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Sac. Giacomo Alberione, Primo Maestro della Pia Società San Paolo Oportet orare IntraText CT - Lettura del testo |
c) In noi.
c) In noi. Una delle due eternità
mi attende: quella che io scelgo, sarà la mia. Ho messo innanzi a te la vita e
la morte; scegli adunque la vita. Ma è necessario che faccia presto, perché gli
anni passano e l'eternità s'avvicina. Se oso fare il conto degli anni che mi
restano, quanto posso ripromettermi di vita? Dieci, venti, trenta, cinquanta,
cent'anni? E che cosa sono di fronte all'eternità? «Quoniam mille
anni ante oculos tuos, tanquam dies hesterna quae praeteriit»11. Sono morti i nostri antenati, i nostri
nonni, forse i nostri genitori e fratelli... e quanti giornalmente passano
all'eternità ancora in buona età! Se volessimo tener conto degli avvisi di Dio,
l’esperienza non ci parlerebbe con molta chiarezza ed eloquenza? Gli avvisi di
Gesù sono: «Estote parati: quia qua hora non putatis,
Filius hominis veniet»12; «Vigilate
ergo, quia nescitis qua hora Dominus vester venturus sit»13; «Vigilate itaque, quia nescitis diem, neque horam»14; e verrà come
un ladro di notte, quando meno l'aspetteremo: «Diligenter scitis, quia dies Domini, sicut fur in nocte, ita veniet»15.
Quando il ricco stolto del Vangelo aveva potuto riempire i suoi granai, raccogliere molto bestiame nelle sue stalle, molto denaro nel suo scrigno, disse: «O anima, tu hai messo da parte i beni per molti anni; riposati, mangia e bevi e godi»16. Ma nella notte, mentre egli si beava di questi suoi beni e godeva della sua salute prospera, fu scosso da un sogno terribile: vide un'ombra e da quell’ombra sentì una voce: «Stolto, questa notte stessa ti si chiederà l'anima tua»17.
Il ricco epulone vestiva bisso e porpora e pranzava lautamente; abitava un
ricco palazzo fornito di tutte le comodità, era servito e corteggiato da tanti
servi. Lazzaro, mendico, stava alla porta tutto coperto di infermità e di
dolori, sospirando di mangiare almeno le bricciole che cadevano dalla mensa del
ricco, ma nessuno gliene dava. Morì il ricco e fu sepolto nell'inferno; morì
Lazzaro e gli Angeli lo presero e lo portarono nel seno di Abramo. Ed ecco il
ricco che dal profondo dell'inferno, in mezzo al fuoco dei suoi tormenti, grida:
«Pater Abraham..., mitte Lazarum ut intingat extremum digiti sui in aquam, ut refrigeret linguam meam, quia crucior in hac flamma18. Vi è un abisso fra l'inferno e il cielo. Niuno dei dannati può ascendere e nessuno dei salvi può discendere.
Quale eternità vogliamo noi? quale ci attende? quella del ricco Epulone o quella di Lazzaro? La nostra vita ci dà la risposta; più che indagare e pretendere di indovinare il futuro che Dio riserva a sé, esaminiamo il passato: esso ci risponde.
Non possiamo vantarci di aver fatto buoni gli altri, come non possiamo temere se gli altri non si son fatti buoni. Ognuno si salva o si perde per sé: «Perditio tua, Israel»19, la tua rovina (dipende da te), o Israele.