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Giacomo Alberione, SSP Brevi meditazioni - II IntraText CT - Lettura del testo |
2.o «In Dio ha sperato il mio cuore e sono stato aiutato; è rifiorita la mia carne...» (Ps. 27, 7), dice il Graduale. E l'Offertorio (Ps. 29, 2‑3), aggiunge: «O Signore, esalterò Te, perché mi hai accolto; e non hai permesso che i miei nemici ridessero di me, io Ti ho invocato e Tu mi hai guarito».
L'Ufficio divino parla in questi giorni di Ezechia. Egli pose la sua confidenza nel Signore: e non vi fu alcun re uguale a lui. Quando Sennacherib, re d'Assiria, voleva impadronirsi di Gerusalemme, Ezechia salì al tempio ed innalzò al Signore preghiere pure e sante. Allora il profeta Isaia disse ad Ezechia di non temere; poiché Dio avrebbe difeso il Suo regno. L'Angelo del Signore colpì di peste 185.000 uomini assiri: il rimanente dell'esercito fuggì atterrito. Ezechia cadde anche gravemente ammalato ed Isaia gli annunziò la morte. Ma Ezechia pregò fervorosamente. Ed ecco il Signore gli mandò di nuovo il profeta
ad annunziargli la guarigione: «Ho udita la tua preghiera e viste le tue lacrime: ed ecco che ti guarisco e fra tre giorni salirai al tempio del Signore» (4 Reg. 20, 5). Infatti egli guarì e regnò ancora quindici anni. Nel Vangelo il sordomuto prega per mezzo dei suoi amici e per mezzo della sua presenza e del suo aspetto. I poveri, stando innanzi ai ricchi con gli abiti laceri e con atteggiamento supplichevole, dicono tutto il loro bisogno e tutta la loro speranza. Gesù toccando le orecchie del sordomuto e la lingua con un po' della sua saliva, lo risanò. Egli parlava rettamente. Il popolo era fuori di sé per l'ammirazione e l'entusiasmo verso Gesù che fece udire i sordi e parlare i muti.