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Giacomo Alberione, SSP
Apostolato dell’edizione

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Gli scritti dell’apostolo devono essere «Vita»

Leggendo le divine Scritture, i Padri e i Dottori della Chiesa ottenevano lumi e mozioni per la propria e l’altrui santificazione. Per la lettura della Bibbia Sant’Antonio Abate, Sant’Agostino, San Benedetto, San Francesco d’Assisi, Sant’Ignazio... hanno mutato vita ed hanno asceso il monte della perfezione. I santi e gli uomini tutti nella lettura del Libro di Dio trovarono luce e forza spirituale. Ciò perché la Bibbia contiene una forza divina che le è data da Dio, suo Autore principale,


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nonché dalla santità del suo contenuto, dal fine per cui essa fu scritta e dall’intercessione della Chiesa che la custodisce.

Ma anche gli scritti dell’apostolo della stampa, in quanto sono un’estensione dell’opera divina, devono impressionare e santificare gli animi. Diversamente l’apostolo della stampa non raggiungerebbe il suo scopo.

Ma come può l’opera dell’uomo giungere a tanto?

Valga un paragone. I Sacramenti, i Sacramentali e la preghiera hanno virtù in quanto originano dal Calvario e quanto più essi attingono a questa divina sorgente, tanto più hanno efficacia.

Per l’apostolato della stampa, i libri, i periodici, le stampe tutte, acquistano efficacia in virtù della Bibbia, della predicazione di Gesù Cristo e del Vangelo. Ed esse hanno tanto più efficacia quanto più attingono, si accostano, dipendono, riproducono, zelano, applicano la Bibbia e in particolare il Vangelo.

L’apostolo otterrà questo, se da parte sua, oltre la lettura e la meditazione quotidiana della Bibbia, saprà ancora tenere rispetto a Dio la posizione che tennero gli agiografi. Questi non contavano sulle proprie forze, ma su Dio; non miravano a fini secondari ma a Dio, alla sua gloria e al bene spirituale degli uomini.


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Spirito di preghiera e retta intenzione: ecco le condizioni necessarie alla divina grazia, condizioni che faranno stabilire all’apostolo il suo programma: «Io conto su Dio; io miro a Dio». Programma secondo la giustizia, la verità e l’ordine perché proclama il riconoscimento di chi è Dio e chi è l’uomo.

Filosofia e teologia, ascetica ed esperienza, la Chiesa ed i concili, si accordano nel proclamare questo principio.

La preghiera dunque preceda, accompagni e segua l’apostolato. L’apostolo faccia propria la preghiera di Gesù: «ut cognoscant te et quem misisti Jesum Christum» 4 e parteciperà così all’efficacia eternamente salvatrice della medesima.

La retta intenzione sia il movente che determina a scrivere e guidi a stampare e a diffondere. Ma non basta ancora. L’apostolo deve unire qualcosa di suo: lo zelo amoroso.

Il motivo da cui fu mosso Dio a dare il dono ineffabile della sacra Scrittura agli uomini è stato l’amore: «Deus qui amas animas».5 Lo stesso amore deve spingere l’apostolo a scrivere: «Amor mi mosse che mi fa parlare». Amor di Dio che fa lui centro del suo essere: del suo intelletto con voli frequenti a lui, della sua volontà con la sottomissione ai suoi desideri, della


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sua sensibilità in modo da non trattenere in cuore affetti che non siano Dio e le anime. Amore verso il prossimo che lo porti all’immolazione di sé, fino a poter dire alle anime affidategli con l’Apostolo: «Io volentierissimo darò e sopraddarò me stesso per le anime vostre, quand’anche più singolarmente amandovi, dovessi essere da voi meno amato».6

Ripieno dunque d’amore, fornito di retta intenzione, fortificato dalla preghiera, imbevuto del Libro santo, l’apostolo potrà risalire la cattedra redazionale con la fiducia che i suoi scritti, come il Libro santo, possano riuscire di luce, guida e sostegno alle anime, ossia essere per loro via, verità e vita.

 




4  Cf. Gv 17,3. * «Che conoscano te... e colui che hai mandato, Gesù Cristo».



5  * Cf. Sap 11,26: «Tu risparmi tutte le cose, perché tutte son tue, Signore, amante della vita».



6  2Cor 12,15.




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