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Giacomo Alberione, SSP
Sacerdote, ecco la tua meditazione

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2. La speranza riguarda in primo luogo la beatitudine eterna.

       [273]  2. La speranza riguarda in primo luogo la beatitudine eterna, nella quale si possederà lo stesso Dio: «Io sono tuo scudo; la tua ricompensa è grande assai” (Gn 15,1). In secondo luogo, la speranza riguarda le grazie divine e le opere nostre buone da compiersi con l’aiuto di Dio. Farò mie le parole di Giobbe: «Io lo so: il mio Vindice è pur vivo e ultimo si ergerà sulla polvere. E dopo che della mia pelle sarà circondata questa spoglia, dalla mia carne vedrò Dio; io lo vedrò, io stesso” (Gb 19,25-27); e le parole di S. Paolo: «Poiché la grazia di Dio si è manifestata fonte di salvezza per tutti gli uomini, e ci ha insegnato a rinnegare l’empietà e le mondane cupidigie, e a vivere in questo mondo con temperanza, con giustizia e pietà, aspettando la beata speranza e la manifestazione gloriosa del nostro grande Iddio e Salvatore Gesù Cristo» (Tt 2,11-13).

 

       [274]  La speranza è virtù teologale; è virtù soprannaturale, e dista dalla speranza naturale come una particola consacrata da una non consacrata 1. Tuttavia, come l’ostia, dopo la consacrazione, conserva le apparenze ossia gli accidenti [di prima], così è della speranza soprannaturale in relazione a quella naturale. La speranza soprannaturale verte non soltanto sul bene ma sul Sommo Bene; la speranza soprannaturale riguarda il fine ultimo, ossia la visione, il possesso ed il godimento di Dio nella vita futura.

       La speranza soprannaturale è dono di Dio: «Vengono disposti [gli uomini] alla stessa giustizia, mentre mossi ed aiutati dalla grazia divina... sono liberamente orientati a Dio,... vengono rinfrancati nella speranza, confidando che Dio sarà loro propizio, per Cristo...» (Conc. Trid., s. 6, c. 6. - Denzinger n. 798). La speranza conferisce

 



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una forza soprannaturale: «Il regno dei cieli si acquista colla forza e sono i violenti che se ne impadroniscono” (Mt 11,12); «Tutto io posso in colui che mi forza» (Fl 4,13).

 




1 Paragone improprio (n. d. T.).




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