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Giacomo Alberione Donna associata IntraText CT - Lettura del testo |
Le suore
Vastissimo e delicatissimo argomento: che oggi viene ad acquistare un’importanza sempre maggiore. E sembra davvero che vadano succedendo alle diaconesse dei primi secoli: colla differenza, però, che la loro vita vien regolata da norme pratiche e da esercizi comuni, e che
i loro fini si allargano, secondo i bisogni odierni. Vennero ben a ragione chiamate sorelle dello zelo sacerdotale. E dove mai non entrano, portando il senso cristiano, le suore d’oggi? Nelle scuole e negli asili, nelle carceri e nei conservatori, negli ospizi dei giovani e nei ricoveri dei vecchi, nelle case di correzione e nelle carceri, negli oratori e negli ospedali, nei laboratori e negli educandati, nelle case-pensioni, nei paesi civili, nei paesi di missione: ovunque è un bene da fare: accanto al sacerdote vi vedi la suora. – Tocchiamo alcuni punti d’attualità o di maggior rilievo, secondo lo scopo prefisso.
Le vocazioni.19 – Vi hanno, o, almeno, vi si possono avere due opposti errori. Altri non darebbero mai consiglio ad una giovane di farsi suora; vanno dicendo: che è passo molto soggetto a pericoli, che pure nel monastero vi sono scogli, che nel mondo sono più che mai necessarie delle buone madri di famiglia, che per la parrocchia sarebbe una perdita, ecc. Altri invece, spaventati dalla scarsità delle vocazioni, per una parte, e, per l’altra, persuasi della nobiltà e dell’utilità dello stato religioso, con estrema facilità acconsentono e, qualche volta, esortano, con zelo male inteso, a prendere il velo. Vi è qualche esagerazione, da entrambe le parti. Meglio assai sarebbe richiamar qui quanto scriveva l’ottimo periodico Religione e civiltà, riguardo ad una questione affine:
«Non si ha da far questione se sia meglio molto o poco clero: occorre esaminare se vi sia una vera vocazione o no, nei soggetti che ci si presentano. Se vi è, sarà dovere coltivarla: se non vi è, o venne perduta, è necessario escluderli. Il Signore, vero padrone della vigna, non dà la vocazione a troppi, né a troppo pochi operai: la dà a quanti crede necessarii: a noi vigilare che non entrino indegni e non restino fuori i chiamati».
Lo stato religioso è detto, da san Tommaso, stato di perfezione: l’opera delle suore non può sostituirsi da inservienti, o maestre laiche e prezzolate: tanto che persino la rivoluzione le rispetta; il loro spirito di sacrifizio le fa diventare veri angeli, lo zelo che le infiamma le cambia in apostoli, sono una delle glorie più fulgide del cristianesimo. Dunque benediciamo Dio se ne manda alla sua Chiesa.
D’altra parte non si creda di far un servizio ad un istituto, mandando, od accogliendo non chiamate: vi porterebbero la tiepidezza, il malcontento, lo scadimento nella disciplina. E neppure si procurerebbe la felicità temporale ed eterna della giovane, non favorita dalla divina vocazione: sarebbe sempre un osso fuori posto, che finisce per recare sempre dolore. Sarà buona cosa il parlare qualche volta nelle predicazioni della vita perfetta delle religiose, non tanto con lunghe esortazioni, quanto con pensieri espressi
quasi di passaggio. Occasione possono fornirla le conferenze alle Figlie di Maria, la confessione, la vestizione o professione religiosa, o le figlie stesse che vi mostrano qualche inclinazione. Così sarà pur buona cosa far leggere qualche vita di sante religiose, o di missionarie, o alcuni bollettini. Se però nel paese vi hanno suore, ordinariamente, questa parte vien fatta da sé a sufficienza.
Correrebbe però certo rischio d’ingannarsi quel sacerdote che, nei casi ordinari, ammettesse subito come segno di vocazione un desiderio qualsiasi: spesso non indica che buona volontà di fare una vita pia; una prova più o meno lunga è quasi sempre necessaria: anzi non basta quasi mai il foro interno. L’ultima responsabilità deve poi lasciarsi ai superiori dell’ordine e congregazione religiosa, cui si deve riferire, secondo tutta la verità, ogni cosa: nessuna pressione su di essi: nessuno conosce meglio lo spirito del loro istituto e le qualità richieste. (V. Il gran passo - Martinengo - Libreria Salesiana - L. 0,50).
Direzione delle suore. – Tralascio quanto riguarda lo spirito ed i superiori dei diversi istituti: entrerei in un campo troppo vasto, e già egregiamente percorso e coltivato da altri. Mi limito ad alcune cose pratiche. Quasi in ogni parrocchia vi sono suore: ora quante volte non avvenne di sentire ripetere
da quelle anime: Ho scelto questo stato per essere meglio diretta nella via della perfezione, ed intanto manco di direttore e persino di confessore di confidenza, o di libertà nella scelta! Ora lo spirito degli ultimi decreti pontifici è che questa libertà giusta, cara, necessaria sia data: e mentre si combattono i capricci, non si cambi il sacramento della misericordia in un supplizio d’anime.
Né solo la Chiesa ha provveduto, ma uomini dottissimi, santi, sperimentati hanno scritto pagine bellissime: si possono consultare. Né faccia velo l’egoismo, la gelosia, uno zelo male inteso.
