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Giacomo Alberione, SSP
Apostolato dell’edizione

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La conoscenza dei santi

Vi sono talora persone che non conoscono affatto i santi e ve ne sono altre che hanno una


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conoscenza confusa, errata ed offuscata da strani e falsi pregiudizi.

L’apostolo, profittando del fatto che l’uomo è naturalmente portato ad ammirare quelle persone che si distinguono per scienza e per valore, rilevi a tempo e luogo che le persone più degne d’essere conosciute sono quelle che si distinsero per virtù, cioè i santi.

I grandi secondo il mondo offrono spesso l’esempio d’una umanità gravata di macchie, di colpe, talora di non lievi errori.

I santi invece brillano sempre di una luce sovrumana, limpida e serena. La loro memoria è immortale ed eterna.

Per divulgare la conoscenza dei santi giova il far conoscere la storia dei singoli, delle classi (martiri, confessori, vergini...), la storia della santità dell’Antico e del Nuovo Testamento nelle sue caratteristiche, nei suoi periodi, nelle sue conseguenze.

Giova particolarmente l’esposizione chiara della dottrina cattolica circa l’essenza della santità.

Certi agiografi, pur con ottime intenzioni, insistono molto sulla umiltà, sulla obbedienza e su virtù particolari dei santi. E ci insistono tanto e con tale tornitura di parole da far credere che quelle siano le virtù più eccelse della santità.

La santità è umiltà, obbedienza, mortificazione,


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perché dalla fede non si va all’amore senza l’umiltà e l’obbedienza, nelle quali virtù la santità matura. L’umiltà, l’obbedienza, la mortificazione, per se stesse, sono disposizioni, fondamento, condizione per arrivare a Dio. Ma culmine ed essenza della santità è la carità: carità verso Dio e verso il prossimo.

Talora poi sarà utile ed anche necessario correggere le idee errate che circolano intorno alla persona dei santi e al concetto di santità.

Essi non sono mai – come dicono taluni – degli oziosi, inutili alla società. Le rendono invece i servizi più preziosi perché la perfezionano moralmente, e spesso anche civilmente.

Non sono dei suicidi, nemmeno parziali, perché il loro ascetismo rigido e volontario generalmente giova alla salute, e, se in certi casi le nuoce, ciò è giustificato dal bene maggiore e spirituale che ne risulta.

Non violentano la natura con l’austerità della vita e le afflizioni del corpo, poiché è nell’ordine della natura subordinare l’inferiore al superiore; è nell’ordine logico sacrificare un bene, una soddisfazione materiale, ed anche imporsi un male fisico, per conseguire un bene di ordine superiore.

Neppure la violentano coloro che si obbligano all’osservanza della castità assoluta, ossia del celibato volontario, perché il matrimonio non


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è di precetto per il singolo e il celibato cristiano è moralmente più nobile del matrimonio, non nuoce alla prosperità del genere umano, né quantitativamentequalitativamente.

I santi non sono dunque degli oziosi, dei violentatori di se stessi e della società. Essi sono invece i più nobili e più grandi benefattori della umanità. Il pane, la scienza, la civiltà, la grazia e la salvezza di tanti uomini dipendono spesso da loro.

Un giusto concetto della santità e una buona conoscenza dei santi, disporrà gli animi all’ammirazione delle loro grandezze e all’imitazione della loro vita.




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