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Sac. Giacomo Alberione, Primo Maestro della Pia Società San Paolo
Oportet orare

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I. – La preghiera è necessaria di necessità di mezzo.

 

            Questo è chiaro dal semplice ragionamento. Vi sono tante grazie necessarie per la nostra eterna salute. Ora Dio, d'ordinario, non le concede se non a chi prega; dunque è necessario pregare. Perciò: o preghiamo, e ci salveremo; o non preghiamo, e ci perderemo. Né vale dire che faremo pregare, che vi sono anime da noi beneficate che pregano; no. Le preghiere degli altri possono aiutare, ma la sostanza del pregare è così individuale e personale quanto il respirare, il mangiare, ecc.; aiuti sì, parte sostanziale, d'ordinario, no.

            Vi sono molte grazie che Dio non concede se non a chi prega. Il Signore suole concedere le prime grazie per sola sua misericordia, per es., l'invito alla fede, il battesimo. Ma allorché si è già arrivati alla fede, ricevuto il battesimo, si sviluppa l'uso di ragione, diviene possibile la preghiera, il Signore subordina le grazie alla nostra domanda. Egli darà la grazia di pregare; se si corrisponde a questa grazia,



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darà la perseveranza nel bene, anzi la perfezione. La vita buona renderà più santa la preghiera e questa, ancora migliore la vita: così si camminerà sempre meglio, perfezionandosi vicendevolmente l'orazione e la vita nostra.

            I teologi insegnano che la preghiera, agli adulti, è necessaria non solo di necessità di precetto, ma anche di mezzo. Nella provvidenza ordinaria, un fedele, senza raccomandarsi a Dio, ed implorare le grazie necessarie alla salute, è impossibile che si salvi. S. Tommaso dice che dopo il battesimo è necessario che l'uomo continuamente preghi, affinché possa entrare in cielo: poiché, quantunque per mezzo del battesimo si rimettano i peccati, tuttavia rimane il fomite del peccato che ci fa guerra internamente, e il mondo e il demonio che ci guerreggiano esternamente. La ragione che ci fa certi della necessità che abbiamo della preghiera è questa: noi, per salvarci, dobbiamo combattere e vincere: «Nam qui certat in agone, non coronatur nisi legitime certaverit»2. Senza l'aiuto divino non possiamo resistere alle forze di tanti e tali nemici: or questo aiuto divino si concede solo per l'orazione. Dunque, senza orazione non vi è salute. Dunque occorre la preghiera. La grazia poi di pregare è di fede che l'hanno tutti.

 



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            Di conseguenza: se vogliamo perseverare, bisogna che preghiamo. A questo riguardo così parla il Concilio di Trento: «Si quis dixerit, justificatum, vel sine speciali auxilio Dei, in accepta justitia perseverare posse, vel cum eo non posse; anathema sit»3. La ragione è chiara: noi abbiamo assoluto bisogno di Dio: «Sine me nihil potestis facere»4. Dice Sant'Agostino, commentando queste parole: «Sive parum, sive multum, sine illo fieri non potest, sine quo nihil fieri potest»a.

            È necessario che noi prendiamo i mezzi che abbiamo, e i mezzi quali sono? I mezzi sono questi: i sacramenti, i sacramentali, l'orazione.

 

* * *

 

            Vi sono precetti che sono molto difficili ad osservarsi: il precetto del perdono dei nemici, il precetto «irascimini et nolite peccare»5, il precetto della castità. Per qualche tempo si può anche rimanere forti con la grazia che già abbiamo; ma a lungo andare, per tempo notevole, non si può sostenersi. Si ha un bel dire che vi sono nel mondo quelli che vivono onestamente e pregano poco; se preghino o non preghino, spesso, non lo si sa. Chissà che cosa



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facciano nel segreto della propria coscienza! Inoltre: chissà se pur mostrando all'esterno una vita regolare e regolata, nell'interno non vi siano desideri e disordini cattivi? Chi lo sa? Quanto poi ad osservare la castità, a perdonare i nemici in modo meritorio per la vita eterna, occorre assolutamente la grazia.

            Vi sono precetti che non si possono osservare senza la divina grazia. Questi precetti sono difficili, ma non impossibili. S. Agostino dice: «Deus impossibilia non jubet, sed jubendo monet et facere quod possis et petere quod non possis; et adjuvat ut possis»6. E il Concilio di Trento: «Si quis dixerit, Dei praecepta homini etiam justificato, et sub gratia constituto esse ad observandum impossibilia, anathema sit»7.

