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Giacomo Alberione, SSP San Paolo - Bollettino SSP IntraText CT - Lettura del testo |
FINE PROSSIMO RELATIVO: SANTIFICAZIONE
Tutto il messaggio di S. Paolo si può riassumere per noi: configurarci a Cristo, per giungere alla perfezione a cui siamo tutti chiamati.
Avviene che in libri vari, o di predicazione, poco si dà risalto alla preponderante parte della persona di Cristo nella nostra santificazione. La devozione a Nostro Signore viene talora presentata come uno dei tanti mezzi: es. lettura spirituale, esame di coscienza, ecc.
La nostra devozione e incorporazione a Cristo è l'inizio e il fine e la sostanza stessa della nostra vita soprannaturale: qui sta l'ascetica e la mistica. Le pratiche sono aiuti o conseguenze. Volendo davvero santificarci: evitare dispute e controversie delle diverse scuole di spiritualità; per dedicarci invece a vivere in forma sempre più piena la vita di Cristo. Raggiungeremo presto il nostro fine della santificazione. Non deformare la pietà dei fedeli e non favorire idee che confondono il progresso spirituale.
Si può riassumere nelle sue idee fondamentali la
dottrina cristologica in relazione alla vita spirituale:
cioè vivere il Cristo secondo che Egli stesso si è definito: «Io sono la Via, la Verità e la Vita».
Per il peccato originale tutto l'uomo fu «in deterius commutatus» quanto alle sue facoltà naturali, di mente, di volontà, di sentimento; e, ciò che più importa, perdette la grazia, cioè la vita soprannaturale.
S. Giovanni scrive: «L'amore di Dio verso di noi si è dimostrato in questo, nell'avere il Padre mandato nel mondo il Suo Figlio Unigenito, affinché noi avessimo la vita per mezzo di Lui: «ut vivamus per eum» (I Gv. 4, 9).
Cristo è la Via della restaurazione dell'uomo, che è rifatto in migliore edizione per mezzo di Gesù Cristo.
Gesù Cristo riacquistò all'uomo la grazia, vita soprannaturale, preparando al Padre Celeste i nuovi figli.
Inoltre Gesù Cristo restaurò l'uomo nelle sue potenze: per l'intelligenza la rivelazione; per la volontà la sua santità; per il sentimento l'amore a Dio. Questo corrisponde a quanto Gesù ha detto: «Io sono la Verità, la Via e la Vita».
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Negli Atti degli Apostoli è detto: «Non ci fu dato un altro Nome sotto il cielo mediante il quale possiamo salvarci». La santificazione consiste nella partecipazione alla vita divina portata al mondo da Gesù Cristo; è l'unica forma possibile di santità; questa è l'essenza del cristianesimo, secondo l'espressione del Marmion.
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Gesù Cristo è la Via: con le sue opere, con la sua morale, con la sua vita. Secondo gli Atti degli Apostoli Gesù Cristo: «coepit facere et docere», prima il fare, poi l'insegnare. La sua vita e la sua dottrina formavano un tutto armonico ed unitario dal quale saliva incessante verso il cielo la più bella glorificazione di Dio. Il Verbo di Dio, assumendo la natura umana, Cristo, intese darci nella sua persona un esemplare perfettissimo di tutte le virtù: disegno adorabile della Divina Provvidenza per l'uomo.
Egli è l'esemplare supremo di ogni perfezione e santità. Egli è l'ideale stesso di Dio: «Chi vede me, vede il Padre». Ed il Padre disse del Figlio: «Questo è il mio Figlio diletto, in cui sono le mie compiacenze; dategli ascolto».
La sua morale, che si inizia nei paradossi divini
delle beatitudini, è compiuta nelle sette parole pronunziate da Gesù Cristo
mentre agonizzava sulla croce. È l'esemplare perfettissimo, il codice della più
eccelsa santità e perfezione. L'anima che vuol trovare la vera via per andare a
Dio apra il Vangelo
e attinga la dottrina morale sino al «se vuoi essere perfetto».
Leggendo spesso il Vangelo, a poco a poco si perde il gusto dei libri scritti dagli uomini.
Santa Teresa del Bambino Gesù ha scritto: «Non trovo più nulla nei libri, eccetto che nel Vangelo. Questo mi basta».
S. Paolo ai Romani (8, 18) scrive: «Stimo che le sofferenze del tempo presente non possono essere paragonate alla gloria futura che si rivelerà a noi».
