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Giacomo Alberione, SSP Brevi meditazioni - I IntraText CT - Lettura del testo |
2.o Il lavoro è comando di Dio: «Come l’uccello è destinato al volo, così l’uomo alla fatica» (Job. 5, 7). Ed anche prima del peccato originale l’uomo doveva lavorare: «Perché lo lavorasse e lo custodisse» (Gen. 2, 15); doveva custodire e lavorare il giardino delle delizie.
Dio è sommamente attivo, ed è il primo motore; l’uomo deve essere simile a Lui. La vita è moto; l’ozio è morte.
Il lavoro è la pena del peccato, inflitto ad Adamo: «Con fatiche trarrai il nutrimento» (Gen. 3, 19); quel pane che prima mangiavi lavorando, ma senza sudore, d’ora in poi sarà bagnato dal tuo sudore.
Il lavoro è necessità di vita. Perciò S. Paolo scriveva: «Chi non lavora non mangi» (2 Thess. 3, 10). Si capisce che vi sono varii lavori: dove predomina l’intelligenza, dove predomina lo spirito, dove predomina il corpo: vi è il maestro,
il sacerdote, il contadino, il professionista, il soldato, l’artista, l’operaio.