto occorre, con semplicità, con povertà evangelica, sempre, ogni giorno. Allorché le strettezze si facevano sentire, il fondatore, S. Giuseppe Benedetto Cottolengo, moltiplicava le opere di carità, accoglieva più infermi per impegnare di più la Divina Provvidenza.

 



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            Chi ha poca fede, non comprende i Santi; quindi, a tutte le loro opere cerca di dare una spiegazione naturale; è ancora una delle malattie più estese e perniciose ai nostri giorni, il naturalismo e razionalismo pratico, spesso anche fra i cristiani e le stesse anime che si dicono pie.

            Ma noi non dobbiamo lasciarci trascinare dall'andazzo comune degli uomini. Quando abbiamo maggior bisogno, accresciamo la nostra fede. E quella Divina Provvidenza, che sempre nutre le anime ed i corpi dei suoi figli, che non patisce crisi, che non le dimissioni, che non rinunzia ai suoi poteri, che non conosce fallimento, continuerà a fare come sempre ha fatto.

            Quanti sacerdoti dottissimi non han fatto il bene di tanti sacerdoti semplici, dotati di scarsi mezzi materiali, fisici, intellettuali, ma ricchi di fede e di preghiera!... Se voi avete da cercarvi un confratello per le mansioni che vi aspettano, per i campi futuri che vi attendono, fra qualche anno, voi, sono persuaso, cercherete sempre colui che più prega ed ama Dio. Perché con lui si sta in pace, si lavora con tranquillità, si ottiene con sicurezza.

            Si geme e si soffre. sulla terra, ma quando vi è la ricchezza della fede, la vittoria finale vi sarà. Sconfitte e disprezzi sono la porzione



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che dobbiamo attenderci, per essere più a parte della vita poverissima, umilissima e mortificata di G. C.; ma poi si ha anche parte al successo, al risultato, ai frutti, ai meriti ed alla gloria del nostro Salvatore stesso: «Plorabitis et flebitis vos, mundus autem gaudebit: vos autem contristabimini, sed tristitia vestra vertetur in gaudium»5.

            Preghiamo! Ovunque manchi qualcosa, mettiamo il Pater noster, riempiamo con i meriti di Gesù Cristo ogni valle vuota: essi colmano ogni scarsità. Non siamo mai poveri se non vogliamo esserlo; sempre possiamo pregare. Quando ci mancheranno tutti gli argomenti, avremo ancora un crocifisso, un tabernacolo, avremo ancora Dio. E «si Deus pro nobis, quis contra nos?»6. Colui che ci ha dato suo Figlio, come col suo Figlio non ci donerà anche tutto il rimanente? Non c'è nessun sacerdote su cui si possano far obiezioni, se prega. Se egli prega, non sappiamo di che egli sia capace: operando nell'umiltà, perché si sente debole, egli farà un bene che è ancor più accetto, un bene che non rumoreggia, che non s'impone, ma che è più sicuro, più soave, più intimo. Poche parole, ma molta sostanza: res, non verba.a

 



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            Nella S. Scrittura quattrocento volte almeno si parla di preghiera, e più di duecento volte è promesso che il Signore ascolterà chi prega. Vale qualche cosa la parola di Dio o vale niente? È forse come quella degli uomini, ingannevole? Iddio è forse incapace di mantenere le sue promesse? Oppure è infedele? Vien forse meno alla parola data? No.

            L'Antico Testamento dice:«Clamavit Moyses ad Dominum... Fecitque Dominus juxta verbum Moysi»7; «Si clamaverit ad me, exaudiam eum, quia misericors sum»8; «Et clamantes ad Dominum, dixerunt: Peccavimus tibi... Quibus locutus est Dominus:... Clamastis ad me, et erui vos de manu eorum»9; «Et clamavit Samuel ad Dominum... et exaudivit eum Dominus»10; «Voce mea ad Dominum clamavi, et exaudivit me de monte sancto suo»11; «Ego clamavi, quoniam exaudisti me, Deus: inclina aurem tuam mihi, et exaudi verba mea»12; «Clamabit ad me, et ego exaudiam eum: cum ipso sum in tribulatione: eripiam eum, et glorificabo eum. Longitudine dierum replebo eum: et ostendam illi salutare meum»13. E potremmo continuare a lungo, poiché la S. Scrittura è profusa



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di queste e simili espressioni! Quali promesse!

            E nel Nuovo Testamento: «Chiedete ed otterrete; cercate e troverete; picchiate e vi sarà aperto»14; «Omnis enim, qui petit, accipit; et qui quaerit, invenit; et pulsanti aperietur»15; «De omni re quamcumque petierint, fiet illis a Patre meo, qui in coelis est»16; «Propterea dico vobis, omnia quaecumque orantes petitis, credite quia accipietis, et evenient vobis»17; «In verità, in verità vi dico: qualunque cosa domanderete al Padre in nome mio, egli ve la concederà»18. E altre simili espressioni, che tutte stanno ad inculcare la potenza della preghiera.