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L'ideale sublime e perfettissimo della vita divina eccedeva la capacità dell'umana ragione; era troppo alto, anche per la fede. Per questo Cristo si abbassò. Si fece uomo, bambino, servo, lavoratore, volle conoscere le debolezze dei nostri primi anni, le nostre fatiche, povertà, oscurità, il silenzio, la fame, la sete, il dolore, la morte. Tutte le assaggiò le nostre miserie, eccetto il peccato e i disordini che derivano dal peccato, ma ne sopportò la pena: «iniquitates nostras ipse tulit».
O Dio, o Gesù mio, voi siete l'ideale della perfezione. I grandi santi desideravano scomparire e lasciarsi assorbire da Gesù Cristo, affinché la sua vita fosse in loro: «Exue veterem hominem, et indue novum hominem qui secundum Deum creatus est in iustitia et sanctitate veritatis» (C. Marmion, Cristo vita dell'anima): «Dobbiamo comprendere che non saremo santi che nella misura stessa in cui la vita di Gesù Cristo sarà in noi; Dio ci domanda solo questa santità; non ve n'è un'altra. Saremo santi in Gesù Cristo, o non lo saremo affatto».
Gesù Cristo dice: «Io sono la Via»; ed è l'unica per andare al Padre. «Summum studium nostrum sit in vita Jesu meditari» (Imitazione di Cristo).
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Gesù Cristo è la Verità: «In principio erat Verbum, et Verbum erat apud Deum, et Deus erat Verbum. In ipso vita erat, et vita erat lux hominum. Erat lux vera quae illuminat omnem hominem venientem in hunc mundum».
L'intelligenza
di Cristo è un abisso infinito: in Cristo esistevano quattro specie di scienza:
divina, beatifica, infusa, acquisita. E a ragione san Paolo rimane meravigliato
nel contemplare in Cristo tutti i tesori della sapienza e della scienza.
Piacque al Padre di comunicarli ai figli adottivi, nella misura e nel grado che
erano necessari per la vita soprannaturale. Gesù disse nella preghiera al
Padre, dopo l'ultima Cena: «Le parole che hai date a me io le ho date a loro
(Apostoli); ed essi le hanno accolte, e veramente hanno riconosciuto che io
sono
uscito da te, ed hanno creduto che tu mi hai mandato».
Stupivano i suoi uditori: «nessun uomo ha mai parlato come Lui» (Gv. 7, 46).
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S. Paolo in una sua Epistola ha una espressione misteriosa. Dice che Cristo, mediante la fede, abita nei nostri cuori: «Christum habitare per fidem in cordibus nostris» (Ef. 3, 17). Che significa? È un fatto che Cristo in qualche modo abita mediante la fede nei nostri cuori. San Tommaso commenta: «È la virtù di Cristo che abita propriamente nei nostri cuori mediante la fede. Ogni volta che ci dirigiamo a Lui col contatto della nostra fede, vivificata con la carità verso di Lui, promana da Cristo una virtù santificante, con un benefico influsso. Per mezzo della fede, esercitata in umiltà e fiducia, si sente emanare da Lui una potenza divina che ci rischiara, fortifica, aiuta e soccorre».
Il punto più saliente ed interessante per noi è la stessa persona di Gesù Cristo, da riassumersi in queste parole: «La filiazione di Cristo è il tipo della nostra filiazione soprannaturale, la sua condizione, il suo essere di Figlio di Dio e l'esemplare dello stato nel quale ci ristabilisce nella grazia santificante. Cristo è il Figlio di Dio per natura e per diritto, in virtù dell'unione del Verbo eterno con la natura umana. Noi lo siamo per grazia e adozione, ma lo siamo realmente e ad un titolo molto vero. Cristo ha la pienezza di grazia; in noi questa grazia deriva dalla pienezza della grazia del Verbo divino incarnato. Così ci divinizza. L'adozione è «quaedam similitudo filiationis aeternae», secondo S. Tommaso.
Ogni cristiano ed ogni santità si riducono a questo: essere per grazia ciò che Gesù è per natura, il Figlio di Dio. Così ci rivolgiamo a Dio invocandolo Padre nostro. Gesù ci ha detto: «Ascendo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro» (Gv 20, 17). Il Padre è comune e quindi noi siamo fratelli.
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Il punto più essenziale da comprendersi è questo del nostro stato di figli di Dio, dalla partecipazione della grazia santificante (Marmion).
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Gesù Cristo
è la Vita: La grazia è una qualità soprannaturale, inerente alla nostra
anima che ci conferisce una partecipazione fisica e formale, benché analoga e
accidentale, della natura di Dio.
