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Giacomo Alberione, SSP Sacerdote, ecco la tua meditazione IntraText CT - Lettura del testo |
3. La mortificazione.
[174] 3. La mortificazione. – Consiste nel rendersi come morto, in relazione all’amore proprio ed all’amore mondano. Questa virtù può essere generale o particolare, secondo il diverso punto di vista dal quale si considera. Nell’ordinazione presbiterale, il Vescovo legge: «Conoscete ciò che fate; imitate ciò che maneggiate, e poiché celebrate il mistero della morte del Signore, procurate di mortificare le vostre membra astenendovi da tutti i vizi e da tutte le concupiscenze» (Pontificale Romano, De ordinatione Presbyteri: Consecrandi...). Consacrare è immolare, offrire la vittima, perciò dobbiamo imparare dal nostro stesso ministero. Il pastore che cerca le comodità non viene ricevuto da Cristo come suo discepolo: «Chiunque di voi non rinunzia a quanto possiede, non può essere mio discepolo» (Lc 14,33). Il Sacerdote ingordo dà al popolo più scandalo che edificazione: «Ora coloro che appartengono a Cristo, hanno crocifisso la carne» (Gt 5,24). Il vero Sacerdote conosce i digiuni, il cilicio, le preghiere notturne, le vigilie mattutine, ed a tempo opportuno le esercita. Quando sale l’altare per offrire il sacrifizio, si ricorda di offrire il suo corpo «come vittima, viva, santa, gradevole» (Rm 12,1) a Dio; egli pure si offre «in libazione nell’offerta sacrificale” (Fl 2,17).
[175] «Salve, o vittima di salute, offerta per me e per il mondo intero sopra la croce. Salve, o nobile e prezioso sangue, scaturito dalle ferite del crocifisso mio Signore Gesù Cristo, e che lava tutti i peccati del mondo. Ricordati, o Signore, della tua creatura, che hai redenta col tuo sangue. Mi pento di aver peccato; desidero riparare ciò che ho fatto. Togli dunque da me, o clementissimo Padre, ogni mia iniquità e peccato, affinché, purificato nella mente e nel corpo, meriti di gustare degnamente le cose sante dei santi» (S. Ambrogio, Oratio; Ad mensam. Cf Breviario Romano: Praeparatio ad Missam).