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Giacomo Alberione, SSP San Paolo - Bollettino SSP IntraText CT - Lettura del testo |
Piacque al Signore che le nostre Congregazioni fossero quattro; ma possiamo dire: «Congregavit nos in unum Christi amor... Simul, ergo cum in unum congregamur, ne nos mente dividamur, caveamus».
Vi è una stretta parentela tra esse, perché
tutte nate dal Tabernacolo. Un unico spirito: vivere Gesù Cristo e servire la Chiesa. Chi rappresenta tutti intercedendo presso il Tabernacolo; chi diffonde, come dall'alto, la dottrina di Gesù Cristo; e chi si accosta alle singole anime.
Vi è tra esse una stretta collaborazione spirituale, intellettuale, morale, economica.
Vi è separazione per governo ed amministrazione, ma la Pia Società San Paolo è altrice delle altre tre.
Vi è separazione eppure un vincolo intimo di carità, più nobile del vincolo del sangue.
Vi è indipendenza tra loro; ma vi è uno scambio di preghiere e di aiuti, in molti modi; l'attività è separata, ma vi sarà una partecipazione alle gioie e alle pene.
Sapersi comprendere: questo è il primo passo verso una convivenza che, più di quella di buon vicinato, è di una parentela sui generis, poiché è comunione di pensiero, di spirito, di aspirazioni .
Sapersi rispettare: il «charitas non cogitat malum» vale molto bene qui; quindi: «pensare bene, desiderare il bene, parlare in bene, far del bene». Sapersi aiutare: quando una famiglia è stabilita in una nazione, preparare l'ingresso alle altre.
Coordinarsi: Nessuna concorrenza tra le Congregazioni femminili nella ricerca delle vocazioni: saperle suscitare, ma lasciare libere le giovani di entrare ove si sentono spinte e ne hanno le attitudini. Quelle che escono da una Congregazione non siano accettate nell'altra. Ciascuna Congregazione compia il proprio apostolato; le altre ne rispettino il campo e le iniziative, dandovi anche, quando se ne presenta l'occasione, una cooperazione.
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La coordinazione tra le quattro Congregazioni si compie tra i Superiori; i sudditi prenderanno dai rispettivi superiori le disposizioni.
Le minute difficoltà che si incontrano nel cammino, per quanto è possibile si risolvano in modo paterno dal Superiore della Pia Società S. Paolo. I cuori siano ragionevolmente docili; la carità è vantaggio così grande che merita bene qualche sacrificio.
La sociologia cristiana indica i doveri dei Cattolici di fronte alla Nazione ed al governo: «I doveri dei singoli sono il rispetto coscienzioso e l'obbedienza ragionevole. Inoltre il prestare le proprie energie al conseguimento del bene comune materiale e morale». Nei Governi a tipo democratico è grave dovere concorrere secondo
le leggi a dare Governanti saggi, onesti, rispettosi della Chiesa e della persona umana, disinteressati di sé ed impegnati per il bene comune. Dalla S. Sede sono venuti insegnamenti chiari: e le Famiglie paoline debbono impegnare i mezzi che hanno a loro disposizione.
Naturalmente è dovere amare più la propria nazione che la nazione vicina; ma l'amore per la propria nazione va inquadrato e coordinato nell'amore e rispetto a tutta la famiglia delle nazioni.
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Grande nemico della Chiesa è il nazionalismo. Pensano molti, specialmente nelle nazioni a governo totalitario, che dipendere da Roma sia una ribellione od un sottrarsi alla dovuta dipendenza ai propri governanti, ed una adesione ad una potenza straniera. Ragionamento strano, errore rovinoso! Ma vi sono tuttavia coloro che praticamente antepongono la patria alla Chiesa; hanno un pregiudizio o sospetto che la Chiesa esageri, se non nella dottrina, almeno nella pratica coll'incaponirsi su alcuni diritti e prerogative e sono inclinati ad incolpare più la Chiesa che lo Stato nei vari urti, anziché lasciarsi guidare dalla oggettività dei fatti, dai principii di Diritto Pubblico, dal desiderio dei beni superiori ed eterni delle anime.
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Qui giova leggere le encicliche papali su tale materia, pubblicate dal 1860 ad oggi. L'amore alla patria è subordinato all'amore alla Chiesa; lo Stato stesso è subordinato alla Chiesa in quello che tocca la natura e la missione della Chiesa; gli interessi materiali sono subordinati agli spirituali, come il fine dello Stato è subordinato al fine della Chiesa; i partiti politici sebbene sani e cattolici non rappresentano né costituiscono la Chiesa.
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I Religiosi ed i Sacerdoti vivendo in modo intelligente e totalitario il Vangelo, sanno amare gli uomini di ogni nazione ed assieme compiere i doveri civici in modo esemplare. Sacerdoti e Religiosi anche dello stesso Istituto, ma sudditi di nazioni nemiche, hanno compiuto il loro dovere di soldati durante la guerra riportando anche in buon numero segnalazioni al merito ed onorificenze.
Sono essenzialmente basate sopra: la comune origine, la comune redenzione, il comune destino, il comune bene delle nazioni.
«Il genere umano, quantunque per ordine naturale stabilito da Dio si divida in gruppi...
è tuttavia legato da mutui vincoli morali e giuridici in una grande comunità» (Pio XII).
Leggi naturali e convenzionali ne stabiliscono le relazioni.
