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Giacomo Alberione, SSP
Sacerdote, ecco la tua meditazione

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II. MEDITAZIONE

 

1. Rimane assioma di Dio altissimo.

       [365]  1. Rimane assioma di Dio altissimo che: «Il saggio è cauto e schiva il male; lo stolto trascorre e fa a fidanza” (Pv 14,16). Chi riesce a comprendere la malizia del



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peccato? Il peccato è un mistero di iniquità. Ricordiamo le parole di S. Giovanni Crisostomo: «Una cosa sola è terribile; una cosa sola è orribile: questa cosa è il peccato!».

       La sacra Scrittura ce lo insegna. La storia del primo uomo peccatore ce lo dimostra. Buonarroti, il sommo artista, ha reso con i colori, sulle pareti della cappella Sistina, l’effetto del peccato. Appena Adamo ed Eva violarono, nel paradiso terrestre, il comando di Dio, peccando gravemente, si accorsero «di essere nudi» (Gn 3,7); «Ho avuto paura, perché sono nudo!» (Gn 3,10). Erano nudi perché privati dell’amore di Dio e della pace con Dio; erano nudi perché spogli della grazia santificante, che è il tesoro dell’anima; erano nudi di quei meriti che sono il pegno della vita eterna; erano nudi perché privati della bellezza dell’anima, che è l’immagine di Dio; erano nudi di ogni bene soprannaturale da Dio loro prima generosamente dato. Ecco un’efficace immagine del peccato!

 

       [366]  In Isaia Dio dice: «Tu m’hai affaticato con i tuoi peccati, mi hai dato pena colle tue iniquità» (Is 43,24). Nell’atto del peccato, si costringe, per modo di dire, Dio stesso ad essere presente con il suo concorso divino, dando egli le forze al corpo e all’anima che concorrono al peccato. Eli, sommo sacerdote degli ebrei, aveva novantotto anni quando Israele fu sconfitto in battaglia dai Filistei. Il vecchio stava seduto in attesa del messaggero che gli recasse notizie sull’andamento della battaglia. Il nunzio gli disse che Israele era stato sconfitto, ed Eli abbassò la testa. Poi il nunzio aggiunse che i suoi due figli Ofni e Finees erano morti in guerra, ed egli abbassò ancor più il capo. Infine gli annunziò che anche l’arca di Dio era stata conquistata dai nemici: il vecchio cadde dalla sedia all’indietro e, rottosi il collo, morì (cf lSm, c. 4).

 

       [367]  Il peccato è la vittoria del diavolo sull’anima; è la privazione dei meriti e del potere di meritare; è la morte dell’anima. Nel Vangelo di S. Giovanni, al capo 15, troviamo



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un’altra immagine del peccato: il Signore dice di essere lui la vite e noi i tralci: «Chi rimane in me ed io in lui, questi porta molto frutto... Se uno non rimane in me, è gettato via, come il sarmento, e si secca, poi vien raccolto e gettato nel fuoco a bruciare» (Gv 15,5 s.). È fatale perciò venire separati da Cristo che è la vite: si secca e si va a finire nell’inferno; secca colui che commette peccato grave. S. Paolo parlando agli Ebrei dei peccatori dice: «Di nuovo, quant’è da loro, crocifiggono ed espongono al ludibrio il Figlio di Dio» (Eb 6,6).

 




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