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Giacomo Alberione, SSP
Appunti di Teologia Pastorale - II edizione

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IV. Mostrarsi sempre ragionevoli nel ministero.Spiego il mio pensiero: dimostrare che ciò che facciamo è tutto pel bene altrui, che la religione è utile non solo al prete, ma a chi la pratica, che essa non esige stranezze, ma promove e inculca una morale che renderebbe felice l’uomo e buona la società, se venisse praticata. Diverse applicazioni: spesso ad un sacerdote è doveroso proibire la lettura di libri o giornali: qualche volta egli deve schierarsi pel partito del bene, contro il partito del male, ecc. In questi casi dimostri che non lo fa per interesse proprio, ma pel


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vantaggio delle anime altrui; non dica ad es.: io ti proibisco questo libro; ma dica: questa lettura è proibita senza grave necessità, poiché diminuirebbe lo spirito di fede, abbasserebbe il livello morale, ecc., altri l’han fatta e ne ebbero danno, ecc.

Inoltre: mostrarsi sempre amico del vero progresso anche materiale, non opponendosi, anzi favorendo, moderatamente, le buone iniziative: impianti telefonici, elettrici, linee tranviarie, ecc. Il mondo cammina a dispetto dei laudatores temporis anteacti... e il Sacerdote che assume una posizione contraria a queste buone novità perderebbe la stima e l’affetto del popolo e più del ceto colto. – Mostrarsi pure amico dell’istruzione popolare e della scienza. È grave sconvenienza che il Sacerdote sparli così spesso degli avvocati, dei medici, dei maestri, ecc.: che mostri disgusto perché vien istituita una nuova classe, una nuova scuola, perché il popolo legge, perché oggi tutti sanno, ecc.: tanto più se portasse come ragione che tutto ciò allontana dalla religione. Che dunque la religione sia nemica della scienza? Che dunque chi è istruito naturalmente sia irreligioso? No: è piuttosto che moltiplicandosi i pericoli conviene moltiplicare i buoni mezzi: giova cercare il modo di far servire il sapere alla religione: giova accrescere l’istruzione religiosa. Se il popolo legge, occorre dargli buone letture.

Ancora: nel predicare escludere le invettive, mai cercare di imporre la propria volontà, né pretendere che il popolo si adatti d’un tratto a pratiche che prima ignorava, o che tutti assolutamente agiscano in conformità alle parole nostre. Conviene invece mostrare la ragionevolezza di quanto inculchiamo: conviene esporre con calma il bene che ne verrà: conviene


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aspettare che il seme gettato nei cuori si svolga e faccia i frutti: conviene pensare che per cambiare idee ed abitudini, come per noi, così per gli altri, occorrono lunghi anni.

In ultimo: mostrare che la religione non è un pietismo vuoto e sentimentale, ma una vita buona; che non è un complesso di cerimonie, ma di virtù; che non impedisce, ma aiuta e nobilita tutti gli altri doveri; che la preghiera ed i SS. Sacramenti non sono fini a se stessi, ma mezzi a vincere le passioni; che dove vi è religione prosperano la vita domestica e la vita sociale.




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