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Giacomo Alberione, SSP
Sacerdote, ecco la tua meditazione

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2. La mansuetudine.

       [168]  2. La mansuetudine. – Come apparve tra gli uomini la benignità di Gesù, così nell’eucaristia continua a rimanere. San Tommaso compose questa antifona: «O quanto soave è, o Signore, il tuo spirito che, per mostrare la tua dolcezza ai figli tuoi...». Chi potrà narrare il silenzio dell’Agnello eucaristico tra gli uomini indifferenti, ostili o bestemmiatori? Possibile che il Sacerdote, il quale ogni giorno supplica il Signore: Donaci la Pace!, sia poi tanto iracondo? tanto bramoso di vendicarsi? Non si accorge che scandalo con le sue frequenti intolleranze, e reca stupore? La predicazione stessa diventa inefficace. Egli suscita soltanto timore e non confidenza. Gli avversari lo deridono, i bambini lo fuggono, i penitenti tacciono o si allontanano, ed il fonte della carità si inaridisce!



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       «Beati i miti, perché erediteranno la terra!» (Mt 5,5). Qui si parla della virtù della mansuetudine, non già di quella bonomia che procede da naturale indifferenza o da ignoranza. «Adiratevi pure, ma non vogliate peccare» (Sl 4,5 Vg); e tale precetto Gesù lo ha adempiuto quando scacciò i profanatori dal tempio. Anche quando ci bolle il sangue, procediamo con tutta pazienza e prudenza. Questa mansuetudine conquide le anime: «Figlio mio, fa’ le tue cose con mansuetudine ed oltre la gloria avrai l’amore degli uomini» (El 3,19).

 




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