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Giacomo Alberione, SSP
Ut Perfectus sit Homo Dei

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Lo spirito degli Esercizi

     Come ogni pratica di pietà contenuta nel libro delle preghiere ha uno spirito paolino, secondo la devozione a Gesù Maestro, così gli Esercizi spirituali. Essi sono la grande pratica annuale, in casa adatta, in circostanze e vita favorevoli, prolungata per più giorni.

     La vera pietà investe tutto l’essere per portarlo all’amore di Dio. È il compimento di tutto il primo comandamento: amare il Signore con la mente, il sentimento, la volontà.


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     Quello che sono gli Esercizi spirituali.1 – Gli Esercizi spirituali sono uno spazio di tempo (tre giorni, cinque giorni, otto giorni, trenta giorni) dedicato ad esercitarsi in atti di fede, di amore, di pietà, onde ordinarci ed unirci a Dio per una vita più santa e la beatitudine celeste.

     Esercizi «spirituali»: a differenza degli esercizi militari, o di ginnastica, o di canto, o di traduzione, o di aritmetica e simili.

     L’unione con Dio si stabilisce nel Maestro Divino, Gesù Cristo Via, Verità e Vita.

     Vi sono Esercizi spirituali di conversione, altri di perfezionamento, altri per la vocazione, altri per la vita religiosa e vita sacerdotale. Ma la loro funzione generale è sempre di portare un rinnovamento integrale nella pratica della religione, sia interiore e sia esteriore, in privato ed in pubblico. Si mira infatti a santificare tutto l’uomo: mente, volontà, sentimento; secondo il proprio stato o vocazione o ambiente: perciò si devono meditare dogma, morale e culto.

     Gli Esercizi spirituali si possono dividere perciò in tre parti:

   nella prima si risvegliano e approfondiscono i principi fondamentali della fede, che sono contenuti nel Credo, onde pensare come Gesù Cristo (dogma);

   nella seconda parte si meditano i principi fondamentali della retta vita umana, cristiana, religiosa, sacerdotale, i comandamenti e i consigli evangelici, onde vivere come Gesù Cristo (morale);

   nella terza l’anima si innesta in Cristo con la preghiera nel senso più largo: «tu cum olivaster esses, insertus


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es... in bonam olivam» (San Paolo),2 come la buona oliva si innesta sull’olivastro portando vita e fruttificazione nuova che è la carità (culto).

     Si otterranno i due frutti della purificazione e l’orientamento pieno della vita in Cristo: «mihi vivere Christus est».3

     Quello che non sono gli Esercizi spirituali. – Sarebbe grave errore ridurre gli Esercizi spirituali a letture o ascoltare prediche e fare alcune preghiere; occorre soprattutto riflettere pregando. Meditare, esaminarsi, lavorare e attivarsi interiormente per approfondire, applicare; esercitarsi in atti di speranza, di pentimento, di desiderio, di riparazione, di offerta, di sottomissione a Dio, di domande, di propositi, di preghiere, ecc.

     Non si tratta né di studio teorico, né di letture per cultura o sollievo; né di un silenzio sdegnoso od ozioso.

     Non si tratta semplicemente di abbandonarsi all’operazione della grazia; ma di attivarsi, onde preparare il terreno al seme divino; di cooperare al suo nascere e crescere; e di portarlo alla piena maturazione, sempre ricordando che siamo cooperatori: «non quod sufficientes simus cogitare aliquid a nobis quasi ex nobis, sed sufficientia nostra ex Deo est».4 «Deus est enim qui operatur in vobis et velle, et perficere pro bona voluntate».5 Quindi intrecciare santamente preghiera ed azione. Si devono mettere in attività tutte le nostre potenze, mente, cuore, fantasia, memoria, lingua, udito, occhi, ecc.: l’essere intero.

     Si possono fare Esercizi spirituali senza prediche ed anche senza letture; ma non si fanno mai senza questo


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lavorio nostro. Il frutto di essi è proporzionato al raccoglimento e all’ordinamento delle nostre forze spirituali e corporali verso il fine degli Esercizi: che ognuno deve determinarsi sin da principio.

     Il grande Protettore degli Esercizi spirituali, Sant’Ignazio di Loyola, dice: «Tanto più si approfitterà quanto più l’esercitante si apparterà dagli amici e conoscenti e da ogni sollecitudine terrena, ritirandosi in luogo ove rimane nascosto quanto più possibile». Parole che corrispondono a quelle del Maestro degli Esercizi, Gesù Cristo: «venite in desertum locum et requiescite pusillum».6

     Soli con Dio! Né visite, né lettere, né divagazione dei sensi, né conversazioni di amici; ma solitudine interiore ed esteriore. Il silenzio è come l’anima del raccoglimento: «juge silentium cogit cœlestia meditari».7 Esso la possibilità di parlare con Dio, di sentire Dio e ricevere da Dio; nel pio silenzio l’anima si ripiega su di sé e meglio si conoscerà e meglio si eleverà a Dio. Subirà le divine attrattive, entrerà in intime conversazioni con Lui e pregherà con Sant’Agostino: «noverim me, noverim Te».8

     Tre vantaggi: la mente si concentrerà più facilmente nelle verità; meglio l’anima si preparerà alla infusione della grazia; e la volontà tutto ordinerà più facilmente al fine degli Esercizi spirituali.

     «Oh, avessi le ali come una colomba per volarmene via e riposare! Ecco, fuggirei lontano, lontano; e mi fermerei nel deserto. Aspetterei () colui che può parlarmi» [cf. Sal 55,7-8].




1 Per questa Istruzione sugli Esercizi spirituali, cf. San Paolo, agosto-settembre 1956 (CISP 704-711).



2 «Tu, che eri oleastro, sei stato innestato... su un olivo buono» (cf. Rm 11,24).



3 «Per me vivere è Cristo» (Fil 1,21).



4 «Non però che da noi stessi siamo capaci di pensare qualcosa come proveniente da noi, ma la nostra capacità viene da Dio» (2Cor 3,5).



5 «È Dio infatti che suscita in noi il volere e l’operare secondo i suoi benevoli disegni» (Fil 2,13).



6 «Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un po’» (Mc 6,31).



7 «Il silenzio prolungato costringe a meditare le realtà celesti».



8 «Che io conosca me, che io conosca Te».






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