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Giacomo Alberione
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Scopo dell’educazione

Un giovane avrà appreso un’arte od un mestiere, quando saprà esercitarlo senza l’assistenza ed il consiglio del maestro. Un giovane, nello stesso senso, si potrà dire educato moralmente e religiosamente, allorché fuori dell’occhio del superiore o dei genitori saprà essere religioso e ben costumato. Occorre formare i giovani a viver da sé: è necessario formarli così forti di volontà da resistere all’influenza del male che s’innalza d’ogni parte: dar loro tale istruzione religiosa da resistere poi alla


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valanga di errori, che precipita d’ogni parte: dotarli di tal senno pratico da non lasciarsi guidare dal primo consiglio, dal primo compagno, da qualsiasi esempio: riempire il loro cuore di tali sentimenti di pietà, di bontà, di carità che respingano le bassezze delle passioni. È un lavoro immenso e complesso, giacché si tratta di impossessarsi e dominare tutta l’anima. Si tratta di dare una fede ben illuminata che fissi le idee: una pietà vera che guidi i sentimenti: una volontà risoluta che assicuri la perseveranza: un senso pratico che sia guida sicura; una coscienza diritta che non si lasci sedurre; una spinta soprannaturale che, ricordando il cielo, renda meno potenti le attrattive della terra. E ciò non in modo qualunque: ma energico e prudente.

Energico: spesso giova opporsi ai piccoli capricci dell’età, giova amare più colla testa che col cuore, giova sacrificare comodità, tempo, sanità. Energico: perseverando sinché l’abito buono non sia formato: non abbandonando, come pur troppo spesso avviene, all’età critica il giovane: provvedendo a tutti i particolari bisogni suoi.

Prudente: abbiamo oramai le orecchie piene di lamentele comunissime: i giovani stanno col prete sino ai dodici, o quattordici anni, poi l’abbandonano: si crede che la religione sia buona per i fanciulli e le donnette e non


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per gli uomini di qualche talento: quelli che escono dagli istituti religiosi di educazione divengon peggiori degli altri. Mali esagerati, ma non del tutto. E spesso il peccato originale si dovrebbe ricercare nel metodo d’istruzione o educazione: si dà spesso un’istruzione che vorrei dire aprioristica o metafisica. Si mira cioè non nell’avvenir del giovane, alle circostanze di ambiente, di occupazioni, di pericoli in cui si troverà, ma al presente, ma a farlo crescere un giovane da convento, ma a fargli eseguire materialmente e ciecamente i comandi. Eppure gran parte dei giovani un giorno saranno padri e madri di famiglia: eppure la massima parte sono destinati a vivere nel mondo: eppure tutti sono esseri ragionevoli, che devono in seguito dirigersi e non venire perpetuamente diretti.

La madre meglio d’ogni altro, nei casi ordinari, può conoscere l’avvenire del figlio e dire a sé stessa: io devo formarlo atto a vivere da sé in quel posto. Ed allo scopo ella può usare i quattro mezzi che formano i quattro doveri d’una madre verso i figli: istruzione, esempio, correzione, vigilanza.




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