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Sac. Giacomo Alberione, Primo Maestro della Pia Società San Paolo
Oportet orare

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a) Confessione.

            a) Confessione. Il suo primo pensiero è di confessarsi, raccogliersi, fare l'esame della sua vita; vedere se vi è stato qualche difetto, debolezza da detestare, dall'ultima confessione, dagli ultimi Esercizi Spirituali.

            Quando S. Giuseppe Benedetto Cottolengo presentì prossima la sua fine, fece il giro della Piccola Casa. Si portò nelle varie famiglie a



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congedarsi. Qui dava un ricordo: «Ricevete la benedizione di un povero vecchio, ed è l’ultima che vi dò, perché in questo mondo non ci vedremo più». Là un ricordo: «Addio, arrivederci in paradiso». Alle Suore del Suffragio: «Lasciate dunque, figlie mie, lasciate che questo arnese vada in pezzi!». Ad altra famiglia: «Che cosa facciamo ancora su questa terra?». «Desiderium habens dissolvi, et esse cum Christo»10.

            Così, col cuore commosso, si congedava da quei suoi cari figli e figlie, per cui aveva tanto lavorato, pregato e sofferto.

            Andò a Chieri, e là domandò al fratello un po' di ospitalità e gli disse: «Per tre giorni mi servirai tu solo, e non lascierai entrare nessuno, ché questi tre giorni li passeremo insieme, nel silenzio, nella solitudine e nella preghiera, mi confesserò. Poi... poi...». E guardava sospirando il cielo, ed esclamava: «O paradiso, paradiso!». Ecco la tranquillità del fervoroso: «Ecce quomodo moritur justus»b.

            Il nostro infermo domanderà di confessarsi, ma era già così aperto, così famigliare col suo confessore che oramai pochissimo, o nulla, gli rimane da aggiungere. Mentre che la morte sembrava spaventarlo di lontano, ora presentasi



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meno paurosa. È la grazia che il Signore dà ai morenti, l’assistenza della SS. Vergine e di S. Giuseppe. Vede il confessore, lo accoglie come Gesù, fa un'accusa la quale potrà avere delle particolarità, ma in generale è una ripetizione in sunto di quanto ha già accusato, domanda per l'ultima volta l'assoluzione. Dirà al sacerdote: Domando perdono a Dio e agli uomini di tutto quello che ho fatto, detto e compiuto di male; ringrazio Iddio di tutte le grazie che mi ha concesse; credo a tutte le verità che Dio ha rivelato e la S. Chiesa ci insegna, offro la mia vita in isconto dei miei peccati, per la salvezza di tutte le persone che ho amato su questa terra, colle stesse intenzioni che ha Gesù nell'immolarsi sugli altari; spero dalla misericordia di Gesù crocifisso il paradiso.

            Un sacerdote, davvero tutto di Dio, stava morendo; abbondanti lacrime scorrevano dai suoi occhi; non si sapeva se fossero più di compunzione, o più di amore, o di gioia, ma erano tutto insieme. Confessore, amici, figli spirituali, tutti attorno, piangevano, pregavano; ne contavano i sospiri e movimenti e pareva volessero trattenerlo, impedire alla morte di venire; mentre l'infermo volgeva gli occhi ora al Crocifisso, ora al cielo ed un dolce sorriso veniva di tanto in tanto a sfiorare le sue labbra.



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Avremmo detto che cielo e terra si contendevano quell'anima: che il cielo la chiamasse, che la terra volesse ancora trattenerla, e che il moribondo avesse solo una parola: «Fiat voluntas tua»11.

            È un bel confessarsi questo, che lascia la più profonda serenità, la più dolce persuasione che i conti sono assestati con Dio. E se la morte fosse venuta in un istante? Sarebbe stata una morte repentina, ma non improvvisa, perché già l'ultima confessione era stata buona.

            Riflettiamo: quando è che le confessioni sono in morte così facili, brevi, chiare? Quando furono sempre ben fatte in vita.

            Negli Esercizi mettiamo totalmente in pace l'anima nostra sul passato: se la coscienza ce lo richiede, facciamo una confessione generale o almeno straordinaria di un tempo notevole. Con sincerità confessiamo il male fatto, ma specialmente il bene non fatto. Come il dannato è più tormentato dal cielo che non possiede, che dai mali dell'inferno, così in punto di morte i sacerdoti sono più tormentati dal bene omesso, che non dal male commesso, per lo più. Non mi son fatto santo quanto comportavano le grazie ricevute; non ho zelato



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sufficientemente la gloria di Dio; non ho speso tutte le forze per le anime!

            Diceva al confessore un sacerdote morendo: Lei ha un bel dire, ma non sa che nella mia vita si tratta di scandali? Dei peccati che ho commesso io, so il numero, li confessai, spero il perdono; ma gli scandali non so come si siano moltiplicati! Pensi lei al bene che potevo fare con la mia salute, la lunga vita, i talenti d'intelligenza e d'abilità ricevuti!... Non lo si poteva eccitare a fiducia e speranza...

 

           




10 Phil. I, 23. “Con il desiderio di essere sciolto dal corpo per essere con Cristo”.

b “Ecco come muore il giusto”.

11 Matth. VI, 10. “Sia fatta la tua volontà”.




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