            La vita sacerdotale, la vita religiosa sono inconcepibili, più ancora che la vita cristiana, senza la preghiera. Perciò il religioso, il sacerdote adempiano prima i doveri di preghiera poi gli altri. Se non si prega o si prega scarsamente o si tramanda la preghiera all'ultimo posto, nel luogo meno adatto, nell'ultimo tempo, non si può vivere da buon religioso, da buon sacerdote; come non vivrebbe neppure



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da buon cristiano, colui che lasciasse quel tanto di preghiera che deve fare un buon cristiano.

            Abbiamo forse tanto da riflettere, tanto da meditare. Noi troviamo sempre scuse per la nostra condotta, e non andiamo alla vera causa; sovente non mettiamo il dito sulla piaga e non curiamo il male dove esiste. Medichiamo la mano, curiamo la testa, ma spesso è il cuore che dovremmo sanare; la circolazione del sangue forse non è buona, e quando la circolazione non è buona si sente male un po' dappertutto, nelle mani, nei piedi, alla schiena, alla testa.

            Quando il nostro cuore non è ben unito al Cuore di Gesù e non prega, non possiamo che sentir dei mali: «Religiosus, dice l'Imitazione di Cristo, negligens et tepidus... ex omni parte patitur angustiam, quia interiori consolatione caret et exteriorem quaerere prohibetur»b. Siamo noi che ci facciamo felici o infelici.

            Il giogo di Dio è soave, il peso di Gesù è lieve, quando lo si porta con la preghiera; ma il giogo è pesante, il peso è enorme, è superiore alle forze, quando lo si porta senza di essa. Dice un ottimo libro: Se si fosse fedele con Dio quanta più facilità, più tranquillità e più letizia si proverebbe! ma perché noi prima non pensiamo all'anima, ecco



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che da tutte le parti e in tutte le cose troviamo disinganni. Da una parte non si vorrebbe offendere Iddio, per non incontrare pene e agitazioni; ma dall'altra parte non si sente la forza di compiere il bene. Perciò si tira innanzi passando di pena in pena, di tentazione in tentazione, alternando forse opere buone a opere insufficienti, opere di zelo a peccati.

            Come chi vuole farsi l'idea di un libro, della tesi che tratta, per prima cosa guarda l'indice; così il Signore guarderà l'ultima ora del libro della nostra vita, che ne è d'ordinario il riassunto e lo specchio. Ma non solo l'ultima ora! E se il nostro libro fosse mal stampato nel primo sedicesimo, mal stampato nel secondo, mal stampato nel terzo, nel quarto, ecc., vi fossero sgorbi, ecc., che cosa avremmo? Sappiamo già come sono le prime pagine ed i primi quinterni del libro della nostra vita; possiamo rivederli in noi stessi. E fortunati noi che abbiamo ora il tempo di riparare convenientemente, per mezzo delle sante confessioni, e con una vera conversione.

            La preghiera è il grande ed indispensabile mezzo di emendazione e risurrezione come di perseveranza finale.

 



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2 II Tim. II, 5. “Anche nelle gare atletiche, non riceve la corona se non chi ha lottato secondo le regole.

3 Conc Trid., Sess. VI, Can. XXII. “Se qualcuno afferma che l’uomo giustificato può perseverare nella giustizia senza uno speciale aiuto di Dio, o non lo può nemmeno con esso: sia anatema.

4 Jo. XV, 5. “Senza di me non potete far nulla”.

aSia il poco sia il molto, non si può farlo comunque senza di lui, poiché senza di lui non si può fare nulla”.

5 Eph. IV, 26. “Nell’ira, non peccate.

6 De natura et gratia, cap. 43. Dio non comanda cose impossibili, ma nel comandare esorta a fare quanto si può fare e a chiedere ciò che non si può fare; e aiuta perché si possa fare”.

7 Conc. Trid., Sess. VI, Can. XVIII. “Se qualcuno dice  che anche per l’uomo giustificato e costituito in grazia i comandamenti sono impossibili da osservare: sia anatema.

b “Il religioso negligente e tiepido trova una tribolazione sull’altra perché gli manca la consolazione interiore, e quella esterna gli viene preclusa”.




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