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Sac. Giacomo Alberione, Primo Maestro della Pia Società San Paolo
Oportet orare

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II. – La preghiera è necessaria di necessità di precetto.

 

            Dio lo comanda. Abbiamo già detto come nella Sacra Scrittura si parli della preghiera ben più di quattrocento volte. Si può dire che il Signore, quasi in ogni pagina del suo Libro ritorni sull'argomento della preghiera. Ora la comanda: «Orate ut non intretis in tentationem»8; «Usque modo non petistis quidquam... petite et accipietis»9.

            Ora c'invita all'orazione: «Oportet semper orare et non deficere»10; «Sine intermissione orate»11.

            Ora ci suggerisce formole e preghiere. Qui bisognerebbe ricordare tutti i Salmi. Essi sono un gran libro di bellissime preghiere. Specialmente il «Padre nostro», le ottime preghiere di Mosè, di Daniele, di Salomone, di Giuditta.

            Ora vi sono esempi: Giobbe esclama: «Nudus egressus sum de utero matris meae, et nudus revertar illuc: Dominus dedit, Dominus abstulit: sicut Domino placuit, ita factum est: sit nomen Domini benedictum»12; e Tobia: «Justus es, Domine, et omnia judicia tua justa



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sunt, et omnes viae tuae, misericordia, et veritas... et judicium»13; e Neemia: «Domine Deus, omnium creator, terribilis et fortis, justus et misericors, qui solus es bonus rex..., solus justus et omnipotens et aeternus, qui liberas Israel de omni malo... accipe sacrificium... et custodi... et sanctifica»14.

            Ora sono notati castighi venuti per mancanza di preghiera. Cosicché se vi è qualche pagina della Scrittura che taccia della preghiera, molte e molte pagine ne sono addirittura piene.

            Che cosa concludere? Che il Signore vuole che si preghi. Quando ripete una cosa una, due, dieci, venti volte, non è chiara la sua volontà? Ebbene qui l'ha ripetuto quattrocento volte, sotto tutte le forme: con gli inviti, con le minacce, con le promesse, coi premi.

            Gesù Cristo ne ha fatto un comando, mostrando anche i pericoli a cui gli Apostoli si sarebbero esposti, lasciando la preghiera. E perché non vollero credere, la profezia del Signore si adempì; e l'umiliazione degli Apostoli fu grande.

            È precetto di Dio: «Oportet semper orare et non deficere». E che significa: non deficere? Non è già che noi dobbiamo star continuamente in ginocchio; ma significa che la



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preghiera vitale dev'essere continua, e che anche le altre preghiere non possono mai cessare. Occorre che preghiamo ai sette, ai dieci, ai quindici, ai venti anni; prima di essere religiosi e dopo che lo siamo; prima di esser sacerdoti e dopo che lo siamo; prima, per aver la volontà e la forza di fare il bene; poi, per adempiere ai gravissimi doveri che ogni giorno ci arreca: Nunquam deficere. Non dire: adesso son già perseverante nel bene! Persevera nella preghiera, se desideri che perseverino le grazie; nessun giorno, nessuna settimana, nessun mese, in nessun periodo della vita si può desistere dalla preghiera. Nunquam deficere: oggi, domani, sempre... Come in tutta la vita bisogna mangiare, per sostenere il corpo, poiché chi non mangia, non vive; così in tutta la vita bisogna pregare per sostenere l'anima. Non è necessario che si stia tutto il giorno a tavola, ma tutti i giorni bisogna andarvi; come non è necessario star tutto il giorno in orazione, ma tutti i giorni è necessario pregare; e pregare a sufficienza per nutrire la nostra anima, il nostro spirito.

            Chi è costante nella preghiera, riceve costantemente da Dio; e chi persevera fino alla fine, passerà bene i giorni tutti della sua vita e sarà salvo. È massima dei Dottori, espressa con parole più esplicite dal Dottore della preghiera



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S. Alfonso: Chi prega, si salva; chi non prega, si danna. Tutte le dannazioni sono causate da difetto d'orazione, come tutti i peccati, tutte le opere buone e tutti i Santi sono tali per la preghiera.

