Indice: Generale - Opera | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
Giacomo Alberione Donna associata IntraText CT - Lettura del testo |
3. La storia in DA
DA riflette il «suo tempo» – come scriveva don Alberione –, cioè il periodo 1912-1915 e dintorni: periodo che ambienta e necessariamente anche data l’opera.
Alberione menziona, come «attuale» in quegli anni, una attività giacobina, rivoluzionaria, socialista [DA 36]; il socialismo come massoneria popolare [DA 33]; la massoneria [cf. DA 31], eccetera.
Termini come collettivismo, positivismo, socialismo, femminismo, anticlericalismo, laicismo, strapotere della stampa, voto alle donne, sindacato, circoli, associazione, credito, emigrazione indicano solo alcuni degli importanti fenomeni sociali di quel tempo, ben noti all’Autore. Infatti, oltre a registrarli, molti di questi, egli li combatte.
Don Alberione quando scrive DA non ha ancora compiuto i 28 anni. È forse anche per questa ragione, la giovane età, che concepisce i suoi stessi scritti come un’arma bianca, accettando il principio della contrapposizione di stampa buona a stampa cattiva.
Presto però le sue idee diventeranno iniziative, anche se il contesto entro cui egli si muove resta quello di una lacerazione in atto tra Chiesa e Stato. Naturalmente don Alberione sta con la Chiesa e, in genere, contro lo Stato laicista.
Tuttavia, questa sua militanza religiosa che traspare in DA non lo allontana da un impegno in prima persona nel sociale. Lo apre, anzi, anche al campo politico.
Egli si schiererà, per esempio, a favore dell’associazionismo cattolico nella scia della disciolta Opera dei Congressi.
Un dialogo tra Chiesa e Stato, come tra progressisti e conservatori nello stesso mondo cattolico, era scarsamente praticato e anche don Alberione si mostrava poco convinto della sua necessità o efficacia. Era il tempo in cui la lealtà al proprio schieramento, o alla gerarchia, era la virtù prioritaria.
Era il tempo della lotta antimodernista. In DA, tuttavia, di modernismo o di modernisti non c’è traccia. La cosa può apparire strana, considerata la notorietà di cui quel movimento godeva anche presso il clero piemontese.
Don Alberione tentò evidentemente di distanziarsi, seguendo una sua strada, per esempio estraendo dal modernismo quel moderno o nuovo che essendo sano può essere accolto da tutti.
«Questo si ha di nuovo: alcuni mezzi moderni adoperati per lo scopo antico: di salvare le anime.
I nemici sono ricorsi ad armi nuove, noi non possiamo né dobbiamo combattere i cannoni Krupp servendoci dei cannoni ideati da Napoleone I» [DA 39].
Don Alberione si dichiara esplicitamente aperto al rinnovamento. Sull’onda dello stesso grande movimento femminile, cattolico e massonico di quegli anni, egli specificherà che una mediazione nuova, e insieme naturale, da assumersi dal clero per combattere il male è proprio la cooperazione uomo-donna.
Alla vigilia della grande guerra (1915-1918), nel 1914, moriva Pio X, il cui pontificato aveva segnato non poco il giovane don Alberione. A Pio X era succeduto Benedetto XV (Giacomo Della Chiesa).
Nel medesimo anno 1914 don Alberione, a 30 anni di età, aveva dato inizio alla Pia Società San Paolo. Un anno dopo, in coincidenza con la pubblicazione della seconda edizione di Appunti di teologia pastorale, aveva avviato la fondazione della futura Pia Società delle Figlie di San Paolo (15 giugno 1915).
L’Italia era entrata nella grande guerra mondiale quando DA era già in stampa, troppo tardi perché gli echi del conflitto raggiungessero quest’opera.