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Giacomo Alberione, SSP
Sacerdote, ecco la tua meditazione

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3.

 LA MORTE

 

(PB 2, 1938, 261-266)

 

 

 

I. MEDITAZIONE

 

       1. La morte è pena per il peccato.

       [33]  1. La morte è pena per il peccato. Nello stato di innocenza Iddio aveva provveduto all’uomo per mezzo dell’albero della vita; mangiandone i frutti, l’uomo poteva conservarsi indefinitamente in vita, fino a quando, senza però morire, sarebbe stato assunto all’eterna gloria. Ma Iddio aveva comandato ad Adamo: «Dell’albero della conoscenza del bene e del male non mangiarne, perché il giorno che tu ne mangiassi, moriresti di certo» (Gn 2,17). Adamo però peccò e fu condannato a morire. L’Apostolo dice perciò: «Per un solo uomo il peccato entrò nel mondo, e per il peccato la morte» (Rm 5,12).

       Ma considero: con la pena volontariamente accettata si cancella il peccato. La ripugnanza naturale a morire, i dolori della separazione, la dissoluzione che avviene nel sepolcro sono mezzi per espiare, se uniti a Gesù diciamo: «Non la mia, ma la tua volontà sia fatta» (Lc 22,42); «Padre, nelle tue mani raccomando lo spirito mio» (Lc 23,46).

       Accettiamo, dunque, volontariamente quello che necessariamente dovrà accadere. Mentre che per il peccato venne la morte, ora meditando la morte ucciderò il peccato: con la detestazione e con la purificazione.



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       [34]  Con la morte termina il tempo di meritare. «Tutto quello che puoi fare coi tuoi mezzi, fallo presto, perché né attività, né pensiero, né sapienza, né scienza ha luogo nella regione dei morti dove tu corri» (Ec 9,10); «L’albero, o cada a mezzodì o a tramontana, dove cade, resta» (Ec 11,3).

       La morte è come una porta, attraverso la quale si entra o alla vita eterna o all’eterno supplizio. Non vi sarà più tempo di fare ancora dei meriti, né di cancellare i peccati con la penitenza. Ripenso all’ammonimento del Maestro divino: «Camminate mentre avete la luce” (Gv 12,35).

 

       [35]  La morte è separazione dell’anima dal corpo. Vengono separati, e tuttavia l’anima continua ad esistere; la separazione avviene a causa del corpo il quale è soggetto alle forze disgregatrici, sia interne che esterne. Il corpo separato dall’anima, si corrompe; è infatti polvere e ritorna in polvere.

       Ricorderò la parabola del ricco che banchettava ogni giorno, vestito con eleganti vesti di porpora e di bisso, e che «fu sepolto nell’inferno» (Lc 16,22). Freno ora il mio corpo, e lo faccio servire all’anima, per poter salvare il corpo e l’anima nel giorno della risurrezione.

 




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