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Giacomo Alberione
Donna associata

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[Femminismo cristiano]

E davvero, il femminismo di nuovo non aveva che il nome: gli errori stessi erano tanto antichi, quanto le donne di mala vita.

Non il nome specioso del femminismo, ma la sostanza del femminismo buono è antica quanto il cristianesimo e più ancora, per molta parte. Infatti esso consiste nell’attuare tutte le dottrine della nostra fede in favore della debolezza e della dignità della donna.

E discendendo a particolarità possiamo dire che il programma del femminismo buono, benedetto ed esposto da Sua Santità Pio X il 21 aprile 1909, ha due parti: una negativa e l’altra positiva, quanto alla parte negativa questo femminismo si oppone:

1. A togliere sistematicamente e per principio la donna dall’ambiente famigliare per gettarla in tutti gli uffici di avvocatesse, medichesse, deputatesse, poliziotte, soldatesse, ecc. ecc.: la donna è essenzialmente madre e tale deve restare; madre del corpo per la generazione e dell’anima con l’educazione, se ha creature particolarmente sue: madre del corpo colla carità e beneficenza e madre dell’anima per l’istruzione, se non ha creature determinatamente sue.

2. Alla disgregazione e sfacelo della famiglia, cellula della società: e quindi al divorzio, al libero amore, ad ogni forma di immoralità moderna,


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ad ogni mezzo di corruzione messa innanzi colla moda libera, col divertimento disonesto, coll’esporsi procace, ecc.

3. A tutto quel movimento femminista, rivoluzionario e socialista che oggi si organizza in ogni parte del mondo. Né oggi può più credersi che tale movimento sia solo una velleità: poiché, iniziato negli Stati Uniti d’America, è passato nell’Inghilterra, in Francia, in Germania ecc.: ed in Italia ci si presenta per mezzo specialmente di due istituti nazionali cioè il Consiglio Nazionale delle donne italiane (creazione10 di una federazione femminile internazionale) e l’Associazione per la donna. E neppure si può dubitare del loro spirito antireligioso: poiché il primo si vanta bensì di essere apolitico e aconfessionale (art. II), ma in pratica si mostra anticattolico e, per esempio a Roma, nel 1908, emise voto contrario al catechismo11 nelle scuole elementari; la seconda poi si manifesta chiaramente in tutta la sua attività giacobina, rivoluzionaria, socialista ecc. Ed il numero delle donne, organizzate in questi due istituti, sale in Italia complessivamente alla cifra di 16.000 circa. Né si dica che il socialismo, nella parte che riguarda le donne, abbia perduto il suo prestigio ed ormai non abbia più che scopo economico: poiché, dato e non concesso, che sia morto il socialismo in Italia, non è morta e non morrà così facilmente la massoneria. Ora la massoneria, come si è veduto sopra, tende oggi a far


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sua la donna, per farne uno strumento di lotta contro le verità della fede, contro la fede, contro i vescovi, contro la religione. Contro questo falso femminismo oggi sorge il femminismo buono.

E venendo alla parte positiva di quest’ultimo, possiamo dire che egli tende specialmente a questi fini:

1. Procurare che la donna compia il massimo bene nella famiglia. Questo è il primo, il più obbligatorio, il più efficace, il più facile lavoro della donna. Per me ho questa persuasione: i nemici della religione e del prete trovano il gusto matto e credono di averci posti in un impiccio inestricabile quando ci dicono che siamo metafisici e mettono in canzonatura san Tommaso12 e gli scolastici: ma intanto essi cadono nella fossa scavata per altri. Essi non solo sono metafisici, ma dei veri progettisti e fabbricatori d’utopie quando vogliono ad ogni costo e sempre e per sistema far uscire la donna dalla famiglia. Ma ciò è voler mettere le fondamenta al posto del tetto, la cantina sul solaio; è trascurare il principio che il poeta esprime con quelle parole:

Se il mondo di laggiù ponesse mente
Al fondamento che natura pone
Seguendo lui, avria buona la gente.13

La donna come si esprime Dio nella Scrittura, secondo le sue inclinazioni naturali, secondo


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le sue attitudini, secondo i bisogni della vita quotidiana, in primo luogo come campo delle proprie fatiche ha la famiglia sua. E chi vuol darle, come primaria occupazione, un lavoro fuori di essa, dovrà violentare i suoi gusti, dovrà opporsi ai disegni provvidenziali di Dio, dovrà creare degli imbarazzi seriissimi all’uomo e alla società, dovrà creare delle spostate, delle infelici, delle inutili, e, peggio delle rivoluzionarie. La donna in casa è regina, se sa esserlo e, senza pretenderlo, può dominare il cuore dei suoi cari. – Ed è di qui che essa potrà riuscire, quando lo voglia, ad avere la massima influenza sulla società. Poiché, se vi fu anche qui qualche progettista che sognò uno Stato basato non più sulle famiglie, ma sopra un mal definito collettivismo statale esteso anche agli individui, la natura e il buon senso concordemente ci diranno sempre che la famiglia è il fondamento dello Stato, è la cellula dello Stato, è indispensabile allo Stato. Che se lo Stato risulta di famiglie, esso sarà come la generalità di esse: cioè tanto migliore quanto migliori saranno le famiglie, ed ecco che quel sesso che vien chiamato debole, stando a suo posto, diviene il generatore occulto, ma vero, della fortezza, della prosperità, del progresso della nazione. Ed ecco che come in ogni fatto particolare si sente la parola proverbiale “cherchez la femme”,14 così di fronte alle


