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Giacomo Alberione, SSP Ut Perfectus sit Homo Dei IntraText CT - Lettura del testo |
Giovano molto le adunanze dei genitori, specialmente delle mamme dei nostri aspiranti e religiosi, per una giornata di festa e ringraziamento; cui si possono unire anche i Benefattori e Parroci. È occasione per ricordare ai genitori il grande onore e merito di avere un figlio religioso, od una figlia consecrata allo Sposo Divino. S. Ambrogio scriveva: «Voi, genitori, avete capito che la vergine è un dono di Dio, un’oblazione del padre, l’ostia della madre». E prima ancora rimproverava alle madri che le ostacolavano, dicendo: «Chi ha
il diritto di scegliersi un uomo non ha il diritto di scegliersi Dio?». Ricordare pure l’obbligo di lasciare liberi i figli nella scelta dello stato; anzi di favorirli ed aiutarli quando manifestano una vera vocazione: tanto per lo stato religioso laicale, come per il sacerdozio, o per gli Istituti secolari. Ed apprezzino la vita sacerdotale, specialmente quando va unita alla religiosa.
È di fede, definito dal Concilio di Trento, che la verginità ed il celibato è superiore al matrimonio.
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Art. 92. Il Superiore generale, con il consenso del suo Consiglio, espresso mediante votazione segreta, può dimettere il professo di voti temporanei, mentre ancora i voti perdurano; devono essere tuttavia osservate, con grave obbligo di coscienza, le prescrizioni stabilite negli articoli seguenti.
Art. 93. Le cause di dimissione del religioso di voti temporanei devono essere gravi e possono sussistere sia da parte della Società che da parte dello stesso professo. La mancanza di spirito religioso, che sia tale da riuscire di scandalo agli altri, è causa sufficiente per la dimissione, qualora le ripetute ammonizioni, accompagnate da qualche salutare castigo, non avessero dato risultato alcuno; non è invece causa sufficiente l’infermità, a meno che non consti, in modo certo, che sia stata maliziosamente taciuta o dissimulata prima della professione.
Art. 94. Sebbene le cause della dimissione debbano
essere chiaramente conosciute dal Superiore che dimette e dal suo Consiglio, non è tuttavia necessario che siano comprovate con giudizio formale. Devono però essere sempre manifestate al religioso interessato, cui è data piena libertà di giustificarsi, e le cui risposte verranno fedelmente sottoposte al Superiore che dimette. Contro il decreto di dimissione il religioso ha facoltà di ricorrere alla Santa Sede, e, durante la pendenza del ricorso, purché esso sia stato presentato entro dieci giorni dall’intimazione di dimissione, l’effetto giuridico della dimissione rimane sospeso.
Art. 95. Il religioso legittimamente dimesso a norma degli articoli precedenti, ipso facto è sciolto da tutti i voti religiosi e dagli obblighi della sua professione, eccettuati gli oneri annessi agli Ordini maggiori, se è in sacris, e fermo restando quanto prescritto dai can. 641 § 1, e 642. Il chierico che ha invece ricevuto solo gli Ordini minori, per il fatto stesso della dimissione, è ridotto allo stato laicale.