L'amore alla Patria non esclude, ma rafforza l'amore all'umanità con lo scambio di beni tra tutti.
«Guardatevi dall'esagerato nazionalismo; perché vi è nazionalismo e nazionalismo» (Pio XI).
Sopra questo punto occorrono: 1) idee giuste, cioè concezione cristiana della vita umana; 2) spirito di universale fratellanza tra gli uomini; 3) ritenere che la base di coerenza tra gli uomini è la fede cattolica.
All'Italia nel consesso delle nazioni spetta un posto specialissimo per i suoi valori umani e religiosi, per la sua tradizione storica, per essere la sede del Vicario di Gesù Cristo, per la sua vocazione civilizzatrice e missionaria.
Il paolino parlerà sempre bene di tutte le nazioni; il paolino preferirà le lingue più largamente parlate per allargare il suo apostolato; il paolino nelle nazioni ove arriva avrà grande spirito di adattabilità nelle cose indifferenti; a tutti porterà molto rispetto; comunicherà le ricchezze del Vangelo, della Chiesa e della civiltà.
Le nostre prediche e meditazioni richiamino spesso i popoli che aspettano ancora la redenzione.
Nelle preghiere includiamo tutti i popoli e riteniamo lo spirito universale del Padre Nostro.
Abboniamoci all'Osservatore Romano come il periodico che meglio ci offre la visione dell'intera umanità.
Tutti ricordino che le Costituzioni ci ispirano l'universalità e ci fanno mirare alle altre nazioni. Quindi si accolgano con gioia i provenienti da altre nazioni; si offra loro un'ospitalità fraterna ed accogliente.
Conoscere gli uomini è mezzo per amarli. Nella scuola di geografia, storia, letteratura e simili giova rilevare i pregi ed i bisogni dei vari continenti, lo stato di civiltà, i costumi, le dottrine, le condizioni religiose, le relazioni con Roma cattolica, ecc. Per amare occorre conoscere.
Non vi è per il religioso, né ricco né povero; né selvaggio né civile, né uomo né donna, ma solo dei figli di Dio e delle anime da salvare. Egli non si sente nato per le cose materiali o politiche; ma fornito di una missione superiore che riguarda lo spirito e l'eternità.
Nelle case nostre si riceva ugualmente il settentrionale ed il meridionale, l'orientale e l'occidentale.
Si evitino in modo assoluto i discorsi che possono ferire l'animo dei fratelli di altre nazioni, anche se nemiche. Per il paolino vi sono solo degli amici e dei fratelli.
Si abbia, anzi, più carità per i provenienti da «aree depresse»: in Paradiso i neri potranno anche precedere i bianchi.
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Le aspirazioni del mondo ad una società delle nazioni, oggi ONU (Organizzazione Nazioni Unite), se si realizzassero, si realizzerebbero anche i disegni di Dio Padre e Creatore, di Gesù Cristo Maestro, della Chiesa Cattolica, di S. Paolo Apostolo: «aDCeniat regnum tuum»; uno il Maestro, una la scuola, uno l'insegnamento, uno il frutto da maturarsi. Perciò è stato composto il libretto «Principi di Sociologia», che è da studiarsi in tutte le nostre case, come si studia il catechismo della classe superiore.
Superate da Gesù Cristo le barriere di un nazionalismo religioso-civile del popolo ebreo, che aveva una missione speciale e limitata, Cristo stesso ha intimato: «andate nel mondo intero, predicate ad ogni creatura il Vangelo». Il Padre Celeste ha detto al Figlio suo «dabo tibi gentes», tutte le nazioni del mondo; e la Chiesa suo Corpo mistico, ebbe un'eredità universale, con un diritto ed un dovere verso l'intera umanità. E S. Paolo mostrò questo diritto e questo dovere; ed il Concilio di Gerusalemme, con uomini forti che mai più si avranno, cioè i genuini, i diretti rappresentanti del pensiero di Gesù Cristo, gli Apostoli: fu il Concilio della universalità. I paolini hanno da raccogliere questa preziosissima eredità del loro Padre, Maestro e Dottore: cuore, aspirazioni, apostolato sconfinato.
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Le particolari società, le nazioni singole, sono torrenti di un gran fiume che è l'umanità; il Vangelo non è solo soprannaturale, ma è soprannazionale; esso non ha la limitazione che si chiuse con la venuta della pienezza dei tempi, ma ha per solo confine l'epilogo della storia e dell'eternità. «Non enim est distinctio Judæi et Græci, nam idem Dominus omnium, dives in omnibus, qui invocant illum» (Rom. V, 12).
Pensiero, sentimento, aspirazione di un vero paolino riflettono questa soprannaturalità e sopra-temporalità (sit venia verbis): non al ristretto ambiente familiare, diocesano, o al terreno ove è stabilita la gerarchia ecclesiastica, od ai già conquistati a Cristo. Più avanti! sempre più avanti! Basati sul fondamento degli Apostoli, e sopra la stessa pietra angolare Cristo Gesù, il balzo sarà sicuro. Misurare l'altezza e la
profondità, la lunghezza e la larghezza della missione.
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La socievolezza, è perciò virtù di tutti e verso tutti. Essa è particolarmente necessaria a chi vive in comunità; ma ha pure un campo larghissimo, quanto è largo il nostro apostolato, quanto è larga la nazione, quanto è estesa la Chiesa, quanto è numerosa l'umanità che oggi viene calcolata a due miliardi e mezzo di uomini.
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