Costituisce la vita di Cristo in noi. Gli effetti della grazia santificante sono descritti da san Paolo (Rm. 8, 15-17): «Non enim accepistis Spiritum servitutis iterum in timore, sed accepistis spiritum adoptionis filiorum, in quo clamamus: Abba (Pater). Ipse enim Spiritus testimonium reddit spiritui nostro, quod sumus filii Dei. Si autem filii, et haeredes: haeredes quidem Dei, cohaeredes autem Christi; si tamen compatimur ut et conglorificemur».
Gli effetti della grazia sono:
1) Ci rende veri figli adottivi di Dio. La nostra filiazione divina non è naturale, ma adottiva. L'adozione consiste nell'ammissione gratuita di un estraneo in una famiglia, che lo considera d'ora innanzi come un figlio e gli dà diritto all'eredità dei beni. La grazia santificante non solo ci conferisce il diritto di chiamarci figli di Dio, ma ci rende tali: «Videte qualem caritatem dedit nobis Pater, ut filii Dei nominemur et simus» (I Gv. 3-1).
2) Ci rende veri eredi: «si filii et haeredes». L'eredità che avrà l'anima sarà «la visione beatifica ed il godimento fruitivo di Dio, cioè una eredità d'immenso valore».
La grazia è certamente gratuita; però, una volta posseduta, ci dà la capacità di meritare il cielo a titolo di giustizia: «in reliquo reposita est mihi corona iustitiae». San Tommaso ha scritto: «Gratia nihil est aliud quam quaedam inchoatio gloriae in nobis».
3) Dio vuole che noi siamo «cristiani conformi all'immagine del Figlio Suo, affinché Egli sia il Primogenito fra molti fratelli» (Rm. 8, 29).
Dio ci ha modellati sul Cristo: noi siamo con Lui i figli di uno stesso Padre che sta nei cieli, e che siamo una sola cosa con Gesù Cristo, come Egli è una sola cosa con il Padre.
4) Ci conferisce la vita soprannaturale. L'uomo è elevato sopra un piano che supera anche la natura angelica. L'uomo entra nell'ordine divino, diventa membro della famiglia di Dio, incomincia a vivere in Dio.
5) Ci rende giusti e graditi a Dio. Non solo toglie il peccato, ma è una vera santificazione e un rinnovamento interiore dell'uomo, e l'uomo diventa giusto e amico di Dio:«vere iusti nominamur et sumus» secondo il Concilio di Trento.
6) Ci dona la capacità di meritare. L'uomo senza la grazia è come un cadavere nell'ordine soprannaturale, ma se vive nell'ordine soprannaturale ha frutti di vita eterna. Dolori, sofferenze, opere buone, ecc. guadagnano tesori di grazia e di gloria.
7) Ci unisce intimamente a Lui. «Deus caritas est, et qui manet in caritate in Deo manet et Deus in eo».
8) Ci trasforma in templi vivi della Santissima Trinità. È una conseguenza dello stato di grazia: «Si quis diligit me sermonem meum servabit; et Pater meus diligit eum, et ad eum veniemus et mansionem apud eum faciemus» (Gv. 14, 23). Dice S. Paolo ai Colossesi (3, 4): «... quando comparirà Cristo, che è la vostra vita, allora anche voi apparirete con lui nella gloria».
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E la gloria di Dio è un'increata realtà, rigorosamente infinita e di essa la grazia santificante vi farà partecipi.
Gesù Cristo con la sua vita santissima non ha solo meritato per Sé, ma anche per noi con rigoroso merito di giustizia. In Lui vi è la grazia capitale col potere di comunicarla.
Infatti Gesù Cristo è il Capo di un Corpo Mistico: «Omnia subiecit sub pedibus eius, et ipsum dedit caput super omnem Ecelesiam, quae est corpus ipsius et plenitudo eius, qui omnia in omnibus adimpletur» (Ef. 1, 22).
Cristo «è il capo del corpo che è la Chiesa; come è il principio, il primogenito di tra i morti, affinché in tutto abbia il primato (ordine), poiché a Dio piacque di far abitare in Lui tutta la pienezza (perfezione), e di riconciliare per mezzo Suo tutte le cose, dirigendole verso di Lui, pacificando, mediante il Sangue della Croce di Lui, di Lui dico, e ciò che è sulla terra e ciò che è nei cieli» (influsso) (Col. 1, 18-20).
Questa grazia è conferita specialmente nei Sacramenti. Sono mezzi che hanno una virtù intrinseca «ex opere operato»: «Ego veni ut vitam haebeant, et abundantius habeant».
Alla Messa ed ai Sacramenti la massima importanza dà la Chiesa. Gesù Cristo ci invita con insistenza: «Colui che ha sete venga a me, e beva» (Gv. 7, 37).