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condizioni d’un popolo e d’uno Stato può dirsi: osservate come siano le donne. Femminismo ben inteso dunque è quello che tende qui: [a] formare delle figlie che siano di fatto e per quasi adozione le piccole madri in virtù ai fratellini: formare delle spose che siano le amiche dell’anima del marito per farla simile a loro nella fede, nella pietà, nella virtù: formare delle madri che siano come la forma in cui si plasmerà cristianamente l’anima dei figli.

Si dirà: per questo non avevamo bisogno d’un nome e d’un programma nuovo: è ciò che si è sempre predicato. Lo si è detto, la sostanza del femminismo buono è antica come la nostra religione, la quale ha in sé quanto basta non solo a guidar l’anime al paradiso, ma anche a portare i popoli a quella felicità relativa e possibile nella vita presente. I secoli non aggiungeranno altro, né cambieranno i suoi principii essenziali ed immutabili. Di nuovo però vi è questo: la donna d’oggi deve formare gli uomini d’oggi: deve sovvenire ai bisogni dell’uomo d’oggi: deve servirsi dei mezzi d’oggi. E, per fare solamente un esempio, la donna d’oggi deve essere più istruita nella fede che non la donna dei secoli addietro. Ella ha da prevedere un poco le obbiezioni, le difficoltà che incontrerà la fede del figlio, in mezzo al mondo: ella non può gettare questo figlio come un agnello indifeso in mezzo a lupi rapaci:15 ella


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deve armarlo di un’istruzione più completa. Lo si ripete sino alla noia, ma non troppo certamente: i giovani vanno in chiesa e frequentano anche la comunione sino ai dodici, o quattordici anni... poi non ve li vedete più. Fatto che può avere molte cause: non ultima quella d’una madre che non poté dare ciò che non aveva: una più ampia istruzione religiosa, un carattere più forte innanzi alle mille seduzioni del mondo...

Questo si ha di nuovo: alcuni mezzi moderni adoperati per lo scopo antico: di salvare le anime. I nemici sono ricorsi ad armi nuove, noi non possiamo né dobbiamo combattere i cannoni Krupp16 servendoci dei cannoni ideati da Napoleone I.

Più innanzi si vedranno meglio il senso e i mezzi per il principio: la donna d’oggi deve formare l’uomo d’oggi.

2. Prima e più naturale operosità della donna è quella della famiglia: seconda e quasi complemento della prima è quella oltre le pareti domestiche. E qui la donna può dar mano ad un numero grandissimo di opere femminili. Ella può aiutare la propaganda religiosa, entrando nelle associazioni: Dame di San Vincenzo, Dame della misericordia - Catechismi parrocchiali - Scuole di religione - Congregazioni mariane - Pia unione delle Madri cristiane - Ritiri operai17 - Protezione della giovane18 - Santa


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Infanzia - Propagazione della fede - Leghe pel riposo festivo - Leghe contro la bestemmia, della buona stampa, ecc.

Ella può aiutare l’azione sociale: Patronato e Mutuo soccorso per le operaie - Opera di riabilitazione - Protezione della donna all’estero - Leghe contro il duello - Cucine economiche - Pensioni di famiglia - Casse dotali - Casse di maternità - Casse di previdenza - Laboratori - Sindacati femminili, ecc.

Ella può intensificare la cultura propria sia riguardo alla religione, sia riguardo a materie sociali, sia riguardo alla parte morale, sia ancora per le cose d’igiene, del governo della casa, ecc. E tutto ciò in scuole di famiglia, in circoli di cultura, in scuole di sociologia, in apposite biblioteche.

Come si vede, il lavoro che si offre alla donna è immenso: e crescerebbe ancora a dismisura se si volessero ricordare i due campi di attività femminile assegnati comunemente alle suore ed alle maestre: campi in cui davvero la donna può farsi, secondo mons. Bonomelli,19 aiuto al sacerdozio e alla Chiesa nella grande opera della salvezza delle anime.