            S. Giovanni Grisostomo dice: «Come il corpo senza l'anima non può vivere, così l'anima senza orazione è morta, e manda sgradevole odore». E S. Agostino: «Senza cibo non può sostentarsi il corpo, e senza orazione non può conservarsi in vita l'anima».

            La preghiera si può paragonare alla respirazione. Come il corpo cessa di vivere senza l'aria, così cessa di vivere l'anima priva di orazione. Non è necessario essere profeti; dal modo con cui si prega, si è assidui, raccolti, si conosce lo spirito, si conosce il buon cristiano, il buon religioso, il buon sacerdote. Non è necessario vedere il cuore, né aver doni straordinari. I doni straordinari sono dati dal Signore quando sono necessari; ma qui abbiamo già l'avviso della Chiesa, dei Padri: se preghiamo abbiamo le grazie, e quindi viviamo bene! Sebbene si cada forse e ricada qualche volta, se si prega, si finirà col trionfare. Purché l'anima si ostini a pregare finirà col trionfare; ma ci vuole un'ostinazione che duri per tutta la vita: essere santamente ostinati.

            – Mi chiamano? – Sì.

 



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            – Ma prima devo pensare a me, diceva uno zelante sacerdote. Lasciatemi mangiare prima, poi verrò. Bisogna nutrirsi.

            La sentenza è tanto chiara: chi non prega, non ha le grazie per adempiere gli obblighi del suo stato; perciò chi non prega, si danna.

            Nella prefazione al libro «Del gran mezzo della Preghiera», S. Alfonso de’ Liguori ha scritto: «Io non ho questa possibilità, ma se potessi, vorrei di questo libretto stamparne molte copie, quanti sono i fedeli che vivono sulla terra, e dispensarlo ad ognuno, acciocché ognuno intendesse la necessità che abbiamo di pregare per salvarci».

            Quando avremo indotto un'anima a pregare, l'avremo messa sulla strada sicura della salute. Quando s'inducono e s'abituano i giovanetti a pregare, ancorché non chiamati a stato particolare, vivranno da buoni cristiani! e si salveranno. In quella famiglia, in quell'istituto, in quella parrocchia si prega: ecco, dunque, delle anime che si salvano!

            S. Alfonso aggiunge nella citata prefazione: «Quel che più mi affligge, vedo che i predicatori e confessori poco attendono a parlarne ai loro uditori e penitenti (della preghiera): e vedo che anche i libri spirituali, che oggidì corrono per le mani, neppure ne parlano abbastanza: quando che tutti i predicatori e



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confessori, e tutti i libri non dovrebbero insinuare altra cosa con maggior premura e calore, che questa del pregare. Ben essi inculcano tanti buoni mezzi alle anime per conservarsi in grazia di Dio: la fuga delle occasioni, la frequenza dei sacramenti, la resistenza alle tentazioni, il sentir la divina parola, il meditare le massime eterne, ed altri mezzi tutti (non si nega) utilissimi: ma a che servono, io dico, le prediche e tutti gli altri mezzi che dànno i maestri spirituali senza la preghiera, quando il Signore si è dichiarato che non vuol concedere le grazie se non a chi prega? «Chiedete ed otterrete».

            Quindi: anime che si sforzano, lottano, si umiliano, piangono e ritornano a cadere, e non camminano avanti. Siate espliciti e chiari, – dice egli nella guida del confessore, e lo ripete il Frassinetti – siate espliciti e chiari: Se vuoi salvarti, prega; se non preghi, non ritornare neppure a confessarti, io non ti guido. Se invece rispondi che ti obblighi e ti impegni a pregare e a pregare sempre, io ti guiderò e ti assicuro che potrai andare molto avanti nella perfezione, e salvarti. Non sprechiamo il tempo, né illudiamoci; in morte non ci gioverebbe che a tormentarci.

            E non l'abbiamo noi studiato mille volte? Non lo vediamo noi quasi tutti i giorni?