Ma vi ha qualcosa che rende alquanto ragionevoli i timori di chi voleva restringere troppo nella scelta del confessore delle suore. Vi è a temere non solo per la bella virtù, ma anche per la direzione spirituale. Non tutti conoscono quanto importi la fedeltà alle regole del proprio istituto in una suora: molti inclinano a dispensare da tutte, o quasi, le pratiche particolari, e cambiare le suore in anime semplicemente pie, comuni. Errore disastroso! poiché quando trascurano quelle regole, che, agli occhi dei profani, sono inezie, od anche cose ridicole, esse perdono pure lo spirito dell’istituto, non godono più pace, non operano più il bene desiderato, divengono inferiori alle semplici pie zitelle. Non è cosa da nulla, quello che caratterizza la congregazione; non è cosa trascurabile,
quello che costituisce la risorsa spirituale di una suora; non è cosa da poco, quello cui uno si è obbligato ad osservare con la professione religiosa.
Né con questo si ha da conchiudere che si debba usare un grave rigore: sopra di tutto devono stare la prudenza, la carità, la discrezione degli spiriti.
E, ad illuminare queste virtù, servirebbe assai il leggere le regole delle suore che si hanno da dirigere, considerarle attentamente nello spirito loro, consultare pure qualche commento.
Altre cose riguardanti questa direzione si trovano nei libri d’ascetica, tra cui vorrei consigliare, oltre i già comunemente usati, di santa Teresa, san Francesco di Sales, sant’Alfonso, ecc. anche i seguenti:
Prova religiosa sopra l’umiltà – Prova religiosa sopra l’obbedienza20 – Prova religiosa sopra la castità21 – Prova religiosa sopra la povertà. - Ab. Maucourant (Tipografia Marietti - Via Legnano 23, Torino. L. 0,60 cadun volume).
Quanto poi allo zelo sarà bene ricordare la lettera inviata dalla principessa Cristina Giustiniani Bandini,22 presidente dell’Unione delle donne cattoliche d’Italia, a tutti gli istituti di religiose. Colla piena approvazione del Santo Padre Pio X, ella invita le comunità religiose femminili ad aderire al movimento generale femminista-cattolico. E questo ha un valore singolare:
poiché non vi è dubbio che le dette comunità costituiscano una forza veramente considerevole: d’altra parte è chiarissimo, per chi considera le cose alquanto d’alto, che si verificano casi in cui è assolutamente indispensabile essere come un sol corpo, guidate tutte dallo stesso capo. Si sa bene: ciascun istituto contribuirà al fine comune, secondo il proprio spirito e secondo l’ambito della propria sfera d’azione, ma l’unità di indirizzo, negli interessi comuni, è quanto costituisce la forza, che non hanno gli individui. E non sono forse gli istituti religiosi presi di mira dalle sette anticristiane? Ora è ben giusto ed anche doveroso che essi si difendano con tutte le forze. In Italia le congregazioni religiose-femminili sono potenti: se esse si contassero prenderebbero ardire, se agissero, nell’azione esterna, con una direttiva unica, otterrebbero molto.
Basti dire che su 100mila studentesse delle scuole secondarie ben 80mila sono presso educandati religiosi! Ora si considerino queste parole del card. Merry del Val:23 «A tutela di una perfetta unità di indirizzo e di azione è desiderio del Santo Padre, già espresso in altre occasioni, che l’organizzazione femminile cattolica spetti unicamente all’Unione fra le donne cattoliche d’Italia». E questa unità si otterrà se si avrà cura di tener dietro alle diverse pubblicazioni della detta unione.
Altra cosa necessaria si è: istruire le suore nelle opere di zelo locali. Far loro conoscere l’ambiente cui sono destinate, mostrarne i pericoli, le opere possibili e convenienti. Ciò si rende tanto più necessario in quanto che esse sono lontane per lo più dai loro superiori principali, sono poco in comunicazione col popolo per lo più, ed anche piuttosto timide. Insegnare loro come possono nell’ospedale disporre gli infermi alla rassegnazione, ai santi sacramenti, all’ultimo passo, e come debbano persuaderli a conservarsi buoni se, riacquistata la sanità, potranno uscire nuovamente. Insegnare come devono, nell’asilo e nelle prime scuole, avviare i bambini alla preghiera, all’obbedienza e alla virtù, come devono prepararli ai santi sacramenti, come per mezzo dei piccoli possono arrivare ai parenti. Non sarebbe breve dire qui tutti i consigli, gli avvisi, i suggerimenti che può dare un parroco, per l’esercizio dello zelo delle suore. Le circostanze locali, l’ufficio che tengono, le attitudini di ciascuna d’esse: suggeriranno molte cose. Quello che importa si è di non trascurarle, trarre profitto dal loro buon volere e prestare occasioni di lavoro. Si dice che le congregazioni femminili hanno dei difetti: verissimo: e chi non ne ha? Ma hanno pure delle virtù e delle energie: e sarà sempre migliore modo di correggere i loro mali, dando lavoro, che non lasciandole inoperose. Se si sa
apprezzare il bene, sarà quasi sempre ben accolta una giusta correzione.
E conviene disilluderci: è necessario operare il bene cogli strumenti che il Signore ci manda; l’ottimo è nemico del bene; chi attende alla perfezione dei metodi e degli operai, non giungerà mai ad alcun risultato buono.
Conviene disilluderci: vi sono opere che richiedono spirito di pietà robusta, altre che esigono pazienza e sacrificio, altre che vogliono disinteresse: non vi sono d’ordinario che le suore, capaci di compierle.
Conviene disilluderci: il Signore si serve di strumenti debolissimi24 come siamo noi, permette a noi di lavorare, per sua grande degnazione. Saremo noi più esigenti di quanto lo sia Dio stesso? L’umiltà è necessaria anche in questo campo.