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Giacomo Alberione, SSP
Ut Perfectus sit Homo Dei

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L’approvazione dell’Istituto

     Nel 1927 ero a Roma per la pratica dell’approvazione. Dalla Congregazione dei Religiosi ero stato mandato da un celebre Gesuita, insegnante di Diritto Canonico, già provetto ed esperto consultore della Congregazione medesima e direttore di anime.1 Lesse le nostre Costituzioni attentamente, poi mi chiamò: «Molto


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bene, mi disse; segnano un progresso sopra gli Istituti ordinari; lo spirito è buono; per l’apostolato avete preveduto e provveduto a tutto. Non tutti saranno concordi ad approvare un Istituto che vuol dedicarsi a tale apostolato; ma il mio parere è favorevole, molto favorevole». E le approvazioni si susseguirono con regolarità, come tutti sanno.

* * *

     Art. 167. In ogni casa si osservi accuratamente la clausura; per nessun pretesto, entro la cinta delle Case ed anche entro le aule scolastiche e di apostolato proprie dei religiosi, vengano ammesse donne, a meno che si tratti di quelle eccettuate dal can. 598 del Codice di diritto canonico e di quelle che, per giuste e ragionevoli cause, i Superiori stimeranno di poter ammettere.

     Art. 168. Se poi una casa ha annessa l’abitazione degli aspiranti, oppure edifici o locali destinati specialmente alle opere di apostolato, si riservi, per quanto è possibile, qualche parte dell’abitazione per i religiosi, in cui gli esterni non siano ammessi se non a norma dell’articolo precedente. E le donne non si ammettano neppure in questi luoghi esterni, se non per giusta causa e con la licenza dei Superiori.

     Art. 169. I Superiori e gli incaricati diligentemente procurino che le porte della casa si chiudano e si aprano a tempo opportuno e conveniente; e vigilino affinché la disciplina religiosa non venga turbata da


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discorsi inutili ed importuni di visitatori indiscreti, e ne venga a soffrire lo spirito religioso.

     Art. 170. Nessuno esca di casa senza la licenza del Superiore a cui se ne esporrà la causa e s’indicherà il luogo dove uno è diretto; al ritorno, di nuovo si avvertirà il Superiore.

     Art. 171. Non è lecito ai Superiori permettere che i religiosi dimorino fuori di una casa religiosa della Società, se non per giusta e grave causa e per un tempo il più breve possibile. Per un’assenza di oltre sei mesi, si richiede il permesso della Santa Sede, eccetto che sia per causa degli studi, nel quale caso si deve procurare che l’alunno alloggi in qualche casa ecclesiastica approvata dalla competente autorità ecclesiastica.

     Art. 172. Le lettere dei membri, professi e novizi, sia in partenza che in arrivo, sono soggette all’ispezione dei Superiori, eccetto quelle indirizzate alla Santa Sede e al suo Legato nella nazione, al Superiore generale, ai Consiglieri generali, ad un altro Superiore maggiore, al Superiore della casa che fosse assente, oppure quelle che si ricevono da queste stesse persone. Tuttavia ricordino i Superiori che sono tenuti al segreto delle cose lette nelle lettere dei sudditi; devono servirsi con prudenza e carità del diritto di regolare le relazioni epistolari dei sudditi.

     Art. 173. I membri coltivino l’osservanza religiosa, in modo da essere di esempio a tutti e possano progredire efficacemente; si esaminino con diligenza sui propri obblighi accusandosi severamente davanti a Dio.




1 L’8 marzo 1927 Don Alberione aveva scritto a Don Giaccardo, a Roma: “conviene intervento di persona importante” per l’approvazione. È possibile che si tratti di P. Generoso Graziosi (1856-1934), insegnante di Teologia morale, Diritto Canonico e Storia della Chiesa, e dal 1922 al 1934 consultore presso la S. Congregazione dei Religiosi. Anche un altro gesuita, il P. Enrico Rosa (1878-1938), direttore di Civiltà Cattolica, ebbe un ruolo importante in tutta la vicenda delle pratiche svolte presso la Santa Sede, il Vicariato di Roma e il Papa Pio XI.






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