            Nell'Antico Testamento abbiamo fatti che ci provano bene la potenza della preghiera. Il popolo ebreo era in Egitto, gemeva sotto durissima schiavitù, si rivolse a Dio, pregò. E vedete quanti prodigi fece il Signore! Suscitò Mosè; mandò le dieci piaghe; obbligò il Faraone a lasciar partire il suo popolo; divise le acque del Mar Rosso; guidò il popolo per quarant'anni nel deserto; lo portò alla libertà nella Terra Promessa! «Vidi afflictionem populi mei in Aegypto, et clamorem ejus audivi propter duritiam eorum qui praesunt operibus:



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et sciens dolorem ejus, descendi ut liberem eum de manibus Aegyptiorum et educam de terra illa in terram bonam et spatiosam, in terram quae fluit lacte et melle»19.

            Quando Amalec venne a combattere contro Israele, Mosè diede ordine a Giosuè di scegliersi degli uomini atti alla guerra, per combattere gli Amaleciti, che assalivano e volevano distruggere il popolo ebreo. E soggiunse: «Cras ego stabo in vertice collis habens virgam Dei in manu mea»20. E salì e pregò. E finché egli pregava, il popolo vinceva; quando per la stanchezza non poteva più sostenere le braccia alzate verso il cielo, Amalec aveva il sopravvento. Allora gli fu data una pietra, su cui sedette, e due uomini, uno a destra e uno a sinistra, a sostenergli le braccia: così rimase in preghiera finché la vittoria fu completa, e il nemico passato a fil di spada.

            Quando gli Amorrei assalirono il popolo ebreo, il condottiero, Giosuè, vedendo che ormai era vicina la notte, per paura che la vittoria non fosse completa, con gran fede si rivolse al Signore e disse: «Sole, fermati su Gabaon, e tu, luna, sopra la valle d'Aialon»21. E il sole si fermò finché il popolo ebbe fatto vendetta dei suoi nemici.

 



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            Quante grazie si possono ottenere con la preghiera! E come entrarono gli Ebrei nella Terra Promessa? Portando l'Arca, cantando salmi, mentre i re congiuravano contro di loro ed erano armati: «Hii in curribus, et hii in equis: nos autem in nomine Domini Dei nostri»22: quelli verranno contro di noi coi carri, montando cavalli, «nos autem in nomine Domini».

            Nella Chiesa di Dio in tutti i tempi vi furono delle eresie: vinsero più le preghiere che non le dotte dispute. San Domenico, contro gli Albigesi, si servì dell'arma del Rosario; la battaglia di Lepanto fu vinta più con la corona che non coi fucili e coi cannoni e con le navi cristiane. Il razionalismo francese, che s'impancava sulle cattedre a negare Dio, in molte filosofie; che si vantava di possedere libri, università, professori, aveva invaso la Francia, l'Italia, la Germania. E chi lo vinse? Un'ignorante contadinella che non sapeva leggere, Bernardetta Soubirous. Per lei si iniziò una serie di prodigi, a cui i razionalisti francesi dovettero inchinarsi, ammirare, tacere. È Iddio che vinse! «Veni, vidi, Deus vicit!»b scrisse Giovanni Sobiescki dopo la vittoria di Vienna; vinsero la preghiera, i Rosari, la Messa, le



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Comunioni. Oh, la potenza di Dio è più grande che la potenza delle armi e degli uomini!

            Se vogliamo anche considerare fatti recenti e particolari, dobbiamo dire la medesima verità. La divozione all'Ausiliatrice diede tanti trionfi a S. Giovanni Bosco; la preghiera continua, «laus perennis», costituì e costituisce nella Piccola Casa della Divina Provvidenza quel miracolo perenne che è la sua sussistenza; il B. Cafasso, convertendo qualche condannato a morte, conchiudeva: La S. Madonna ha fatto la grazia.

            Non basta; la preghiera comanda a Dio... «Oboediente Domino voci hominis»23. Quando si prega e si supplica, quel Dio onnipotente si piega alle sue creature. Maria può per la preghiera ciò che Dio può per sua natura. Un'anima sempre dolce ed umile possiede il cuore di Dio, e lo piega come vuole: «Oboediente Domino voci hominis»; «(Deus) voluntatem timentium se faciet»24. Quando un'anima teme Iddio ed è pia, Iddio fa la volontà di quest'anima e l'ascolta.

            «Che cosa negherà Dio all'orazione? Vi è solo l'orazione che è capace di vincere Dio. Cristo le ha dato ogni potere. Perciò l'orazione



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può irrobustire i deboli, sanare i malati, espiare i peccati, aprire le porte del carcere, sciogliere le catene degl'innocenti. Essa cancella i delitti, caccia le tentazioni, fa cessare le persecuzioni, consola i pusillanimi, rallegra i coraggiosi, conduce alla meta i pellegrini, mitiga i flutti, fa temere i ladri, nutre i poveri, regola i ricchi, rialza i caduti, trattiene quelli che sono per cadere e sostiene quelli che stanno in piedi»25. «Oratio cum sit una, omnia potest»c, dice Teodoreto. E S. Bernardo: «Oratio daemonibus omnibus praevalet»; «per ipsam impetratur obtentio omnis boni et liberatio ab omni malo»d, come afferma S. Bonaventura.

