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Giacomo Alberione, SSP
Sacerdote, ecco la tua meditazione

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II. MEDITAZIONE

 

1. La sollecitudine.

       [141]  1. La sollecitudine. – «E susciterò per essi dei pastori che li pasceranno» (Gr 23,4). «Io mi susciterò invece un sacerdote fedele, che farà secondo i miei disegni e i miei desiderii, ed io gli formerò una casata duratura, e così egli terrà il ministero presso di me, qual mio Unto, per tutti i tempi» (1Sm 2,35).

       Il buon pastore conosce le pecore, le guida, sta con esse.

 

       [142]  Il buon pastore conosce le pecore: «Conosco le mie, e le mie conoscono me» (Gv 10,14). Il buon pastore conosce le pecore non tanto per nome, quanto piuttosto nei costumi, nelle aspirazioni, nei doveri, nella pietà... Il pastore sperimentato ed attento conosce facilmente quello che le pecore hanno nel cuore e nell’animo; conosce le loro necessità spirituali, ed i pericoli cui la loro vita spirituale è esposta. Le pecore poi conoscono il pastore, se sono veramente pecore sue; odono la sua voce:



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a volte è voce che ammonisce, che incita, che insegna, che sgrida; altre volte è voce che supplica, che riprende: «le sentinelle, giammai, né di giorno né di notte taceranno” (Is 62,6). Sempre questa voce ricorda quello che è di Dio: i suoi diritti, le sue verità, i suoi benefici, le sue minacce e le sue promesse. Questa voce sempre ricorda al popolo i suoi doveri, lo invita alla vita eterna, ed insiste «a tempo e fuori tempo» (2Tm 4,2). Questa stessa voce ogni giorno si pone a colloquio con Dio e gli raccomanda il gregge.

       Il buon pastore ogni giorno osserva, non si lascia sfuggire nessuna occasione, studia le attitudini ed i caratteri; tiene in ordine ed aggiornato il libro dello stato d’anime; conosce a nome tutti i parrocchiani, come un padre ed una madre conoscono i loro figli. Infatti «sono io che vi ho generati in Cristo Gesù per mezzo del Vangelo» (1Cr 4,15); «o figliuoli miei, per i quali io di nuovo soffro i dolori del parto» (Gt 4,19).

 




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