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Giacomo Alberione, SSP Sacerdote, ecco la tua meditazione IntraText CT - Lettura del testo |
3. La speranza è sollievo nelle avversità.
[275] 3. La speranza è sollievo nelle avversità, forza nelle fatiche, gaudio nelle tribolazioni: «Beato l’uomo che soffre tentazioni, perché, quando sarà stato provato, riceverà la corona di vita da Dio promessa a quelli che lo amano» (Gc 1,12). La speranza aumenta la costanza nel le difficoltà pastorali: «Fatevi coraggio! Io ho vinto il mondo» (Gv 16,33). Il secondo dei sette fratelli detti impropriamente «maccabei», perché martirizzati al tempo dei Maccabei, disse al carnefice: «Tu, o scelleratissimo, ci togli la vita presente, ma il re dell’universo risusciterà nella vita eterna noi che moriamo per le sue leggi” (2Mb 7,9).
[276] L’attaccamento alla vita presente è di ostacolo al desiderio della beatitudine. Ordinariamente questo attaccamento disordinato è solo peccato veniale, ma può giungere al peccato mortale, quando ci si attacca alle cose terrene, fino a desiderare di lasciare il cielo a Dio, pur che lui ci doni la terra. Molti desiderano eccessivamente gli onori, i beni terreni, e le umane soddisfazioni; e raramente pensano al cielo; come se tutto dovesse per loro finire su questa terra.
[277] Sono pure contrarie alla speranza la disperazione e la presunzione: la prima per difetto, e la seconda per eccesso. La disperazione è la diffidenza di raggiungere la salvezza, o di avere i mezzi per conseguirla; raramente raggiunge la colpa grave, ma facilmente spinge l’uomo al pessimismo. E così, molti che disperano della propria santificazione, fanno poco per il cielo, e sono spesso assaliti dalla noia delle cose spirituali. Le cause di questa condizione di spirito sono: mancanza di fede, disordinato attaccamento ai piaceri, accidia spirituale, presunzione, carattere malinconico.
La presunzione invece è originata da mancanza di timore di Dio ed è una temeraria attesa della beatitudine e delle grazie per raggiungerla. Il presuntuoso confida nei meriti proprii, o confida nei meriti di Cristo, ma senza mettere la sua vera cooperazione. Con la speranza del perdono, facilmente pecca e vive nel peccato, e moltiplica i peccati, dicendo che per Dio è lo stesso il perdonare cinque come dieci peccati.
Il pastore di anime si trova in pericolo di presumere, sentendo spesso le confessioni dei peccatori: può temere poco per sé e sentirà con indifferenza il racconto dei peccati gravi. Si deve ogni giorno pregare: «Fa’, o Signore, che noi abbiamo parimenti l’amore ed il timore perpetuo». S. Pietro ci esorta: «Sperate interamente nella grazia che vi è recata quando apparirà Gesù Cristo” (1Pt 1,13).