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Sac. Giacomo Alberione, Primo Maestro della Pia Società San Paolo
Oportet orare

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I. – Le tentazioni contro la preghiera da parte del demonio.

 

            Udiamo gli avvisi che diede il Maestro Divino ai suoi Apostoli sopra la preghiera, e scopriremo tutto quello che il diavolo sa opporre all'orazione. Gesù Maestro diceva: «Vigilate et orate, ut non intretis in tentationem. Spiritus quidem promptus est, caro autem infirma»1; «Videte, vigilate, et orate: nescitis enim quando tempus sit»2; «Vigilate ergo, (nescitis enim quando dominus domus veniat: sero, an media nocte, an galli cantu, an mane) ne cum venerit repente, inveniat vos dormientes. Quod autem vobis dico, omnibus dico: Vigilate»3, e altri avvisi simili. Ma nell’orto del Getsemani che accadde? Il diavolo tentò gli Apostoli; ed eccoli a dormire: «Cum... venisset ad discipulos suos, invenit eos dormientes»4. Né solo alcuni, ma anche

 



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quelli che erano prediletti: «Et dicit Petro: Sic non potuistis una hora vigilare mecum?»5. Il demonio stava ordendo una doppia congiura: contro Gesù Cristo, istigando i Giudei a preparargli la morte; contro gli Apostoli, perché abbandonassero il Maestro nella Passione. Ma Gesù pregò, e con la sua morte redense il mondo. Gli Apostoli lasciarono la preghiera, perciò abbandonarono il Maestro.

            Il diavolo tenta contro l'orazione, perché l'armatura della preghiera è potente e invincibile. Il demonio, certo, è per natura più forte dell'uomo; e l'uomo potrà vincere? Sicuramente con l'onnipotenza divina; solo con la divina grazia che si ottiene con la preghiera.

            Vestitevi dell'armatura di Dio, suggeriva San Paolo agli Efesini, affinché possiate stare fermi e saldi contro le insidie del demonio: «Induite vos armaturam Dei, ut possitis stare adversus insidias diaboli»6. A commento di queste parole, S. Bernardo scrive: Fiere certamente sono le tentazioni che ci vengono dal nemico; ma ben più tremenda è per lui la nostra preghiera, che non per noi i suoi assalti: «Gravis quidem nobis est inimici tentatio, sed longe gravior illi oratio nostra»7.

 



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Infatti, non così presto, dice S. Giovanni Crisostomo, il ruggito del leone mette in fuga le belve, come la preghiera del giusto sbaraglia i demoni: «Non enim leonis rugitus sic bestias fugat, ut justi oratio daemones»8. Essa è tale saetta, dice S. Ambrogio, che va a colpire il nemico, ancorché lontanissimo: «Oratio etiam longius positum inimicum vulnerat»9. La preghiera caccia i demoni dal corpo e dall'anima; li costringe all'obbedienza ed alla fuga. Assennatissimo quindi il consiglio che dava ai suoi amici l'abate Giovanni: Che cosa fa un uomo, egli dice, quando vede qualche fiera venirgli incontro? O fugge o si arrampica sopra di un albero; così fate voi, quando il demonio vi tenta: fuggite verso Dio per mezzo della preghiera, montate a lui e sarete salvi; poiché la preghiera atterra le tentazioni e il tentatore, come l'acqua smorza il fuoco: «Sicut vir prudens feras fugit, scanditque in arborem; ita cum veniunt pravae cogitationes, fuge per orationem ad Dominum, et salvaberis: nam sicut aqua exstinguit ignem, ita oratio exstinguit tentationem»10.

            Vi è una grazia che si chiama santificante. La grazia santificante è quella che rende santa, bella, cara a Dio la nostra anima; è la

 



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grazia stabile, abituale del nostro cuore; ed è quella santa amicizia, quella santa figliuolanza, con cui stiamo stretti a Dio, nostro amico e nostro Padre.

            Ma, oltre la grazia santificante, vi è la grazia attuale, che comprende gli aiuti divini per vincere le tentazioni, per operare il bene, per santificarci e per lavorare per la salvezza delle anime.

            Se il diavolo riesce ad impedirci la preghiera, senz'altro ci ha già vinti, ché ci priva della nostra arma. Quando un armato potente viene spogliato delle sue armi, non è più temuto. L'uomo che prega è un fortissimo armato, e il demonio non lo può vincere. Ma se il diavolo riesce a privarlo dell'arma della preghiera, allora ne farà quello che vorrà. Lo farà cadere e ricadere, come vuole, quando e quanto vuole.

            Fa vedere la preghiera impossibile, noiosa, pesante. Mostra che non vi è bisogno urgente, porta ragioni anche ammantate di speciosità, persino di zelo; fa vedere la maggior necessità di studiare, la maggior necessità di attendere alla salvezza del prossimo.

            Infatti tre insinuazioni mette il demonio nel cuore contro la preghiera:

 

           




1 Matth. XXVI, 41. “Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole”.

2 Marc. XIII, 33. “State attenti, vegliate, perché non sapete quando sarà il momento preciso”.

3 Marc. XIII, 35-37. “Vigilate dunque, poiché non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino, perché non giunga all’improvviso, trovandovi addormentati. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: Vegliate”.

4 Luc. XXII, 45. “Poi…, andò dai suoi discepoli e li trovò che dormivano”.

5 Matth. XXVI, 40. “E disse a Pietro: «Così non siete stati capaci di vegliare un’ora sola con me?”.

6 Eph. VI, 11. “Rivestitevi dell’armatura di Dio, per poter resistere alle insidie del diavolo”.

7 Serm. V, in Dedicatione.

8 In Eccles. c. XVIII.

9 Serm. LXXX, IV.

10 De Oratione.




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