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Sac. Giacomo Alberione, Primo Maestro della Pia Società San Paolo Oportet orare IntraText CT - Lettura del testo |
c) Da parte nostra. Siamo sulla
terra, nel regno della misericordia e della grazia. Tutta l'azione della
redenzione e della santificazione è una grande, larghissima misericordia. Nel
regno della misericordia i sudditi sono i miseri: a questi è data. Nulla
abbiamo da noi: tanto avremo quanto riceveremo. Non è dunque da togliersi ogni
fiducia da noi per riporla unicamente in Dio? «Son disperato di me, spero
unicamente più in Dio», esclamava S. Filippo Neri. L'umile è un gran furbacchione, dunque. Poiché a lui Dio dà volentieri. Non è forse vero che molti poveri esagerano persino nel descrivere i loro mali e miserie, per ricevere più facilmente? Ci vuole poco a capire che Iddio è felicità somma, che è bene sommo e che tutti noi in tanto abbiamo di doni di natura e di grazia in quanto si ricevono da Dio. Tutte queste cose sono di senso naturale. Ma senza l'umiliazione non ci mettiamo nella posizione di ricevere: abbassiamoci e sarà possibile l'affluire dell'acqua; e più ci abbasseremo e più ne verrà.
Umiliamoci specialmente della nostra superbia che portiamo sino innanzi l'altare. Quale differenza tra anima e anima! Alcune hanno il lume e scoprono sé, altre non si conoscono. Tutto sta nel conoscersi o non conoscersi: cioè nell'essere sapienti od essere ciechi. Per misericordia, il Signore non ci lasci mancare la sua luce. Chi prega con gli occhi bassi, col capo umiliato, e picchiandosi il petto, otterrà: «Respexit in orationem humilium: et non sprevit precem eorum»28.
Tre umiliazioni si richiedono: una innanzi a Dio Padre, Creatore; una
seconda innanzi a
Dio Figlio, Riparatore; una terza innanzi a Dio Spirito Santo, Datore della grazia.
a) Una profonda persuasione che noi siamo creati, cioè, cavati dal nulla; che non vi è in noi, di nostro, neppure un capello del capo: «Quid autem habes quod non accepisti? Si autem accepisti, quid gloriaris quasi non acceperis?»29.
b) Una profonda persuasione di essere tanto peccatori e meritare i massimi castighi; stimandoci indegni del perdono, indegni della grazia. «Exi a me, quia homo peccator sum, Domine»30.
c) Una profonda persuasione della nostra ignoranza, debolezza nel bene, incapacità a pregare, assoluta impotenza a meritare qualcosa per il cielo. «Come il tralcio non può far alcun frutto, se non è attaccato alla vite, così nemmeno voi se non rimanete in me»31, dice Gesù.
L'umiliazione però è grazia, anzi grazia che costituisce il fondamento negativo. Occorre chiederla tutta la vita: e l'edificio della santificazione si innalzerà tanto, quanto sarà solido questo fondamento.
Né può bastare un'umiliazione interna: occorre anche che sia esterna. Si devono umiliare non solo i grandi peccatori, i semplici contadini, i fanciulletti; tutti devono umiliarsi! E vi è veramente pericolo che il ricco, il sapiente, il forte tornino a casa, dal tempio, a mani vuote. Stare inginocchiati, confessarci a vista di popolo, temere sempre per noi: «Beatus homo, qui semper est pavidus»32: il maestro, il confessore, il celebrante pensino che forse innanzi a Dio sono dappiù il discepolo, il penitente, l’umile fedele. Gli Apostoli ebbero infatti una lezione molto istruttiva quando Gesù mise loro innanzi a modello un semplice fanciulletto: «Quicumque ergo humiliaverit se sicut parvus iste, hic est major in regno coelorum»33.
Ricordiamo l'esempio di Salomone: «Ed ecco apparirgli Dio e dire a lui:
Chiedi ciò che desideri da me. Salomone disse a Dio: Tu facesti grandi
misericordie a David, mio padre, e mi hai stabilito re in suo luogo. Or dunque,
o Signore Dio, sia compita la parola che hai promessa a David, mio padre, e
giacché m'hai fatto re sopra il tuo gran popolo, innumerabile come la polvere
della terra, dammi la sapienza e l'intelligenza, affinché entri ed esca
davanti al tuo popolo. Chi può infatti giudicare degnamente questo popolo che è così grande? Dio disse a Salomone: Giacché hai avuto soprattutto a cuore questo, e non hai domandato né ricchezze, né beni, né gloria, né la vita di quei che ti odiano, e neppure una lunga vita; ma hai chiesto la sapienza e la scienza per poter giudicare il mio popolo, sul quale ti ho costituito re, la sapienza e la scienza ti son concesse; di ricchezze, di beni, di gloria te ne darò in modo che nessuno, né prima né dopo di te, ti sarà simile»34.