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Giacomo Alberione, SSP Sacerdote, ecco la tua meditazione IntraText CT - Lettura del testo |
26.
I. MEDITAZIONE
1. Vi è una virtù naturale della penitenza ed una virtù soprannaturale.
[361] 1. Vi è una virtù naturale della penitenza ed una virtù soprannaturale.
La virtù naturale è quella disposizione dell’anima tendente a distruggere le cattive abitudini e ad elevare la vita. La penitenza, quasi «essere tenuto dalla pena», è una tristezza per il male che è nell’anima. Questo male spesso può essere rimosso, ed il rimedio dipende dalla nostra volontà. Dal male la mente umana naturalmente passa alla considerazione del bene opposto, ancorché appaia circondato da difficoltà, allora sorge facilmente nell’animo la speranza dell’emendazione. Sovente la volontà umana, sorretta dall’audacia, si propone di superare tutte le difficoltà, per essere liberata dal male presente e per poter conseguire il bene. Questa penitenza naturale suppone ed include tre atti: tristezza cioè del male presente, odio e vendetta contro le cause di questo male, speranza ed audacia di liberarsi da tale male.
[362] La penitenza come virtù soprannaturale è definita: virtù tendente alla distruzione del peccato, in quanto è offesa di Dio, mediante il dolore e la riparazione. L’ordine naturale è il fondamento dell’ordine soprannaturale,
ed ancorché la virtù soprannaturale formalmente si distingua dalla naturale, tuttavia, materialmente richiede i medesimi atti dell’animo. Questa virtù venne raccomandata da Cristo Signore all’inizio della sua predicazione: «Diceva egli: Fate penitenza, perché il regno dei cieli è già vicino» (Mt 3,2); ed altrove viene detto: «Se voi non fate penitenza, perirete tutti nello stesso modo» (Lc 13,5).
La penitenza è virtù soprannaturale, ossia è un dono di Dio, perché, insegna il Tridentino, l’uomo senza la grazia di Dio non può pentirsi come deve (cf Sess. 6, canoni della giustificazione, can. 3). La penitenza è virtù che tende alla distruzione del peccato, sia mortale che veniale. Il peccato viene distrutto in quanto è offesa di Dio, perché la penitenza è la riparazione del diritto leso della divina maestà; perciò non rettamente si pente chi si addolora del suo peccato senza considerazione all’offesa arrecata a Dio. La distruzione del peccato si ottiene mediante il dolore e la soddisfazione, che ci ridanno la pace con Dio. Il dolore del peccato, unito al proposito di riparare e di non più peccare in avvenire, costituisce l’essenza stessa della penitenza: «O prevaricatori, tornate in voi» (Is 46,8). Non basta il semplice proposito di vivere meglio.