Rimane ancora da rispondere ad una domanda per indicare più o meno il programma di lavoro del femminismo cristiano: che pensa esso di altre questioni, agitate dal femminismo socialista, per esempio del voto politico o amministrativo


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alla donna? Il femminismo cristiano non se ne occupa direttamente, persuaso che non sia il turbinio delle passioni politiche il luogo migliore per l’azione femminile. Certo però che il giorno in cui tal diritto venisse riconosciuto alla donna, diverrebbe anche per lei un dovere l’approfittarne; non fosse altro per non rinunziare ad un’arma che nelle mani settarie subito sarebbe rivolta contro i principii cristiani.

Distinto così l’un femminismo dall’altro, non si vede più ragione alcuna per non combattere con ogni zelo il primo e non promuovere d’altra parte il secondo. Combattere il primo è lottare contro la massoneria e lo spirito massonico, che di tutto si vale a danno della Chiesa: e questo è dovere indiscutibile d’un sacerdote; favorire il secondo vuol dire approfittare di uno strumento di bene e assecondare lo spirito della Chiesa.

Ma la donna può davvero compire tal missione? La compì pel passato? La deve compire per l’avvenire? Ecco tre domande cui è conveniente dar una risposta a persuadere anche i più scettici.

 

 




10 DA ha reazione.



11 Alberione accenna al catechismo spesso, cf. DA 127; 169; 187, 189, 190-192; 221; 250; 255; 259; 275; 324-325. Nell’ultimo trentennio del XIX secolo e nel primo decennio del XX una riflessione sul metodo catechistico in Piemonte faceva capo al francese mons. Dupanloup, vescovo di Orléans, che in un intervento scritto inviato al congresso di Piacenza dal suo biografo – mons. Lagrange, vescovo di Chartres – veniva chiamato “il più grande catechista del suo secolo”. Mons. Lagrange scriveva: «La sua [di Dupanloup] concezione fondamentale del catechismo è questa: esso non deve dare solo l’istruzione, ma anche e soprattutto l’educazione religiosa; e così esso non è solo un insegnamento, una scuola di religione, ma un ministero, un apostolato». Per Dupanloup, «il fine del catechismo è Gesù Cristo e il suo amore» (cf. Dupanloup, L’Œuvre par excellence: Entretiens sur le catéchisme, tradotta in italiano nel 1870). Il rilancio catechistico suscitato dal Concilio Vaticano I ebbe un momento forte in Italia nel Congresso catechistico nazionale di Piacenza del 1889. Vi partecipavano circa 400 sacerdoti, provenienti da tutta Italia, con esclusione di laici benché essi cooperassero spesso in maniera determinante. Nella sua prolusione al congresso, il card. Capecelatro sostenne due tesi di fondo: 1) l’unificazione di tutto l’insegnamento religioso nella persona di Cristo; 2) la catechesi deve prima di tutto insegnare “i fatti cristiani” e seguire “il loro ordinamento storico”, perché esso «mentre giova di molto a imprimere bene i fatti nella memoria, dà ai fatti stessi unità, calore e vita» (cf. Atti e Documenti del Primo congresso catechistico tenutosi in Piacenza nei giorni 24, 25, 26 settembre 1889, Piacenza, Tedeschi 1890, p. 59). Nel Congresso ci si preoccupava della decadenza dell’insegnamento e dell’istruzione religiosa tra i cattolici italiani. Mons. Scalabrini faceva notare fin dall’inizio che «in tempi migliori la scienza teologica era la scienza non solo del tempio, ma di tutte le scuole, e come in piccolo veniva appresa con amore dal fanciullo alla scuola del parroco, così veniva profondamente studiata nei licei ed università» (pp. 60-61). Ora invece il catechismo era “trascurato, vilipeso, avversato”, escluso dalle scuole e poco frequentato anche nelle parrocchie. Mons. Bonomelli – che don Alberione ammirava – nella sua relazione aveva sostenuto che «l’insegnamento non deve essere soltanto orale, ma visivo» (p. 228). A questo proposito, anche un sacerdote svizzero, Hippolyte Ducellier, della diocesi di Ginevra, sosteneva che «tanti elementi costituenti la Chiesa sono visibili e devono essere visti» e che per questa «gioventù che ci scappa» è necessario «trovare dei metodi d’azione nuovi», perché «il metodo orale, per domande e risposte, cioè il metodo catechistico, non basta più» (pp. 329-330). Il Congresso fece fare un passo avanti sul testo di catechismo e sull’unificazione dei catechismi. È certo dovuto al suo influsso se l’Episcopato lombardo e piemontese (di cui vari membri si erano espressi a Piacenza per il Catechismo unico per l’Italia) si accorderanno nel 1896 per adottare lo stesso Catechismo, quello di mons. Michele Casati (vescovo di Mondovì, 1765) che successivamente fu accolto anche in Liguria ed Emilia e, nel 1903, in Toscana. Pio X, nel 1905, aveva preso questo Catechismo e – con lievi ritocchi – lo aveva adottato per le diocesi della provincia ecclesiastica di Roma. Da una radicale revisione e abbreviazione di questo stesso testo, nel 1912 derivò quello che sarà conosciuto come Catechismo di Pio X (cf. Chiesa e Società nella II metà del XIX secolo in Piemonte, o. c. [DA 32, nota 6], p. 363). Don Alberione si mostra particolarmente sensibile al problema catechistico.



