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Sac. Giacomo Alberione, Primo Maestro della Pia Società San Paolo Oportet orare IntraText CT - Lettura del testo |
III. – Le tentazioni contro la preghiera da parte di noi stessi.
a) Il peccato.
a) Il peccato. S. Isidoro nota come due ostacoli insuperabili al buon esito della preghiera: l'ostinarsi nel peccato e il negare il perdono di una ingiuria ricevuta. «Duobus modis oratio impeditur ne valeat impetrare postulata: si, aut orans adhuc mala committit, aut si, delinquenti in se, debita non dimittit»19.
La preghiera è zoppa, dice il Crisostomo, quando l'azione non cammina di pari passo con l'orazione; perché la preghiera e le opere sono i due piedi che reggono l'anima. «Claudicat oratio cum ex aequo non respondet operatio; oratio enim et operatio sunt velut duo pedes»20.
Il peccato, e principalmente l'abito del peccato, sono un ostacolo immenso
all’efficacia della preghiera. I vostri delitti alzarono un muro di divisione
tra voi e il vostro Dio,
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leggiamo in Isaia: e i vostri peccati vi nascosero la sua faccia, sicché egli più non vi ode: «Iniquitates vestrae diviserunt inter vos et Deum vestrum, et peccata vestra absconderunt faciem ejus a vobis, ne exaudiret»21.
Cambiamo i nostri cuori, secondo l'avviso di S. Agostino: perché il giudice supremo si fa subito propizio per mezzo della preghiera, se chi prega si corregge delle sue cattive inclinazioni. «Mutamus corda: citius ad precem judex flectitur, si a pravitate sua petitor corrigatur»22.