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Giacomo Alberione, SSP Sacerdote, ecco la tua meditazione IntraText CT - Lettura del testo |
[64] 3. Pena del corpo. - È la pena del senso: «Ciascuno è punito per mezzo di quelle cose con cui ha peccato»
(Sp 11,17); giustamente perciò anche il corpo è tormentato dalla pena. Peccando, l’uomo indebitamente si rivolge alle creature, e perciò è da queste tormentato. Di qui la pena proporzionata che affligge la vista, l’udito, il gusto, l’odorato ed il tatto. «Temete piuttosto colui che può far perdere anima e corpo nella Geenna» (Mt 10,28). I dannati «saranno gettati nelle tenebre esteriori, ove sarà pianto e stridor di denti» (Mt 8,12).
Tra le pene corporali deve essere ricordato specialmente il fuoco: «Nella Geenna, nel fuoco inestinguibile” (Mc 9,43); «E li getteranno nella fornace ardente” (Mt 13,42); «nella fornace del fuoco» (Mt 13,50); «nello stagno di fuoco e di zolfo» (Ap 20,9); «nel fuoco eterno” (Mt 25,41). «Spasimo dal dolore in questa fiamma” (Lc 16,24). «Chi di voi potrà stare col fuoco divoratore? Chi di voi potrà stare nelle fiamme eterne?» (Is 33,14).
«O Signore, qui brucia, qui taglia, qui non risparmiarmi; purché non abbia a castigarmi eternamente” (S. Agostino).
Considero la necessità di una vera e stabile conversione. Gravissima è la sentenza di S. Giovanni Crisostomo: «Se pecchi quando sei ancora uomo privato puoi essere perdonato; se hai peccato da Sacerdote, sei già un uomo perito» (Hom. 41 in Matth.). Rifletta ognuno a quello che, purtroppo, l’esperienza insegna e dimostra ossia che: quando un Sacerdote è caduto nell’impudicizia: a) difficilmente riconosce di aver peccato gravemente; b) di rado si pente sinceramente dei peccati che ha commessi; c) anche se si pente, raramente se ne confessa; d) se si confessa, raramente questa confessione viene fatta presso un valente e virtuoso confessore, e più raramente ancora la confessione viene fatta con la semplicità e l’integrità richieste; e) anche se la confessione è integra, raramente è accompagnata da un vero proposito; f) se vi è il proposito, raramente si tolgono efficacemente le occasioni di peccare; g) non togliendo l’occasione non segue l’emendazione. Che cosa vi è dunque da stupirsi, se S. Giovanni Crisostomo è così perentorio nella sua sentenza?