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Giacomo Alberione, SSP San Paolo - Bollettino SSP IntraText CT - Lettura del testo |
1) Sono due vocazioni distinte, ma intimamente ed inseparabilmente unite. Quale è il motivo per cui uno ebbe l'una e non l'altra? È disposizione
di sapienza e di amore da parte di Dio. Chi vorrebbe chiedere ragione al Signore? La Congregazione è come il corpo: il cervello ha il suo ufficio, il cuore il suo ufficio: ed entrambi sono essenziali per la vita dell'uomo.
Il Signore, avendo voluta la nostra Congregazione, vi ha disposto e preparato le persone, le grazie, i mezzi, il fine. Perciò a noi spetta solo di conoscere ed aiutare la vocazione; non di crearla.
Vi può essere l'errore o la pretesa di entrare in una condizione di vita che non è quella voluta da Dio? Ognuno degli aspiranti deve avere un doppio giudizio favorevole per rendersi moralmente sicuro di prendere la sua via: quello del Confessore e quello del Superiore.
A questo proposito giova riportare quanto fu scritto nel «San Paolo» 1950 (Giugno-Luglio- Agosto):
«Che cosa distingue la vocazione del Discepolo dal Sacerdote?
Non è la salute, l'ingegno, il superiore... Ma l'inclinazione insieme alle attitudini: è la vocazione in una parola.
Vi è chi desidera soprattutto scrivere, predicare, confessare dirigere le anime, amministrare i Sacramenti ecc.: ecco dei segni di vocazione al sacerdozio.
Vi è chi ama le macchine, il lavoro tecnico, la propaganda ecc.: ecco dei segni di vocazione allo stato del Discepolo.
Nella Pia Società S. Paolo occorrono Discepoli intelligenti ed anche intelligentissimi. Siano di buona salute, socievoli, docili per la particolare vita religiosa e per il loro specifico apostolato.
È chiaro che per arrivare al sacerdozio occorrono buone promozioni negli studi; e che vi sono tra i Discepoli mansioni in cui basta l'intelligenza per quel determinato ufficio. «Et ex corde diligamus nos sincero».
* * *
Formare un Sacerdote è cosa relativamente facile; lavoro che da secoli nei seminari, e da 1900 anni in tutta la Chiesa si sta compiendo.
Formare il religioso-sacerdote è già meno facile: ma è cosa che da molti secoli si compie nella Chiesa, in tanti Ordini e Congregazioni religiose.
Formare il religioso-sacerdote scrittore è più
difficile: perché il ministero della penna, delle sceneggiature sacre, della parola alla radio ecc. richiede particolari attitudini, disposizioni e virtù: diverse e superiori rispetto alla comune predicazione con la parola orale.
Formare invece il religioso-laico che possa congiungere al lavoro di santificazione quello dell'apostolato è doppia difficoltà; poiché troviamo più facilmente chi fa solo l'una o l'altra cosa.
Ma formare il religioso-discepolo che: a) oltre la vita contemplativa e di riparazione per i peccati commessi con i mezzi moderni di iniquità e perversione; b) attenda ad un apostolato nuovo nella Chiesa ed in cui sono, coll'immenso bene, preparate innumerevoli lusinghe del male e di deviazioni; c) e vi attenda in una così associata ed intima ed indivisibile collaborazione col Sacerdote scrittore ed insieme in dipendenza da lui: lietamente, serenamente, progressivamente... tutto ciò è superlativamente difficile. Difficile anche perché bisogna conoscere i tempi, le produzioni ecc.
Perciò ai sacerdoti che attendono alla formazione e progressiva vita paolina nei discepoli, la Congregazione nostra riserva una doppia stima e doppia riconoscenza. Più facile esporre una tesi di teologia a modo di predica a persone colte che fare a gente semplice una meditazione che illumini, riscaldi, trasformi, converta, attiri a Dio.
Occorrono qui doti intellettuali particolari, grazie di comprendere, disposizioni di farsi tutto a tutti, cuore largo e grande, speciale esemplarità di vita, umiltà sincera, spirito di sacrificio, entusiasmo santo e costante, rispetto soprannaturale verso i discepoli, una pietà anche più viva, letizia e serenità continua, capacità a suscitare energie ed utilizzare le doti di ciascuno per la ricerca, la formazione, la perseveranza e il progresso nell'apostolato.
