Indice: Generale - Opera | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Giacomo Alberione, SSP
San Paolo - Bollettino SSP

IntraText CT - Lettura del testo
Precedente - Successivo

Clicca qui per nascondere i link alle concordanze

- 2c2 -


Errori

          Vi è una nuova corrente di pensiero, «la morale nuova» la morale «delle circostanze» o della «situazione». Una morale che, infine, è soggettiva; una morale dell'utile, del comodo, anziché dell'onesto; una morale di un giudizio singolare e casuale, perciò mutevole; morale che crea un caos interiore e sociale; morale che Pio XII ha detto «fuori della fede e dei principi cattolici» (23-3-1952).

          Si vorrebbe quasi istituire una revisione a tutto l'ordinamento ed insegnamento morale. Si vorrebbe svincolarlo dall'insegnamento della Chiesa, che dipingono come sofistico, casuistico, opprimente, angusto. Pressoché quanto si dice e si vorrebbe nel campo dogmatico; cioè un'indipendenza intellettuale e morale da Gesù Cristo e dalla Chiesa. Si può ricordare quanto dice lo Spirito Santo: «tutto è puro per i puri; per i contaminati... nulla è puro; ma si è contaminata in loro anche la mente e la coscienza» (Tit. 3, 16).

          È negare che Gesù Cristo è la Via; che Egli ha consegnato alla Chiesa la sua rivelazione; di cui la Chiesa è custode, interprete, difesa; mentre ha il mandato di esporla a tutti gli uomini. La divina assistenza è promessa non agli individui, ma alla Chiesa, perché possa interpretarla infallibilmente ed applicarla secondo i bisogni di tempi e luoghi.

          La vera libertà è ben altra cosa dalla sfrenatezza, dissolutezza, licenza; è invece una provata idoneità al bene; è un risolversi da sé a volerlo compiere (Gal. 5, 13); è la padronanza sulle proprie facoltà, sugli istinti, sugli avvenimenti.

          La Chiesa sempre ha difeso la umana libertà. Essa vuole che l'uomo sia introdotto nelle infinite ricchezze della fede e della grazia, in modo persuasivo, così da sentirsi invitato ed inclinato a considerarle, penetrarle, accettarle, come suo bene temporale ed eterno.

          Il Papa parla chiaramente, quale Vicario di Gesù Cristo; dice:

          «La Chiesa però non può ritirarsi dall'ammonire i fedeli che queste ricchezze non possono essere acquistate e conservate se non a prezzo di


- 2c1 -


precisi obblighi morali. Una diversa condotta finirebbe col far dimenticare un principio dominante, sul quale ha sempre insistito Gesù, suo Signore e Maestro. Egli infatti ha insegnato che per entrare nel regno dei cieli non basta dire «Signore, Signore», ma deve farsi la volontà del Padre celeste (Matt. 7, 21). Egli ha parlato della porta stretta e dell'angusta via che conduce alla vita (Matt. 7, 13-14) ed ha aggiunto: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrare e non vi riusciranno» (Luc. 13, 24). Egli ha posto come pietra di paragone e segno distintivo dell'amore verso se stesso, Cristo, l'osservanza dei comandamenti (Io. 1, 21). Similmente al giovane ricco, che lo interroga, Egli dice: «Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti» ed alla nuova domanda «Quali?» risponde: «Non uccidere! non commettere adulterio! non rubare! non dire falsa testimonianza! onora il padre e la madre! e ama il prossimo tuo come te stesso!». Egli ha messo come condizione a chi vuole imitarlo, di rinunziare a se stesso e di prendere ogni giorno la sua croce (Lc. 9. 23). Egli esige che l'uomo sia pronto a lasciare per Lui e per la sua causa quanto ha di più caro, come il padre, la madre, i propri figli, e fin l'ultimo bene, la propria vita (Matt. 10, 37-39). Poiché Egli soggiunge: «A voi dico, amici miei: non temete quelli che uccidono il corpo, e dopo tanto non possono fare di più. Vi mostrerò io chi dovete temere: temete Colui, che, dopo tolta la vita, ha il potere di mandare all'inferno» (Lc. 12, 4-5).

          Così parlava Gesù Cristo, il divin Pedagogo, che sa certamente, meglio degli uomini, penetrare nelle anime ed attrarle al suo amore con le infinite perfezioni del suo Cuore, bonitate et amore plenum (Lit de Sacr. Corde Iesu).

          E l'Apostolo delle genti, S. Paolo, ha forse predicato altrimenti? Col suo veemente accento di persuasione, svelando l'arcano fascino del mondo soprannaturale, egli ha dispiegato la grandezza e lo splendore della fede cristiana, le ricchezze, la potenza, la benedizione, la felicità in essa racchiuse, offrendole alle anime come degno oggetto della libertà del cristiano e meta irresistibile di puri slanci d'amore. Ma non è men vero che sono altrettanto suoi gli ammonimenti come questo: «Operate con timore e tremore la vostra salute» (Fil. 2, 12), e che dalla medesima sua penna sono scaturiti alti precetti morali, destinati a tutti i fedeli, siano essi di comune intelligenza, ovvero anime di elevata sensibilità. Prendendo dunque come stretta norma le parole di Cristo e dell'Apostolo, non si dovrebbe forse dire che la Chiesa di oggi è inclinata piuttosto alla condiscendenza che alla severità? Di guisa che l'accusa di durezza opprimente, dalla «nuova morale» mossa contro la Chiesa, in realtà va a colpire in primo luogo la stessa adorabile Persona di Cristo».

          Ed è specialmente riguardo ai problemi della purezza, castità che si tende ad una morale in opposizione al Vangelo.

          Nello stesso tempo si scusano come inevitabili certe cadute, affermando che la passione toglie la libertà. Eppure Dio ci ha dati i Comandamenti; la Chiesa li predica: non possiamo capirli e


- 3c2 -


adattarli alle nostre passioni con interpretazioni soggettive; ma dobbiamo conformare la nostra mentalità ad essi, come a norma oggettiva e vincolante.

          Molto si grida ai diritti dell'uomo, anche a discapito dei diritti di Dio cui apparteniamo.

          Il compito della coscienza è esattamente quello di dare un giudizio sopra una azione imminente, partendo da una legge universale (estrinseca all'uomo) e applicandola al caso particolare.

          Quando giudichiamo infatti della moralità di una persona pensiamo se il suo operare si conforma alle leggi naturali e positive; non ad una indipendenza dai principi.

          La «morale nuova» non si fonda su principi generali (Comandamenti per esempio), ma sulle condizioni o circostanze particolari e concrete, in cui si deve agire; ed allora con la ragione della personalità si va a quanto piace, o è utile, o è opinione diffusa, o secondo l'ambiente, o secondo la situazione.

          La «morale nuova» si va oggi molto estendendo: perciò l'educatore deve assolutamente fondare la sua azione nel predicare il volere di Dio.

          Si scusano taluni delle colpe più gravi: «io la vedevo così». S. Paolo parla di coloro che hanno «cauteriatam conscientiam» (I Tim. 4, 2).

          La «morale nuova» o «della situazione» nega il valore dell'insegnamento e dell'esempio di Gesù e scalza dal fondamento la predicazione della Chiesa.

          L'educatore è un ripetitore, non un facitore di precetti. È un banditore della volontà divina; non un legislatore. L'educando ha da ricevere umilmente e conformarvisi.

 

         




Precedente - Successivo

Indice: Generale - Opera | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

IntraText® (V89) Copyright 1996-2007 EuloTech SRL