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Giacomo Alberione, SSP
Sacerdote, ecco la tua meditazione

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1b. L’umiltà.

       [167]  L’umiltà. – Nella santissima eucaristia non si vede né l’umanità, né la divinità di Cristo. Con l’incarnazione Dio



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si è annientato, prendendo la forma di schiavo; con la morte in croce si elencò tra gli iniqui, con l’istituzione dell’eucaristia si celò sotto le specie del pane e del vino, e divenne cibo e bevanda; anzi un frammento di pane ed una goccia di vino consacrati sono Cristo. Il vento può portare via la sottile ostia; la goccia del sangue che cade viene assorbita; un insetto può rosicchiare l’ostia incustodita, la goccia di sangue dimenticata può evaporare. E da tanti secoli continua tale annientamento!

       «Imparate da me» (Mt 11,29). Nel mio cuore vive ancora la tendenza naturale ad apparire, a dominare, alla vanità? È difficile confessare che spesso le azioni, le parole, i costumi, i pensieri sono originati dalla superbia. L’invidia, il sospetto, la propria volontà hanno la stessa origine. Anche tra i Sacerdoti, le dispute per vedere chi di loro è il maggiore, ed i dissensi, non hanno forse qualche volta origine dalla superbia? È facile illudersi: spesso sotto il pretesto della dignità, del diritto, dello zelo si nasconde l’amor proprio. «Dio resiste ai superbi e dà la grazia agli umili» (1Pt 5,5). Alla scuola dell’eucaristia facilmente comprenderemo le parole di sant’Agostino: «Non volle insegnare quello che non era; non volle comandare quello che egli stesso non faceva».

 




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