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Giacomo Alberione, SSP
Sacerdote, ecco la tua meditazione

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2. Secondo i teologi, la mansuetudine ha tre atti.

       [382]  2. Secondo i teologi, la mansuetudine ha tre atti: a) Frena l’ira ed il desiderio della vendetta, affinché si diano i dovuti castighi, senza alcuna commozione interna od esterna. È proprio dell’uomo sapiente, dell’uomo prudente, dell’uomo sempre uguale a se stesso frenare l’ira. Perdonare chi ci è debitore è conforme alla dottrina evangelica: «Perdonate e sarete perdonati» (Lc 6,37). La correzione dei figli e dei sudditi deve essere fatta con animo sereno, con fortezza e soavità.

       b) Rende soave nel discorso e negli atti, ed in nulla molesto agli altri. Penserò dunque se nel mio modo di parlare vi è qualche cosa che appaia troppo dura; e se parlo in modo che tutti facilmente e volentieri possano conversare con me. O se piuttosto gli altri evitino la mia compagnia, perché mi rendo molesto a quelli che mi ascoltano o che mi vedono: sia a causa della mia grossolanità, del ridere sciocco; sia a causa dei frequenti sospiri e gemiti; sia a causa delle mie lamentele e contraddizioni; sia a causa della mia musoneria.



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       c) Sopporta pazientemente i mali ricevuti dagli altri, né, anche potendolo, usa della giusta difesa. Vi sono quelli che rendono male per male; anzi vi sono quelli che rendono male per bene; e specialmente per cattivo animo muovono liti e persecuzioni contro i miti, i buoni, i religiosi, i Sacerdoti; vi sono quelli che diventano peggiori dopo aver ricevuto dei favori. Penserò dunque: se qualche volta, o spesso, durante la mia vita, ho taciuto, pur essendo maltrattato, facendo uso del silenzio vittorioso sull’esempio di Gesù, il quale tacque di fronte al giudice, fino a riempire di ammirazione il preside. Oppure se sono solito rispondere con animo agitato, iracondo, impaziente, a coloro che mi hanno svillaneggiato, o anche a coloro che mi hanno giustamente rimproverato.

       Quando sono danneggiato non danneggio? Quando sono offeso con parole non offendo?

 




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