Amore, amore, amore! che per il Discepolo supplisca in parte a quelle consolazioni che il Sacerdote ha dalla Messa. Amore umano, cristiano, religioso: per santificare, persuadere, precedere, sostenere.
2) Fine primo dell'Istituto è di associarsi, congregarsi, unirsi per tendere alla perfezione. In tale compito e lavoro tutti sono uguali.
S. Giuseppe mostra in cielo pialla e martello, stando in seggio più elevato; mentre il più santo e distinto papa, che presenta la tiara, sta in seggio inferiore.
I mezzi sono abbondanti, a disposizione di tutti; sta alla volontà adoperarli o meno. Penso che, considerando lo stato di fatto, (non teoricamente), in generale è più facile che si faccia santo il Discepolo. In questo lavoro di santificazione il Sacerdote si unisce al Discepolo per aiutarlo con la parola di Dio, la direzione, la preghiera; mentre il Discepolo è istruito, segue, riceve la comunicazione della grazia per mezzo dei sacramenti. Il Sacerdote poi, se vuol santificare se stesso: medita, si esamina, prega, è osservante, docile, puro, casto... ed ha maggior conto da rendere a Dio.
«Congregavit nos in unum Christi amor».
Vi è la divina istituzione: il Sacerdote per volontà di Gesù Cristo ha tre poteri; insegnare, guidare, santificare. Questi poteri sono inerenti alla vocazione per una parte, e per l'altra procedono dal Vangelo.
La Pia Società S. Paolo ha particolarità sconosciute in un istituto clericale: affida per esempio ai discepoli un ufficio di cooperazione nella formazione degli aspiranti-discepoli.
3) Quanto al secondo fine, Sacerdoti e Discepoli sono così intimamente uniti che formano un corpo solo. L'Istituto è docente, con i mezzi moderni. In ogni tempo vi furono dei Dottori, Scrittori ecclesiastici per far conoscere Gesù Cristo; per la Società San Paolo, essenza o caratteristica è l'uso dei mezzi moderni, più larghi ed efficaci a moltiplicare e fare arrivare la parola: «ut sermo Dei currat et clarificetur». Nella nostra Congregazione i tre elementi: redazione, tecnica e propaganda sono i tre costitutivi di un unico apostolato, secondo lo spirito e la lettera delle Costituzioni. I Discepoli sono necessari nell'Istituto secondo l'art. 217. Perciò sempre si disse: due terzi di Discepoli rispetto al totale dei membri. Da notare che vi sono case che già si avvicinano; e qualche casa ha già raggiunto i due terzi di aspiranti allo stato di Discepoli rispetto agli studenti.
La natura del fine richiede ed impone i mezzi adatti al fine: perché l'edizione arrivi ai fedeli e infedeli, concorrono tre operazioni: redazione, tecnica e propaganda. La prima spetta al Sacerdote, le altre due spettano ai Discepoli. Sono dunque inseparabilmente, indivisibilmente uniti Sacerdoti e Discepoli nell'unico apostolato .
Dicendo due classi dunque non si indica la posizione rispettiva che si verifica tra i Sacerdoti e laici come nei Gesuiti, Francescani, ecc. Nella
Pia Società S. Paolo sono invece due gradi che stanno tra loro nelle distinzioni segnate nel Vangelo per il ministero sacerdotale; ma che per la stessa vita religiosa e l'attività di apostolato formano un solo corpo e sono insieme operanti.
4) L'art. 6, parla, è vero, di due classi; ma, come appare dal testo stesso dell'articolo, solo nel senso del can. 107: «Ex divina institutione sunt in Ecclesia clerici a laicis distincti, licet non omnes clerici sint divinæ institutionis; utrique autem possunt esse religiosi». Sacerdoti e Discepoli, nella Pia Società San Paolo formano cioè un'unica classe di religiosi, divisi in due categorie o gradi, come stabilito dal Diritto Divino: Sacerdoti e non Sacerdoti.