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Giacomo Alberione, SSP
Sacerdote, ecco la tua meditazione

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2. Quattro sono le classi dei poveri in spirito.

       [379]  2. Quattro sono le classi dei poveri in spirito: a) Prima: coloro che realmente possiedono ricchezze, ma praticano l’ammonimento dello Spirito Santo: «Se cresce la ricchezza, non ci mettete il cuore» (Sl 61,11). Chi non mette il cuor suo nelle ricchezze osserva le seguenti regole: 1) Non vuole acquistarle e conservarle con il peccato. Ho io una tale disposizione?; 2) Di esse non si preoccupa al punto da non poter più attendere ai suoi doveri di pietà, di religione e di famiglia; e specialmente da non poter più amare Dio sopra tutte le cose. Vi è in me tale preoccupazione, per i beni temporali?



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3) È preparato a tutto lasciare, ed anche a perdere ogni cosa, se tale fosse la volontà di Dio. Il mio cuore è preparato a questo?

       b) Vengono in secondo luogo quelli che sono realmente poveri, e tuttavia sono rassegnati alla loro sorte; servono fedelmente Dio, e, nella semplicità di cuore, sopportano pazientemente le molestie e le avversità nelle cose temporali; si sottopongono alle fatiche quotidiane, per procacciarsi il necessario per il corpo, e mangiare un pane guadagnato col sudore della loro fronte. Se questa è la mia condizione, come mi diporto? Ed anche se non sono necessitato a lavorare, mi sottometto liberamente al lavoro, per poter soccorrere i poveri, e per adempiere la volontà di Dio? La legge del lavoro è comune a tutti. Devo imitare Gesù Cristo che fu figlio di operaio ed egli stesso operaio. Lavoro pure per non essere assalito dalle tentazioni dell’ozio?

       c) Vengono in terzo luogo coloro che abbracciarono la povertà volontariamente, per avvicinarsi di più a Cristo, come sono i religiosi. Costoro rinunziano almeno al potere di liberamente disporre di qualsiasi cosa temporale, senza il permesso dei superiori; né esigono per sé i frutti del loro lavoro, per vivere unicamente per Dio. Il religioso è tenuto ad osservare la povertà in forza della religione e della virtù. Se io non sono religioso, dò almeno ai poveri quello che mi sopravvanza? Mi impongo qualche privazione, per poter soccorrerli ?

       d) Vengono in quarto luogo coloro che sono veramente poveri, come dice S. Agostino: e questa povertà ha quattro atti: 1) Quando si desidera piuttosto perdere tutto, che offendere Dio; 2) Quando si sente di sé umilmente, e si desidera che anche gli altri pensino e sentano così; 3) Quando uno si libera del proprio giudizio e della propria volontà, sottomettendoli umilmente ad altri; 4) Quando uno intimamente conosce di aver ricevuto da Dio ogni dono di natura e di grazia; e sa di aver nulla di proprio, anzi di essere molto debitore, a causa dei propri peccati personali. Questa privazione



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della propria volontà e della stima di sé, costituisce la vera povertà in spirito, che rende l’anima grata a Dio.

 




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