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Giacomo Alberione, SSP Brevi meditazioni - I IntraText CT - Lettura del testo |
(131) MORTIFICAZIONE – V
1.o La mortificazione si estende agli occhi, all’udito, alla lingua, al gusto, al tatto, all’odorato. L’occhio sia disciplinato: usato, cioè in quello che è buono, e ritirando gli sguardi da ciò che è pericoloso. Gli occhi sono le finestre dell’anima e attraverso ad esse può entrare la virtù o il peccato. Dice lo Spirito Santo: «C’è tra le cose create qualcosa di più invidioso dell’occhio?» (Eccli. 31, 15).
Dice Gesù Cristo: «Se il tuo occhio ti scandalizza, strappalo e gettalo lontano. E’ meglio entrare in paradiso con un occhio solo che andare all’inferno con due» (Mt. 18, 9). Eva, dietro il suggerimento del demonio, guardò il frutto proibito: «Bello agli occhi, dilettoso all’aspetto» (Gen. 3, 6) e cadde. Davide cadde perché in un giorno di riposo si fermò ad osservare una persona per lui pericolosa.
Nei salmi si prega il Signore: «Distogli i miei occhi dal vedere la vanità» (Ps. l18, 37).
Molti credono di poter vedere tutto... ma poi non è più in loro potere arrestare i pensieri ed i sentimenti: quindi rovinose cadute. Vi sono anche sguardi gravemente colpevoli: «Virginem, ne conspicies, ne forte scandalizaris in decore illius» (Eccli. 9, 5).
Buon uso degli occhi: Un pio giovanetto invitato ad osservare mondanità pericolose, dichiarò:
Io voglio riservare i miei occhi a contemplare Maria in cielo.
Gli occhi ci servono per tanti buoni usi nella vita quotidiana, nello studio, nel lavoro, nel camminare, nelle relazioni sociali. S Giovanni Berckmans neppure per i rumori improvvisi volgeva precipitosamente lo sguardo. S. Luigi, dopo un tempo notevole che era alla corte di Spagna, non conosceva la imperatrice se non al suono della voce. S. Luciano aveva tanta modestia, che, osservandolo, i pagani si convertivano.