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Giacomo Alberione, SSP San Paolo - Bollettino SSP IntraText CT - Lettura del testo |
Il Primo Maestro, alla chiusura del Capitolo, «Adesso – ha detto – si firmerà tutto il complesso dei verbali e le risoluzioni del Capitolo, poi può essere che qualche cosa sia rimasta un po' imprecisa; allora si manderanno le copie ai Provinciali perché le rileggano e poi le rimandino corrette se troveranno da correggere; in maniera che risulti veramente la volontà del Capitolo, quella che è stata espressa tutti insieme.
»Il
problema numero 1 è quello delle vocazioni. Questo deve rimanerci ben fisso in
mente perché le case sono di vocazioni e sempre bisogna pensare che si nasce
bambini, non si nasce adulti e quindi molte regole vengono in seguito. Gesù ha
cominciato in
una grotta e poi è arrivato a compiere la sua missione universale.
»Subito bisogna cominciare a fare quello che si può e a non aver vergogna a cominciare dalle cose piccole. Sempre il Can. Priero ci diceva: bisogna che ci guardiamo dal pretender l'ottimo, ma cominciare sempre dal poco e aggiungervi ogni giorno qualche cosa.
»Quindi ancorché il principio sia umile (la grotta di Betlemme era umilissima, ma c'era Gesù, c'era Giuseppe e c'era Maria), cominciamo sempre da cose piccole aggiungendovi ogni giorno quello che ci è possibile, perché la Provvidenza poi ci accompagna e il Signore è Padre.
»La prima volta che papà e mamma mettono i pantaloncini ai loro bambini, li mettono corti, poi se arrivano a 4, 5, 10 anni, allungano i pantaloncini finché quando il bambino è giunto all'età matura si veste da sé e avrà dei vestiti che non hanno più bisogno di essere allungati.
»Su questo insisto, non fatevi allucinare dalle cose grandiose. Sei proprio sicuro di fare? E poi? E poi fai dei debiti grandiosi.
»I Superiori conoscono sempre cose che gli altri non conoscono e molte cose conoscono gli altri che non sanno i Superiori. Allora mettiamo tutto insieme e aiutiamoci a vicenda. Quanto poi alle case, si possono applicare le parole del Vangelo: «ex fructibus eorum cognoscetis eos»; si conoscono dai frutti, cioè dalle opere, dalle attività.
»Quand'è che il sapere è perfetto in un paolino? Non quando egli ha studiato soltanto, ma quando ha fatto esperienza, perché allora abbiamo l'esercizio pastorale e quindi potrà compiere bene e perfettamente il suo lavoro. Ognuno prenda a cuore la formazione completa dei nostri.
»Mi
ha sempre fatto molta pena l'opposizione
sistematica che è la più brutta posizione per un Istituto.
»Altro pensiero: valorizzare bene le province, le regioni e le case. D'altra parte mentre i superiori locali debbono stare uniti ai loro provinciali, questi a loro volta stiano uniti e in ottimi rapporti con la casa generalizia.
»L'apostolato è il mezzo di vita per le nostre case, perché questo è il nostro modo ordinario di vivere; la beneficenza e le offerte sono sussidiarie.
»Noi tutti nella formazione dei nostri, prendiamo a cuore i problemi dei singoli e non solamente l'educazione in generale, ma coltiviamo le singole pianticelle; e posso anche dire questo: valorizzare l'esperienza dei primissimi e non aver vergogna di metterci coi bambini per coltivarli uno per uno.
»Poi dappertutto far sentire la Congregazione. L'isolarci, il considerare solo noi stessi ci mette in una posizione in cui la carità se ne va. No, ma sentire la Congregazione e sentire la Chiesa e sentire l'umanità. Del resto questo l'ha spiegato abbastanza bene Don Borrano stamattina nella meditazione che è stata ottima e andrebbe bene ripeterla. Se è scritta, la manderemo poi in un «San Paolo» a tutte le case.
»Stasera, se credete, prima della Benedizione eucaristica rinnoviamo la nostra professione, aggiungendo il voto di fedeltà al Papa «quoad apostolatum».
»E ora ecco la conclusione: abbiamo avuto dei giorni santi, abbiamo fatto le nostre discussioni nella più ampia comprensione e carità. Ringraziamo bene il Signore questa sera e vi prego di sopportarmi ancora un poco e intanto di pregare per il Primo Maestro con una di queste preghiere: o «Miserere» o «De profundis».