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Giacomo Alberione, SSP Sacerdote, ecco la tua meditazione IntraText CT - Lettura del testo |
39.
L’EUCARISTIA IN QUANTO È SACRAMENTO
I. MEDITAZIONE
1. L’eucaristia è un sacramento della nuova Legge.
[516] 1. L’eucaristia è un sacramento della nuova Legge, nel quale, sotto le specie del pane e del vino, si contiene veramente, realmente e sostanzialmente il corpo, il sangue, l’anima e la divinità di Cristo, per il sostentamento spirituale dell’anima nostra. Negli altri sacramenti si agisce per modo transeunte; il battesimo, per esempio, si dà con l’abluzione dell’acqua unita alla pronunzia delle parole della forma; con queste due cose il sacramento viene costituito, mandato ad effetto ed applicato al soggetto, in un solo tempo. Il sacramento della eucaristia invece consta di tre momenti: nel primo momento viene costituito lo stesso sacramento, nel secondo si ha il sacramento fatto, nel terzo il sacramento viene applicato al soggetto.
Mediante la consacrazione si ha la transostanziazione, e di conseguenza la reale presenza di Cristo sotto le specie. Questa presenza continua anche dopo la Messa, fino a che le specie non vengano corrotte. Si riceve questo sacramento quando i fedeli sumono la sacra particola. Ciò dipende dalla natura speciale di questo sacramento, che fu istituito a modo di cibo, affinché per esso venisse sostentata la vita degli uomini. La lucerna
infatti serve a dirigere i nostri passi nella via della salvezza; il cibo invece ripara ed aumenta le forze: «Correrò per la via dei tuoi comandamenti quando m’avrai allargato il cuore» (Sl 118,32). Nel libro Della Imitazione di Cristo, in un capitolo intitolato: «Che il corpo di Cristo e la sacra Scrittura sono cose in sommo grado necessarie all’anima fedele», si legge: «Sì, finché mi trovo ristretto nella prigione di questo corpo, confesso di aver bisogno di due cose, cioè di cibo e di lume; pertanto avendo voi, o Signore, riguardo alla mia debolezza, mi avete dato la vostra sacra carne per ristoro dell’anima e del corpo; e mi avete lasciato la vostra parola per servirmi di lampada, ond’io vegga la strada che debbo calcare» (lib. 4, cap. 11, n. 4).