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Giacomo Alberione, SSP
Sacerdote, ecco la tua meditazione

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2. La temperanza è adorna da un seguito di sette altre virtù.

       [353]  2. a) La continenza. – Contenersi equivale a mantenersi in ciò che è secondo la retta ragione (cf S. Tommaso,Summa, 2.a 2.ae, q. 155, a. 1). Per la continenza l’uomo resiste ai moti della concupiscenza. L’uomo che ha questa virtù raffrena le ribelli concupiscenze, in modo che la parte superiore dell’anima non sia vinta. La continenza è un gradino che conduce alla temperanza. Qualche volta, con il pretesto di amicizia spirituale, l’uomo passa alle cose carnali, secondo quel detto di sant’Agostino: «L’amore spirituale genera l’amore affettuoso, l’affettuoso l’ossequioso, l’ossequioso il familiare, il familiare il carnale».

 

       [354]  b) La mansuetudine. – «Imparate da me, perché sono dolce ed umile di cuore» (Mt 11,29), dice il Maestro divino. Questa virtù modera e tempera l’ira ed i moti di iracondia, secondo la retta ragione. Così moderato, l’uomo non si adira se non quando, quanto e nel modo conveniente. Questa virtù brillò nel nostro Salvatore, e dona all’animo una certa beatitudine: «Beati i miti, perché erediteranno la terra!» (Mt 5,5). (Cf S. Alfonso, Pratica di amar Gesù Cristo, cap. 12, n. 1s).

 

       [355]  c) La clemenza. – Mitiga le pene da infliggersi, per quanto è consentito dalla retta ragione: è la lenità del



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superiore verso i sudditi. Per questa virtù viene rimessa una parte della pena dovuta, salva sempre la giustizia, la buona disciplina, la salvezza del colpevole e la pubblica edificazione.

 

       [356]  d) L’umiltà. – È virtù soprannaturale, mediante la quale l’uomo, conoscendosi perfettamente, si abbassa davanti a se stesso, dice S. Bernardo (De Grad. hum., c. l, n. 2). Con questa virtù l’uomo tempera il disordinato amore alla gloria umana e ad eccellere. L’umiltà è duplice: l’umiltà di giudizio o di cognizione, con la quale conosciamo che di fronte a Dio siamo nulla; e l’umiltà di affetto ossia di cuore, per cui calpestiamo la gloria del mondo. Su questo punto sentiamo S. Tommaso: «L’umiltà, dice, essenzialmente consiste nell’appetito, secondo cui si raffrena l’impeto dell’animo, affinché non tenda in modo disordinato a cose grandi; affinché cioè uno non si stimi da più di quello che è. Principio e radice di queste due cose è la riverenza che si deve a Dio» (Summa, 2.a 2.ae, q. 161, a. 6). L’umiltà piace sommamente a Dio; è una confessione di verità, che torna massimamente ad onore di Dio. Quanto l’umiltà sia necessaria all’uomo per raggiungere la salvezza eterna, si ricava dalle parole di Cristo Signore, che disse: «Se voi non vi convertite e non diventate come i fanciulli, non entrerete nel regno dei cieli» (Mt 18,3). Perciò S. Agostino: «La prima virtù, disse, è l’umiltà; la seconda è l’umiltà; la terza è l’umiltà; e quante volte mi interrogherai ti risponderò sempre così» (Ep. ad Dioscorum).

 

       [357]  e) La modestia. – È virtù generale per cui uno si mantiene nei limiti convenienti, tanto esternamente che internamente. Dice S. Ambrogio: «Ricca è la modestia, ricca è la modestia presso Dio». La modestia è duplice: la modestia dei movimenti, che compone gli atti del corpo, sia nel parlare come nell’agire; e la modestia del comportamento che regola l’apparato esterno delle vesti, dei banchetti, delle suppellettili, in modo che siano adatte alle condizioni delle persone, al tempo ed al luogo.



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L’esteriore dell’uomo è indice del suo interiore; la modestia manifesta perciò come sia l’uomo nel suo interno, e chi si diporta bene esternamente dimostra la virtù dell’animo. L’esercizio della modestia molto giova all’acquisto, alla conservazione, e all’aumento delle altre virtù.

 

       [358]  f) La studiosità. – Questa virtù modera la brama di sapere e la preoccupazione di imparare. Ufficio di questa virtù è di frenare la troppa curiosità di conoscere, e di eccitare a diligentemente imparare quelle nozioni convenienti alla condizione ed alla capacità di ognuno; di riferire lo studio e la scienza al debito fine, ossia all’utilità propria ed altrui, ed alla gloria di Dio.

 

       [359]  g) La giocondità. – È virtù moderativa dei sollazzi e divertimenti; regola le parole e le azioni che hanno lo scopo di ricreare. S. Agostino dice: «Voglio infine che tu ti dia sollievo; infatti conviene che il sapiente qualche volta interrompa alquanto le sue occupazioni ordinarie» (De musica, 1. 2, in fine).

 




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