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Iddio il necessario a tutti, «in necessariis non deest, ma in superfluis non abundat»c. la grazia di pregare; come all'uomo le forze per lavorare. Ma data la forza di lavorare, il Signore non gli fa miracolosamente cadere il pane sulla tavola, dal cielo. Nello stesso modo, data la possibilità di pregare, il Signore non le grazie se non si prega; in superfluis non abundat. Allorché vi è la vita, si ha il potere di intendere, di sentire, di vegetare; e così quando si è in grazia di Dio, si ha il potere di riflettere e meditare sulle cose spirituali, il potere di recitare Rosari, di acquistare l'abito della preghiera, di eccitarsi a sentimenti soprannaturali, di far comunioni, raccomandarsi alla S. Madonna. Preghi, adunque, ed otterrà le virtù, i meriti, la santità.

            Noi dobbiamo partire da quello che è più essenziale. Vi sono dieci comandamenti da praticare, cinque precetti generali della Chiesa, i doveri del proprio stato, le virtù, tutta la morale cristiana, in sostanza. Questa è una scala magnifica, per cui si ascende alle più alte perfezioni. Tutto però parte dal primo comandamento che impone il dovere di pregare. Come nella parte negativa proibisce la superstizione, la vana osservanza, l'idolatria, ecc.; così nella parte positiva impone il culto a Dio, la divozione e la preghiera. Non si può



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certamente arrivare al secondo, al terzo, al quarto scalino senza passare per il primo. Il secondo e il terzo precetto sono inclusi nel primo. Il primo passo in questa via è la preghiera, il primo comando è la preghiera. Ed è impossibile arrivare al resto senza la preghiera. Un re può fare eseguire tante cose dai suoi sudditi, può farsi preparare il cibo e può disporre tutte le cose in maniera da condurre la vita più comoda; ognuno può farsi preparare la casa dai muratori, le scarpe dal calzolaio, i mobili dal falegname, gli abiti dal sarto, ecc.; ma il re, e ognuno per proprio conto, ha bisogno di pregare. Non basta che alcuno veda e osservi gli altri a mangiare, ma occorre che mangi egli stesso. E quando noi fossimo di quelli che servono a tavola, cioè sacerdoti che insegnano a pregare, e non pregassimo, che cosa sarebbe di noi? L'anima nostra morirebbe di fame, in tanta abbondanza; come la candela illumina e intanto si consuma. Facciamo il contrario: preghiamo e nutriamoci bene, e poi, nutriremo bene anche gli altri. Così da una parte avremo provveduto all'anima nostra e dall'altra provvedendo alle anime altrui aumentiamo i meriti nostri. Quanto zelo, che non è zelo! Lo zelo vero è prima per se stesso.

            La prima caratteristica dello zelo vero, dice il B. Cafasso, è lo zelare la salvezza e santificazione



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nostra. Questo è confermato dall'insegnamento di tutti i veri pastori di anime e specialmente dal loro agire.

            Curiamo di possedere noi amor di Dio più di quanto vogliamo ne abbiano gli altri. Se lo zelo incomincia dagli altri c'è subito da dubitare, se esso sia di buona lega, o no.

 

* * *

 

            Domandiamo perdono al Signore di avere usato questo gran mezzo di salvezza, ma forse non ancora come sarebbe stato necessario all’anima nostra. Ognuno di noi ha pregato, ognuno ha ricevuto i sacramenti, ognuno ha celebrato la Messa, ognuno ha fatto la meditazione, ognuno ha recitato il Breviario, le orazioni, i Rosarii; bisogna però che ci esaminiamo se lo abbiamo fatto sempre bene.

 

            Sia lodato Gesù Cristo.

 



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8 Matth. XXVI, 41. Pregate, per non cadere in tentazione.

9 Jo. XVI, 24. Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e otterrete.

10 Luc. XVIII, 1. “Bisogna pregare sempre, senza stancarsi.

11 I Thess. V, 17. Pregate incessantemente.

12 Job. I, 21. Nudo uscii dal seno di mia madre, e nudo vi ritornerò. Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore!”.

13 Tob. III, 2. “Tu sei giusto, Signore, e giuste sono tutte le tue opere. Ogni tua via è misericordia e verità. Tu sei il giudice.

14 2 Mach. I, 24-26. Signore Dio, creatore di tutto, tremendo e potente, giusto e misericordioso, tu solo re e buono,… tu solo giusto e onnipotente ed eterno, che salvi Israele da ogni male,…accetta il sacrificio,… custodisci (la tua porzione) e santificala.

c “Nelle cose necessarie non è carente; nelle cose superflue non abbonda”.




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