            Quindi diceva quel grande amatore di preghiera, il B. Cafasso, che bisogna presentarsi audacemente al Signore; parlando come chi in Gesù Cristo ha ogni diritto alle grazie.

            Infatti la preghiera è audace, si eleva, entra nel paradiso, si presenta al cospetto divino e insiste finché non è esaudita. Chi arriva con le mani supplichevoli, con gli occhi dimessi, col cuore umile, sta in sicurezza di avere le misericordie, di vincerla con Dio stesso. E la preghiera, presentatasi al tribunale di Dio, non discenderà giù finché Iddio non l'abbia esaudita,



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non abbia detto: «Sicut credidisti, fiat tibi»26. Gesù aveva risposto alla Cananea che gli andava gridando: misericordia! «Non è bene prendere il pane dei fìgliuoli e gettarlo ai cani». Ed essa: «Dici bene, Signore, ma anche i canisi umiliò fino a questo punto! – mangiano delle briciole che cadono dalla mensa dei loro padroni». Allora Gesù le disse: «O donna, è grande la tua fede: ti sia fatto come desideri»27.

            Oh, quanto sono ricchi il povero, il peccatore, il bambino, il sacerdote quando possiedono la grande ricchezza, l'abito della preghiera, che tutti possiamo acquistare se lo vogliamo!

 

           




1 Jac. II, 5. Dio non ha forse scelto i poveri nel mondo per farli ricchi con la fede ed eredi del regno che ha promesso a quelli che lo amano?”.

2 I Cor. I, 27. Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono”(1Cor 1,27-28).

3 Jon. IV, 11. “Io non dovrei aver pietà di Ninive, quella grande città, nella quale sono più di centoventimila persone, che non sanno distinguere fra la mano destra e la sinistra?”.

4 Marc. X, 14. Lasciate che i bambini vengano a me”.

5 Jo. XVI, 20. “Voi piangerete e vi rattristerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete afflitti, ma la vostra afflizione si cambierà in gioia.

6 Rom. VIII, 31. “Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?”.

a Cose (cioè “sostanza”), non parole”.

7 Ex. VIII, 12-13. Mosè supplicò il Signore… Il Signore operò secondo la parola di Mosè” (Es 8,8-9).

8 Ex. XXII, 27. “Quando invocherà da me l’aiuto, io ascolterò il suo grido, perché io sono pietoso (Es 22,26)”.

9 Jud. X, 10-12. “Allora gridarono al Signore: Abbiamo peccato contro di te… Il Signore disse: Hai gridato a me, e ti ho liberato dalla loro mano.

10 I Reg. VII, 9. Samuele alzò grida al Signore per Israele e il Signore lo esaudì (1Sam 7,9)”.

11 Ps. III, 5. “Al Signore innalzo la mia voce, e mi risponde dal suo monte santo.

12 Ps. XVI, 6. “Io t’invoco, mio Dio perché mi hai ascoltato [Bibbia CEI: Io t’invoco, mio Dio: dammi risposta]; porgi l’orecchio, ascolta la mia voce.

13 Ps. XC, 15-16. “Mi invocherà e gli darò risposta; presso di lui sarò nella sventura, lo salverò e lo renderò glorioso. Lo sazierò di lunghi giorni e gli mostrerò la mia salvezza.

14 Matt. VII, 7.

15 Luc. XI, 10. “Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto.

16 Matth. XVIII, 19. “(Se due di voi sopra la terra) si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà”.

17 Marc. XI, 24. “Per questo vi dico: tutto quello che domandate nella preghiera, credete che lo riceverete [Bibbia CEI: abbiate fede di averlo ottenuto] e vi sarà accordato.

18 Giov. XVI, 23.

19 Ex. III, 7-8. “Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sorveglianti; conosco infatti le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dalla mano dell’Egitto e per farlo uscire da questo paese verso un paese bello e spazioso, verso un paese dove scorre latte e miele.

20 Ex. XVII, 9. Domani io starò ritto sulla cima del colle con in mano il bastone di Dio.

21 Gios. X, 12.

22 Ps. XIX, 8. “Chi si vanta dei carri e chi dei cavalli, noi (siamo forti) nel nome del Signore nostro Dio.

b “Sono arrivato, ho visto, Dio ha vinto!”.

23 Jos. X, 14. “Perché aveva ascoltato il Signore la voce d’un uomo.

24 Ps. CXLIV, 19. “(Dio) appaga il desiderio di quelli che lo temono.

25 Tertull., De orat. c. 29.

c “La preghiera, pur essendo unica, può tutto”.

d “Attraverso essa si ottiene l’esaudimento di ogni bene e la liberazione da ogni male”.

26 Matth. VIII, 13. “Come hai creduto ti avvenga.

27 Matth. XV, 26-28.




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