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Giacomo Alberione
Donna associata

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Pia unione delle Figlie di santa Maria Immacolata

Essa ha molte affinità con le amicizie spirituali: infatti ha il medesimo scopo: «formare congregazioni di zitelle divote, intente a


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procurare la propria santificazione ed a coadiuvare alla salvezza del prossimo». Ma ne differisce perché assai più perfetta: sta come una via di mezzo tra lo stato secolare ed il religioso. – Si compone di quelle persone pie, che vorrebbero abbracciare la vita religiosa: ma che non lo possono o per povertà o per una opposizione invincibile dei parenti, o per difetto di sanità ecc. Restando però nel mondo, esse intendono di santificarsi colla pratica dei consigli evangelici, secondo sarà possibile nelle loro particolari circostanze della vita, collo schivare ogni peccato mortale e veniale avvertito, coll’attendere alle virtù e di più: «coll’impegnarsi, con ogni sforzo, nella santificazione degli altri».

Questa pia unione è dotata non solo di regolamento proprio, ma ha una superiora eletta fra le iscritte, ed è diretta da un sacerdote, potrebbe anche essere il solo confessore della superiora, senza alcuna formalità di scelta.

Le socie si adunano almeno ogni settimana per conferire riguardo alle cose di spirito, per pregare, per correggersi. Nel loro regolamento poi trovano i mezzi più ordinari ed efficaci di perfezione cristiana, tanto da poter praticare, per quanto è possibile in mezzo al mondo, ciò che fanno le suore nel convento.34 Ma questa pia unione qui ci interessa specialmente per lo zelo che esige nelle iscritte. Ecco alcune regole:


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N. 5 – «Le figlie di santa Maria Immacolata devono esercitarsi nelle opere di misericordia, assistendo, per quanto lo comportano le proprie obbligazioni, specialmente alle povere inferme del luogo».

N. 6 – «Devono esercitarsi nello zelo della gloria di Dio e della salute delle anime, impegnandosi particolarmente che nelle proprie famiglie regni il santo timor di Dio e si pratichi la pietà».

N. 7 – «In modo speciale si devono occupare della coltura delle fanciulle trascurate dai loro genitori: fare che esse frequentino i santi sacramenti e la dottrina cristiana: anzi, potendo, la insegneranno alle medesime, secondo il bisogno».

N. 8 – «Procureranno inoltre di coltivare lo spirito delle più grandicelle, perché si innamorino delle cose sante, e si diano ad una vita divota».

N. 9 – «Secondo l’opportunità, si prenderanno pure impegno di promuovere le varie pratiche di pietà che si coltivano nel paese ove si trovano».

N. 10 – «Quelle che convivranno coi loro parenti, attenderanno a non dar mai motivo alcuno di lamento a nessuno d’essi: anzi dovranno sempre mostrarsi obbedienti, pazienti, caritatevoli ed impegnate nel bene della casa».


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Più innanzi si dice di assistersi vicendevolmente nelle tribolazioni, di soccorrersi nella miseria, di servirsi nelle infermità.

Di questo modo tale unione diviene un centro di bene capace di estendere la sua caritatevole influenza in tutta la parrocchia, in tutta una città, anzi assai più lontano.

Questa pia unione, pure possibile in ogni centro per quanto piccolo, può iniziarsi tanto per l’opera d’un sacerdote, quanto da una semplice zitella dietro semplice assenso del confessore.

Gioverà però leggere la bella illustrazione che ne fa il sacerdote Frassinetti, in un suo opuscolo: Regola della Pia Unione delle Figlie di santa Maria Immacolata (Roma - Tipografia Poliglotta Vaticana - L. 0,15).




34 Si tratta di una affermazione di grande rilievo. In questa linea don Alberione fonderà in seguito, intorno agli anni ’60, i suoi “Istituti Secolari”, oggi chiamati “Istituti aggregati”, proprio perché i loro membri – in particolare quelli degli Istituti Maria SS. Annunziata e S. Gabriele Arcangelo – possano «praticare... in mezzo al mondo ciò che fanno le suore nel convento». - La consacrazione nel mondo don Alberione la estenderà anche alle coppie di sposi. Per questi fonderà l’Istituto Santa Famiglia. È, infatti, degno di nota che già verso gli anni ’30, in Donec formetur Christus in vobis (n. 236), egli scrivesse: «La vocazione del religioso è di natura speciale...; persino sono possibili condizioni speciali per il coniugato e per il secolare...». E che non si trattasse di un’affermazione astratta lo documenta il fatto che già in precedenza, solo pochi anni dopo la pubblicazione di DA, don Alberione «alla mamma di Maggiorino Vigolungo aveva fatto fare i voti come mamma» (S. Lamera, Istituto Gesù Sacerdote e Santa Famiglia, in: I Laici nella e con la Famiglia Paolina, Casa Generalizia della Società San Paolo, Roma 1989, p. 85).






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