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Giacomo Alberione, SSP
San Paolo - Bollettino SSP

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[Un errore da evitare]

 

          Un errore in fatto di dottrina e di pratica sull'obbedienza è questa: sottomissione al Superiore per il suo prestigio e le sue doti intellettuali o morali, anziché per l'autorità divina che è in lui. Certo che le buone qualità di un Superiore sono preziosissime; ma lo spirito e il merito di chi obbedisce sta nel vedere il volere di Dio in quanto è disposto, indipendentemente dalla persona e qualità del Superiore. S. Paolo agli Ebrei scriveva: «Pregate per noi, poiché crediamo di avere una buona coscienza».

          L'obbedienza specialmente negli Istituti religiosi è perfezionata da due elementi: la pietà e la cooperazione.

          La pietà che deve aleggiare tra i membri di un Istituto come dono dello Spirito Santo. Nella sua triplice applicazione: pietà paterna, pietà fraterna, pietà filiale.

          Non facili alle imposizioni di un'idea, nelle adunanze specialmente; ma umile e chiara


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esposizione rimessa allo studio del corpo sociale, con disposizione a rimettersi al volere comune, invocando la luce di Dio «cuius spiritu totum corpus sanctificatur et regitur». Ognuno porta umilmente il suo sassolino all'edificio. Vi è sempre chi mette la base e merita la fondamentale riconoscenza e gli si deve amore e può dare consigli per l'esperienza. Vi è chi edifica il pianterreno di una casa; e merita riconoscenza e gli si deve amore e può dare consigli. Così chi vi sovrappone altro piano, un terzo, un quarto... e chi vi pone il tetto; e tutto questo è necessario perché il progresso è doveroso amore a Dio e all'Istituto; ma facendo questo si costruisce sopra chi ha il principale merito di lavoro.

          Soprattutto è Dio autore di tutto «ita ut non glorietur omnis caro». Coloro che continuano l'innalzamento, perché diventati orgogliosi, vengono disapprovati e dispersi da Dio (Torre di Babele).

          E i primi costruttori non disapprovino si oppongano ai progressi successivi, basta aver compiuto la propria parte, che è la missione individuale per l'eterna ricompensa...

          Ha un senso degno di venir meditata la parola del Maestro Divino: «Chi crede in me, compirà anche lui le opere che io faccio, anzi ne farà delle maggiori, perché io vado al Padre » (Gv. 14, 12). Non ostacolare il bene da farsi, ma non distruggere quello che è fatto per mania di far tutto di nuovo, col pretesto che sia stato tutto mal fatto.

          Vi è da allontanare il male e accrescere il bene: felici che Dio sia glorificato e che tutti abbiano verità, bene, pace!

          La cooperazione di tutti i membri al duplice fine dell'Istituto: perfezione religiosa e apostolato.

          Cooperazione cordiale e generosa ai Superiori quanto è segnato e deciso secondo le Costituzioni e lo spirito di esse, un compito, un'iniziativa, una disposizione.

 

 

 




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