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Giacomo Alberione, SSP Brevi meditazioni - I IntraText CT - Lettura del testo |
(128) MORTIFICAZIONE – II
1.o In che cosa dobbiamo mortificarci? Sempre ed in tutto; interiormente ed esteriormente. Interiormente: l’intelligenza, la volontà, la
memoria, la fantasia, il cuore. Non si tratta di distruggere queste ottime facoltà, ma di renderle mortificate: cioè obbedienti come un cadavere, cioè come fossero morte: il cadavere comunque si disponga non fa opposizioni.
Ciò che è cattivo, è male pensarlo, immaginarlo, ricordarlo, amarlo, desiderarlo. Ciò che è inutile, è tempo perso pensarlo, immaginarlo, desiderarlo; poiché causa una notevole perdita di tempo prezioso e di energie spirituali. La mortificazione insegna: ad allontanare i pensieri cattivi ed inutili, a togliere le immaginazioni cattive, a impedire il ricordo ed i desideri di cose cattive ed inutili. Invece ciò che è vero, buono e utile sia pensato, voluto, immaginato, ricordato, desiderato, amato.
Ritrarre la mente, la volontà, la fantasia, il cuore dalle cose inutili o cattive chiamasi mortificazione negativa: «recede a malo». Invece, spingere la mente, la volontà, il cuore, la fantasia, la memoria verso ciò che è onesto o santo significa esercitare la mortificazione positiva: «fac bonum».