12 Tommaso d’Aquino (1225-1274) di Roccasecca, Frosinone, è riconosciuto nella Chiesa cattolica romana come il più grande filosofo del Medioevo. La sua filosofia, che divenne per secoli la dottrina ufficiale della Chiesa (il “tomismo”), tenta una conciliazione tra cristianesimo e aristotelismo.



13 Dante Alighieri, Paradiso, viii, 142-144.



14 Cercate la donna» è una frase pronunciata da un poliziotto parigino nel dramma (rappresentato la prima volta nel 1864) Les Mohicans de Paris di Alexandre Dumas padre (1803-1870), atto terzo, quadro quinto, scena settima.



15 DA ha Kroup. Krupp è il cognome di una famiglia tedesca che possedeva i più grandi stabilimenti per l’acciaio e le armi in Europa.



16 DA ha Kroup. Krupp è il cognome di una famiglia tedesca che possedeva i più grandi stabilimenti per l’acciaio e le armi in Europa.



17 Sono l’Opera degli Esercizi spirituali di sant’Ignazio, dati per alcuni giorni di seguito a persone raccolte in case a ciò destinate; «opera che i francesi chiamano des retraites fermées da cui des retraites fermées ouvrières, i “ritiri operai”». «In Chieri... si pensava da lungo tempo e fu iniziato alfine il tentativo [di ritiri operai] nel 1907; indi nel 1908 rinnovato ripetutamente con sempre migliore successo. In una casa bene adatta, che da un poggio rilevato alla campagna guarda la città vicina, lontano dagli strepiti e dalle distrazioni della vita, furono raccolti una trentina da prima, poi una cinquantina e più di operai e intrattenutivi per ben tre giorni nel silenzio, nella meditazione e nelle altre pratiche religiose, proprie degli Esercizi spirituali, secondo il metodo di sant’Ignazio. Il simile fu fatto, quest’anno stesso, a Torino e in un’altra piccola città, prossima a Torino, in Avigliana. E l’esito fu sì felice che a cinque corsi di Esercizi succedutisi a intervallo, presero parte un 210 operai, e non ostante l’obbligo rigoroso del silenzio, l’occupazione mentale, insolita per uomini tali, la regolarità e la disciplina, per loro affatto nuova, tutti, meno quattro, vi perseverarono fino alla fine» (cf. La Civiltà Cattolica 4 [1908] 61-69). In DA Alberione menziona ancora questi ritiri operai (cf. DA 197) che erano nati in Francia con il Padre Watrigant come un metodo per cercare di farsi aiutare, e che presto erano arrivati in Piemonte (cf. appunto I ritiri operai in Chieri nel 1907 e 1908 - I ritiri operai in Torino nel 1908 [Opera degli Esercizi spirituali], Torino, Tipografia Artigianelli 1908).



18 La fondatrice è la baronessa Montenach, moglie di un deputato del Parlamento Svizzero.



19 Geremia Bonomelli, nato il 22 settembre 1831 a Nigoline, Brescia, nel seminario di Brescia fu ordinato sacerdote il 2 giugno 1855. Fu quindi inviato all’Università Gregoriana a Roma, dove ebbe maestri il Passaglia, lo Schrader, il Patrizi. Due anni più tardi, dottore in teologia, iniziò l’insegnamento nel seminario della sua diocesi dapprima come professore di filosofia della religione e poi di ermeneutica e di dogmatica, finché, l’8 luglio 1866 fu promosso parroco di Lovere. Il 26 novembre 1871 fu consacrato vescovo di Cremona (allora 222 parrocchie, 650 sacerdoti e 350.000 fedeli). Bonomelli avviò una energica azione di riforma della disciplina e degli studi. Aprì scuole popolari gratuite, appoggiò circoli operai e giovanili; favorì l’incremento delle comunità religiose e si dedicò personalmente ad un’opera catechistica intensa, predicando fino a otto volte al giorno durante le sue visite pastorali. Una vasta attività pubblicistica costituì per lui l’ampliamento nello spazio e il prolungamento nel tempo della sua più intima vocazione di catechista e di apologista. A Cremona promosse la fondazione di vari giornali, fra cui Il messaggere (1880-1894) e Il cittadino (1898-1905). Per tutta la vita mantenne una fitta corrispondenza con uomini tra i più insigni dell’epoca, sia italiani che stranieri, per scambio di idee su problemi scottanti del giorno.




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